25-05-2023 ore 16:26 | Cultura - Proiezioni
di Paolo Emilio Solzi

Fast X, il primo capitolo della trilogia conclusiva della saga ventennale di Fast and Furious. O no?

Fast X doveva essere la chiusura del cerchio, il canto del cigno di una saga iniziata più di vent’anni fa. Invece pare che Fast & Furious si concluderà con un trittico. Ormai sembrava certo, “ineluttabile” come Thanos: il decimo episodio sarebbe stato l’ultimo. Ma un solo gran finale non bastava: “anzi due, facciamo tre”, per dirla con Il Ciclone. Nell’era in cui il cinema mainstream si è trasformato in un multiverso di serie televisive parallele, è lecito domandarsi: vedremo mai calare davvero il sipario? Forse tra qualche anno a Hollywood decideranno che una trilogia di questa importanza merita di finire con un’altra trilogia. O che la saga è così grandiosa che si chiuderà con un’altra saga. In altre parole, finché si può andremo avanti a oltranza, “un quarto di miglio alla volta”, con il piede sempre premuto sull’acceleratore. Sia come sia, nel frattempo va detto che Fast & Furious è una delle poche saghe americane che non invecchia come l’aceto, ma – almeno per certi aspetti – come il vino rosso. Il nono episodio ad esempio rivelava il passato di Dominic Toretto (Vin Diesel), prima mai esplorato. Anche se approfondire alcuni personaggi era sembrato inopportuno (film come Fast & Furious funzionano meglio quando non si prendono sul serio), Fast X prosegue lungo quella strada, giocando con il passato della saga e adottando uno stile parzialmente diverso.

 

Un antagonista ispirato a vari personaggi

Fast X comincia rileggendo la memorabile corsa finale di Fast & Furious 5 per le strade di Rio de Janeiro (qualcuno ha parlato addirittura di retcon) e introduce Dante Reyes, il cattivo di turno, interpretato da un Jason Momoa in costante overacting. L’istrionico antagonista (una fusione tra Aquaman, Jack Sparrow e il Joker di Heath Ledger) è il personaggio più riuscito del film. Sembra la versione queer di Thanos, con gli stessi colori chiassosi addosso e la stessa presenza fisica imponente. Fast X è stato paragonato a Infinity War e in effetti l’atmosfera è quella della resa dei conti contro un nemico supremo apparentemente invincibile. Reyes, come Thanos, è al centro della storia e, per quanto sia gigione e sopra le righe, all’occorrenza riesce ad apparire malvagio e pronto a scatenare tutta la sua ira vendicativa. Anche la famiglia di Toretto (ormai ben diversa dall’allegra banda di rapinatori dei primi episodi) è divisa e dispersa in giro per il mondo, al pari degli Avengers in Infinity War. Pertanto il film segue lo sviluppo delle diverse storylines.

 

La “trashanza” come marchio di fabbrica

Fast & Furious è mero intrattenimento e va preso per quello che è, senza farsi troppe domande. Nata come saga tamarra sulle corse clandestine di automobili negli Stati Uniti, in Brasile e a Tokyo, a partire dal quarto episodio ha preso una piega da film d’azione e spionaggio, con un sapore machista e testosteronico che ricorda certi film degli anni Ottanta e Novanta. Negli ultimi tempi i personaggi vengono spesso paragonati ai supereroi Marvel e DC: praticamente invulnerabili, anche senza superpoteri (ma, in compenso, con macchine di lusso). Fast & Furious 9, con le sue automobili sparate nello spazio, raggiungeva quasi la fantascienza. In Fast X assistiamo a un piccolo ritorno alle origini, che piacerà ai fans della prima ora. Il film è diretto da Louis Leterrier, già regista di Transporter: Extreme, Scontro tra Titani, Now You See Me, L’Incredibile Hulk (seconda pellicola dell’universo Marvel). Fast X è ambientato a Londra, Los Angeles, Rio de Janeiro, in Portogallo e perfino in Antartide, oltre che a Roma e Napoli. Non mancano stereotipi macchiettistici sull’Italia, come spesso avviene nelle produzioni hollywoodiane. Di sicuro un coloratissimo Jason Momoa che sfreccia allegramente su una moto per le strade di Roma cantando ’O Sole Mio (Napoli appare di sfuggita in una scena successiva) farà un effetto strano agli spettatori italiani e confonderà quelli stranieri.

 

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