Qual è la forza del Cristianesimo?
Nella relazione tenuta il 14 ottobre al Caffè filosofico da Luca Zanotti la risposta è chiara. Il titolo Elementi matematici nella religione ha suscitato la curiosità di un pubblico variegato per fasce d’età e background culturale. Zanotti ha esordito mostrando alcuni oggetti-simbolo: una pietra per illustrare il “tutto è in tutto”. La piccola pietra rappresenta e porta con sé tutte le leggi di natura, o per dirla con Leonardo “natura non rompe sua legge”. Poi c’è un Vangelo, testo dal linguaggio stringato, leggendo il quale ci si può accertare che il Cristianesimo presenta analogie con le altre religioni monoteistiche: amore, fratellanza, giustizia, solidarietà. Il relatore spiega che nella presentazione non intende considerare i miracoli e tutto ciò che presuppone una fede nell’ascoltatore, bensì l’aspetto “modellizzabile”, riconducibile alla logica e alla matematica. Niente religio nel significato latino, quindi, che allude a superstizione: un ex alunno del Liceo Racchetti come il fisico Zanotti lo sa bene. A partire da Talete fino a Cartesio e oltre, i filosofi sono stati scienziati. I più antichi, dice Aristotele, erano fisiologi, ossia studiosi della natura, e matematici interessati alla religione, come Pitagora. Dunque Zanotti, con i sussidi tecnologici messi a disposizione dal Caffè filosofico (praticamente semi-inutilizzabili), spiega parametrizzazioni, mostra curve gaussiane, equazioni e teoremi, corredati da grafici, e frattali con i loro begli alberi iterativi sempre più minuscoli. Parla di statistiche, stime bayesiane e di tutto l’armamentario della fisica dall’atomo di idrogeno ai buchi neri. Mi accorgo che circonferenza e sfera non hanno ceduto il primato a loro decretato dagli antichi Greci, da Parmenide in poi.
Ma che ha a che fare tutto ciò con la religione?
Sappiamo che la scienza si è sottratta da tempo alla supervisione della teologia, ma già da anni alcuni studi ne hanno evidenziato il nesso con la riflessione morale. Si pensi a un testo come Le religioni di Abramo e la scienza, a cura di Paolo Bisogno, dove la scienza chiede aiuto alle religioni abramitiche per spiegare il mistero della vita e della morte, l’ordine dell’universo e l’ansia dell’infinito. Zanotti cita più di un saggio, da Il Tao della fisica a Dio è un matematico, da Perché la Matematica a La fisica del cristianesimo, e mostra ai presenti l’opera di un suo collega, Massimiliano Barone, Scientocrazia. Ubi lux lucet, humanitas surgit. Ebbene, passando attraverso il modello collaborativo dei bosoni e quello competitivo dei fermioni, iniziamo a intravedere che in realtà stiamo parlando della morale, non della religione cristiana. Una morale che contiene parecchi elementi matematici, spesso connessi ai talenti, sia nel significato di doti personali (ma qui la matematica non entra), sia nel senso di denari. La vedova povera che offre il poco che possiede, la storia dei talenti, quella dei lavoratori della vigna: ognuna di queste parabole è uno spunto per analizzare un rivoluzionario criterio matematico che fa i conti con la nuova morale cristiana. Soprattutto Zaccheo assurge a simbolo di quell’ut unum sint che altro non è se non messaggio d’amore disinteressato e invito alla fratellanza solidale. O per dirla con Luca Zanotti, riduzione ai minimi termini, dai 10 comandamenti alle 2 regole essenziali: ama il Signore Dio tuo, ama il prossimo tuo come te stesso.
Allora la forza del Cristianesimo è la sua morale?
Sotto il profilo filosofico, azzarderei che è piuttosto la sua gnoseologia realistica, adottata da Tommaso d’Aquino in poi, e mai rinnegata. La teoria della conoscenza di tipo realistico è quella che propone come criterio di verità la capacità, da parte del soggetto conoscente, di riprodurre nel modo più fedele possibile le cose così come sono. Si tratta di una teoria che presenta il vantaggio di essere più vicina al senso comune, secondo cui “le cose stanno così per chi sa ben vederle”. È la cosiddetta teoria del rispecchiamento, dove gli specchi riflettenti siamo noi nel momento in cui conosciamo la realtà. All’opposto l’idealismo, capovolgendo la prospettiva, sostiene che è l’essere umano stesso a conferire un ordine e un senso alle cose. Tanto che, senza l’uomo, neppure sapremmo che o se esiste un universo. Senza l’osservatore curioso, non ci sarebbe nessuno a costruire una sequela coerente di ipotesi, fino a dar vita a una teoria. Ricordo che in uno dei suoi concerti teatrali anni Settanta, Giorgio Gaber, cantante-filosofo, ci paragonò a uno spettatore seduto davanti al televisore, dove va in onda un meraviglioso spettacolo: l’universo. Immaginiamo per un attimo che lo spettatore non esista. Lo spettacolo si spegne, perché non c’è nessuno a vederlo, apprezzarlo, interpretarlo, raccontarlo. E a dargli senso. Dal poco che so di fisica quantistica, sembra che l’idealismo guadagni punti sul realismo gnoseologico. Infine mi pare che un Cristianesimo dove Dio non è che Logos inteso come pura Logica, Ordine Fisico-Matematico, Legge razionale, si lasci sfuggire la parte migliore: quella fede che è credo quia absurdum, credo proprio perché è assurdo, è uno scandalo per la fredda ragione, un paradosso senza soluzione, un mistero che sovverte ogni regola, ogni precisione matematica. E non me ne voglia chi della matematica conosce la bellezza. Beati quelli che conoscono la bellezza della matematica, perché hanno avuto bravi insegnanti.