Crema ha dato i natali al primo esperantista italiano, Daniele Marignoni (1846-1910), ma anche ad un altro importantissimo studioso di esperanto, Ugo Palmieri (1915-1984). Marignoni ha pubblicato la prima grammatica di esperanto per italiani pochi anni dopo l’invenzione di questa lingua alla fine del XIX secolo. La Federazione esperantista italiana ha organizzato la Seconda giornata Marignoni presso la biblioteca di Crema.
Il multilinguismo nella comunicazione dell’Ue
Dopo l’introduzione del presidente della Fei Luigi Fraccaroli, il primo relatore Michele Gazzola (in collegamento dall’università di Belfast) ha parlato di multilinguismo nella comunicazione dell’Unione Europea. Nel 2022 la Commissione per la Cultura e l’Istruzione del Parlamento Europeo ha mappato l’uso delle 24 lingue ufficiali dell’Unione nei canali di comunicazione, con particolare attenzione ai siti web di istituzioni, organi e agenzie Ue. Numerosi contenuti pubblicati online non vengono tradotti in tutte le lingue, perché sono considerati un sottoprodotto della comunicazione interna. Di conseguenza, i documenti di interesse rilevante per cittadini, imprese e Stati membri non sono sempre disponibili in tutte le lingue dell’Ue.
Un problema di trasparenza e democrazia
Malgrado la Brexit, l’inglese è rimasto tra le lingue ufficiali dell’Ue. Alcune istituzioni, come la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea, pubblicano documenti quasi esclusivamente in inglese. Secondo un’indagine dell’Eurostat del 2021, solo il 13% dei cittadini dell’Unione ha un ottimo livello di comprensione dell’inglese e il 45% ne ha una conoscenza più generalista. Quindi i documenti diffusi da varie istituzioni europee possono essere capiti nella sostanza da meno della metà dei cittadini dell’Ue, mentre i tecnicismi (di cui spesso questi atti sono pieni) vengono intesi da una percentuale bassissima della popolazione. Gli europei che parlano o capiscono bene il francese o il tedesco sono molti di più, e i testi tradotti in queste lingue vengono compresi da un pubblico più ampio. Pertanto la Commissione per la Cultura e l’Istruzione raccomanda di sviluppare la comunicazione multilingue nella sfera digitale, al fine di aumentare la trasparenza e migliorare l’accessibilità dei documenti ai cittadini.
L’invasione degli anglicismi in Italia
Il secondo relatore, Antonio Zoppetti, ha illustrato con una serie di grafici la crescente anglicizzazione dell’italiano. Negli ultimi trent’anni, gli anglicismi non adattati sono più che raddoppiati, mentre le parole italiane di nuova invenzione sono spesso derivati o composti, come “africaneria” o “anarco-insurrezionalista”. Ormai parliamo un grottesco “itanglese”, anzi il “globalese” delle multinazionali, che sembra quasi la prosecuzione, con mezzi più morbidi e moderni, del colonialismo britannico del passato. Sul lavoro fa più effetto dire, ad esempio, social media manager al posto di “responsabile della comunicazione digitale”. Fino agli anni Settanta, in informatica si usavano perlopiù termini come “periferiche” o “dischetti”; ora si utilizza praticamente solo l’inglese. Stiamo per assistere a un collasso di ambito, che si verifica quando una lingua (nella fattispecie, l’italiano) cessa di adattarsi ai cambiamenti in un determinato settore, fino a perdere la capacità di esprimersi in modo efficace in quella materia.
L’Inferno di Dante tradotto in “itanglese”
Si è parlato anche della proposta di legge, che di recente ha scatenato tante polemiche, per introdurre in Italia forme, tutto sommato moderate, di protezionismo linguistico. Zoppetti ha sottolineato come l’Accedemia della Crusca abbia solo potere descrittivo (si limita a descrivere cambiamenti linguistici già avvenuti), mentre i suoi equivalenti in altri Stati europei hanno un potere prescrittivo (prescrivono di non utilizzare anglicismi ambigui in certi settori, ad esempio per ragioni di sicurezza in campo medico o di trasparenza nella pubblica amministrazione). Zoppetti cura il sito AAA – Alternative Agli Anglicismi e sta per pubblicare il libro Lo Tsunami degli Anglicismi. Per denunciare con ironia gli eccessi dell’anglicizzazione dell’italiano, ha tradotto in “itanglese” l’Inferno di Dante. Ecco i primi versi dell’Infernal Tour: “Nel mezzo degli step di nostra vita / mi ritrovai in location oscura, / che la best practice era smarrita. / Ahi a dirne about è cosa dura / on the road selvaggio sì hard e forte / che nel mio inside rovina la paura! / Tant’è strong che il benchmark è la morte; / ma per il tracking del good ch’i’ vi trovai, / dirò delle altre news ch’i v’ho scorte”.