22-07-2023 ore 18:34 | Cultura - Proiezioni
di Paolo Emilio Solzi

Il film con Margot Robbie su Barbie è già un cult, riempie le sale cinematografiche e piace a tutti

Prima ancora di arrivare nei cinema, Barbie aveva già fatto discutere parecchio, grazie a un’eccezionale campagna pubblicitaria. Dai trailer era chiaro che Barbie non avrebbe narrato la storia dell’omonima bambola. Sarebbe stato piuttosto un film di critica sociale, diretto più agli adulti che ai bambini, più profondo di come poteva sembrare. Era intuibile che avrebbe preso in giro i cliché legati a Barbie e Ken anziché esaltarli: la loro perfezione fisica, la loro oggettificazione, il loro essere asessuati.

 

Come on, Barbie, let’s go party

Mi dirigo al cinema pensando di trovarlo mezzo vuoto, come sempre dall’inizio della pandemia di Covid-19. Ormai nemmeno i film della Marvel riempiono la sala. I tempi in cui per trovare posto bisognava arrivare con un’ora di anticipo e mettersi in coda sono lontani. E invece, incredibilmente, il cinema è preso d’assalto. Ragazzi e ragazze, giovani e anziani, molti vestiti di rosa. Sembra di stare già a Barbieland. Spicca un ragazzo calvo in camicia rosa: è identico a René Dif (il cantante degli Aqua) nel video di Barbie Girl. Nemmeno il personale della multisala si aspettava una simile ressa. Riesco per miracolo ad accaparrarmi uno degli ultimi posti disponibili. È in prima fila, sugli odiati lettini da spiaggia. Forse l’ultima volta mi era capitato vent’anni fa con Matrix Revolutions. Si vede malissimo, ma non mi interessa: l’entusiasmo generale è così contagioso che voglio solo godermi il film. Appare sullo schermo il logo della Warner Bros, per l’occasione dipinto di rosa shocking, e parte subito un applauso fragoroso. In quel momento capisco che Barbie è già considerato un cult.

 

I’m a Barbie girl in the Barbie world

Barbie si apre con una parodia dell’inizio di Odissea nello Spazio. La prima parte del film ricorda Matrix e The Truman Show. Barbie Stereotipo, interpretata da Margot Robbie, vive in un mondo plasticoso tutto rosa. Le donne sono le varianti di Barbie, gli uomini sono versioni differenti di Ken. Solo uno si chiama Allan: si tratta di un amico di Ken lanciato dalla Mattel nel 1964; per via del suo scarso successo, cessò presto di essere prodotto. La routine della protagonista, inquietante nella sua perfezione, viene turbata da fatti insoliti. Barbie Stereotipo si rivolge a Barbie Stramba, interpretata da Kate McKinnon, comica americana nota per le sue imitazioni di Justin Bieber, Hilary Clinton e Angela Merkel. Nel remake del 2016 di Ghostbusters, McKinnon era la dottoressa Jillian Holtzmann, l’equivalente femminile di Egon Spengler. Proprio come Morpheus in Matrix, Barbie Stramba propone a Barbie Stereotipo una scelta. Non tra una pillola rossa e una pillola blu: tra una scarpa rosa con il tacco alto e una meno scintillante ciabatta Birkenstock. È l’inizio di un viaggio che condurrà alla scoperta del mondo reale. Altre allusioni cinefile sono la partita di pallavolo di Top Gun e le coreografie di Grease. Vengono nominati esplicitamente Shining e Il Padrino.

 

I can act like a star, I can beg on my knees

La bambola Barbie ha sempre diviso l’opinione pubblica. I sostenitori la dipingevano come femminista, una donna in carriera, emancipata e senza figli, che poteva diventare tutto ciò che voleva: astronauta, insegnante, dottoressa, giudice, scrittrice, premio Nobel, presidente… Il mondo di Barbie è matriarcale; lei è al centro, Ken è un accessorio. I detrattori le rimproveravano di incoraggiare canoni di bellezza irraggiungibili, fonte di depressione e anoressia per molte ragazze. In Barbie sono rappresentate entrambe queste visioni. A Barbieland i Ken non hanno alcun potere, sono “oggetti” che esistono solo in funzione delle Barbie. Nel mondo reale Barbie Stereotipo è odiata dalle nuove generazioni, che la accusano di incarnare ideali capitalisti, perfino fascisti, apprezzati perlopiù dagli uomini. La seconda parte del film, infatti, si evolve affrontando varie tematiche care ai più giovani: inclusività, femminismo, patriarcato, catcalling, mansplaining, guerra e pace. Non si tratta però del solito pippone neofemminista, retorico e di dubbia sincerità, come ne abbiamo sentiti ad nauseam nei film hollywoodiani degli ultimi anni. Tutto si svolge in maniera talmente ironica e sopra le righe che riesce a divertire perfino chi non ne può più del politically correct, dell’ideologia woke e della deriva misandrica del femminismo da social network.

 

Well, Barbie, we’re just getting started

La regia di Greta Gerwig è un trip allucinogeno di quasi due ore. Costumi e scenografie sono fantastici. Il passaggio da Barbieland al mondo reale evoca le immagini di Georges Méliès o i quadri di Vincent van Gogh. Tra gli attori e le comparse figurano Will Ferrell, Simu Liu (noto per aver interpretato Shang-Chi nel Marvel Cinematic Universe), la cantante Dua Lipa e il wrestler John Cena. Appare in un cameo Barbara Handler, figlia di Ruth Handler, ritenuta la vera inventrice di Barbie. Kate McKinnon e Margot Robbie sono bravissime a riprodurre i movimenti tipici delle bambole Barbie, come la spaccata. Ryan Gosling, specializzato in parti da duro inespressivo e di poche parole, è un Ken perfetto e totalmente devirilizzato (forse il personaggio più memorabile in assoluto).

 

Oh, I’m having so much fun

L’eroina dei due mondi (quello reale e Barbieland) ha compiuto un miracolo. Non solo ha riempito i cinema oltre ogni aspettativa, ma ha messo d’accordo tutti. Una volta tanto, i trailer dicevano la verità: “Se ami Barbie questo film è per te. Se odi Barbie questo film è per te”. Barbie punta a un pubblico vastissimo: la Generazione Z (i nati più o meno tra il 1995 e il 2012), i nostalgici degli anni Ottanta, i più anziani cresciuti con tutte le versioni della bambola commercializzata dalla Mattel a partire dal 1959. E i cinefili, che si divertiranno a cogliere le citazioni disseminate qua e là. Perfino chi legge i libri di Pascal Bruckner, Éric Zemmour, Harvery C. Mansfield e Jack Donovan alla ricerca della “virilità perduta” può godersi Barbie. In sala non sono mai cessati applausi liberatori, tifo da stadio e tante risate. Di recente abbiamo dovuto sorbirci troppi film pieni di battute così stupide che non facevano ridere nemmeno i bambini. Stavolta l’umorismo funziona alla grande. Per dirla con il Ken di Ryan Gosling: “Che cool!”.

 

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