Seconda Guerra Mondiale. Settant’anni fa l'eccidio di Cefalonia: 10260 soldati italiani furono sterminati dai nazisti
Sono trascorsi settant’anni ma l’Italia non vuole dimenticare i tragici giorni dell’eccidio della divisione Acqui a Cefalonia, isola greca nel Mar Ionio. Evento fra i più tristi dellintera Seconda Guerra Mondiale.
L’armistizio
Dopo l'armistizio con le forze alleate, sancito a Cassibile dal generale Badoglio l’8 settembre 1943 - che ha fatto seguito alla deposizione di Benito Mussolini del 25 luglio - i soldati italiani impegnati sul fronte greco dovettero fare una dolorosa e terribile scelta: combattere a fianco dei tedeschi, cedere le armi oppure resistere.
I caduti
A Cefalonia l'11 settembre l'ultimatum tedesco intimò la deposizione delle armi. La guarnigione italiana si oppose al tentativo di disarmo, combattendo sul campo per vari giorni con pesanti perdite, fino alla resa incondizionata, alla quale fecero seguito massacri e rappresaglie nonostante la cessazione di ogni resistenza.
Il 22 settembre
Dopo giorni di sanguinosi combattimenti il 22 settembre 1943 la divisione Acqui venne sterminata dai nazisti nonostante la resa: le perdite furono quantificate in 10.260 soldati, di cui 390 ufficiali. Il 24 settembre vennero fucilati il generale Antonio Gandin, capo delle forze italiane, 193 ufficiali e 17 marinai. Non vennero fatti prigioneri, su precisa disposizione di Hitler.
Il processo
L'eccidio di Cefalonia ha tuttora un solo colpevole: il generale Hubert Lanz, capo del XII Corpo d'armata truppe da montagna della Wehrmacht dall'agosto 1943 all'8 maggio 1945, è stato condannato dal tribunale di Norimberga a 12 anni di reclusione. Nel 1957, in Italia, alcuni ufficiali della Acqui accusati di aver aizzato gli uomini contro i tedeschi dando così origine ai combattimenti, furono priosciolti dall'accusa.