24-01-2024 ore 18:09 | Cultura - Teatro
di Giulia Tosoni

'Se il razzismo entra in campo'. Al teatro san Domenico il racconto della vita di Arpad Weisz

Nella mattinata di ieri presso il teatro san Domenico, è andato in scena per le scuole lo spettacolo Se il razzismo entra in campo, iniziativa compresa nella rassegna La storia siamo noi, pensata per promuovere il ricordo di accadimenti storici particolarmente significativi. In occasione della giornata della memoria l’assessorato alla cultura e alle politiche giovanili, con l’aiuto del centro di ricerca Alfredo Galmozzi, del comitato di promozione dei principi della costituzione e grazie al supporto del teatro san Domenico, ha organizzato un programma di iniziative volte a mantenere vivo il ricordo di una delle pagine più buie della storia contemporanea. La rappresentazione ha raccontato la vita e la tragica fine di Arpad Weisz, illustre allenatore ebreo-ungherese degli anni '30, vincitore di scudetti con l'Inter e il Bologna. Fuggito dalle leggi razziste italiane, Weisz fu catturato in Olanda e morì ad Auschwitz insieme alla sua famiglia.

 

La partecipazione scolastica

L'evento ha offerto agli studenti un'opportunità unica di apprendimento e riflessione sulla tragedia dell'olocausto e sulle sue connessioni con il mondo dello sport e ha visto una grande partecipazione degli studenti degli istituti Sraffa e Galilei. La mattinata si è articolata in due parti significative. Inizialmente, è stato proiettato un breve documentario della durata di 10 minuti, che ha ripercorso la straordinaria carriera di Arpad Weisz negli anni '20 e '30. Successivamente, Gianfelice Facchetti, figlio del capitano nerazzurro Giacinto, ha guidato il pubblico in un racconto di 45 minuti sulle pericolose contaminazioni tra calcio e ideologia, con una parte finale dedicata alle storie di coloro che hanno detto "no" all'odio e alla discriminazione. Lo spettacolo è stato poi riproposto al pubblico in serata.

 

L'odio nel calcio

Gianfelice Facchetti nel suo racconto si è interrogato e ha interrogato il pubblico su: "chi è Anna Frank? Cosa c’entra con il calcio? Ricordate la figurina di Anna Frank con la maglia della Roma comparsa un anno fa allo stadio Olimpico in occasione di un derby? Cosa volevano dire quelle figurine? Che i tifosi della Roma sono ebrei come fosse un’offesa quando non lo è!”. Commentando quest’evento ha ricordato che questo discorso non riguarda solo Roma, è una piaga senza confini. Anche a Milano per buona parte della curva dell’Inter, i rossoneri sono appellati ebrei. Facchetti ha poi continuato: “è difficile capire dove tutto questo sia nato ma abbiamo il dovere di provare a comprendere perché gli stadi ogni tanto diventino contenitori di odio che di volta in volta prende come bersaglio persone di colore, zingari e ebrei”. E se tutto questo succede anche nel derby di Tel Aviv tra Hapoel e Maccabi dove gli uni invocano la Shoah per gli altri, giustificandola come pura espressione di odio profondo…beh, abbiamo il dovere di provare a ricostruire come siano nate certe contaminazioni pericolose tra sport e ideologia saldate insieme dall’ignoranza."

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