23-03-2025 ore 18:11 | Cultura - Incontri
di Claudia Bruni

Incontrarsi sul crinale. Cosa intendiamo quando parliamo di approccio transculturale

Proviamo a fidarci di due considerazioni che alcuni antropologi e psicologi ci propongono. La prima: le migrazioni, vecchie come il mondo, rappresentano qualcosa di fondamentale per l’umanità, sono creative e portano benefici per chi migra, per il paese che accoglie e per il paese d’origine. Ma a condizione che ci siano figure professionali preposte all’accompagnamento e al sostegno di chi necessariamente può andare incontro a uno stress migratorio. Il problema non sta né nella religione né nella cultura di origine né in quelle del paese di accoglienza ma piuttosto nell’assenza di spazi e persone che aiutino a far in modo che ciascuno possa mettere insieme ciò che porta e ciò che trova senza troppi traumi, rigidità e rinunce. La seconda: mentre tutte le culture definiscono chi è lo straniero per confermare il senso di appartenenza e calmare l’angoscia dei suoi membri, in nessuna esiste il concetto di un luogo di transizione, dove sia immaginato un mischiarsi arricchente tra chi abita lì e chi arriva da un là. Uomo nero, muso giallo, viso pallido, lingua biforcuta: alzi la mano chi non ha definito il diverso con un nomignolo svalorizzante, per paura. L’alterità dell’altro ci rimanda infatti a quelle parti di noi che non accettiamo, che non ci piacciono, che non vogliamo vedere, che neghiamo.

 

Culture diverse ma stesso valore

Se è vero tutto ciò, ci viene in aiuto l’ approccio transculturale, formulato in Francia da Marie Rose Moro e dalla sua scuola, migrato e fatto fiorire in Italia dalla Cooperativa Crinali di Milano. Il primo dei suoi principi fondamentali sembrerebbe quasi inutile da dire: tutti gli esseri umani sono uguali e hanno uguale dignità, le culture sono diverse tra loro ma hanno lo stesso valore. Ma forse è particolarmente importante ribadirlo in un momento storico in cui attrezzarsi per farsi la guerra sembra per molti paesi e governi la priorità. Si sottolinea poi che non esiste “l’uomo nudo” poiché la caratteristica universale di tutti gli uomini è di possedere ed essere posseduti da una cultura. Non esiste il funzionamento mentale al di fuori di un involucro culturale. Nel lavoro clinico e sociale all’interno di questa cornice si prova a mobilizzare le potenzialità delle persone appoggiandosi alle risorse premigratorie ma anche alla nuova libertà conquistata nella migrazione. Ogni cultura ha infatti le sue fragilità, contraddizioni e punti di forza, per cui chi migra può contare su ciò che è buono per lui qui, là, ma anche nello spazio intermedio tra qui e là. Ciascuno potrebbe fare i suoi creativi e particolari meticciamenti.

 

Accogliere la diversità sospendendo il giudizio

Questo sguardo ci offre diverse direzioni di apprendimento e di lavoro su noi stessi che non sono del tutto scontate, sia che siamo operatori del settore o semplici cittadini. Acquisire uno sguardo di benevolenza significa avere in mente che noi possiamo aiutare chi arriva da altre culture a trasformare le sue vulnerabilità in possibili risorse. Accogliere la diversità sospendendo il giudizio e la gerarchizzazione diviene quasi impossibile se non siamo consapevoli delle diverse rappresentazioni che le varie culture possono avere del chi è un bambino, a chi appartiene, dell’essere uomo, donna, madre, padre oltre che dei comportamenti nella cura. Ma anche noi siamo immersi nella nostra cultura: siamo come pesciolini che solo guizzando in aria si rendono improvvisamente conto  dell’esistenza dell’acqua in cui nuotano.

 

Modificare senza distruggere

Ci sono poi le nostre emozioni rispetto a modi di rappresentare la realtà, di pensare, di fare, a volte molto lontani da quelli a cui siamo abituati: si tratta di esserne consapevoli e di accoglierle. Non si finisce mai di imparare a decentrarsi in tutte le relazioni umane e qui si parla di un decentramento di tipo culturale. Ben venga dunque il crinale su cui incontrarci con gli altri e con noi stessi attraverso di loro. Perché forse solo attraverso un giro sull’altrove e sull’altrimenti si può tornare a rileggere il nostro qui e oggi. Ci ricorda Levi Strauss che le altre società non sono migliori o peggiori della nostra, ma conoscerle ci permette di distanziarci da essa e modificarla. Pensando di modificare le altre le abbiamo spesso distrutte, la nostra invece possiamo modificarla dall’interno senza distruggerla. (Claudia Bruni psicologa, psicoterapeuta collaboratrice della Cooperativa Crinali)