Nel 1859 Crema e il suo distretto erano agganciati alla provincia di Cremona. Gli ultimi sussulti dell’800 videro il preludio alla soppressione dei comuni di fascia attorno alla città, cioè San Bernardino, Castelnuovo, San Michele, Santo Stefano, Ombriano, Santa Maria della Croce e Vairano (presso Santo Stefano). Tale fatto però, dopo infiniti conciliaboli e agitazioni popolari, verrà ratificato durante il periodo fascista.
L’unione Lodi-Crema
Nel 1876 vi fu una corposa emigrazione di cremaschi verso l’America, nel 1899 Crema assurse a città capoluogo di circondario. Sotto la Repubblica Cisalpina il Cremasco venne unito al dipartimento dell’Adda con l’unione di Lodi-Crema con una singolare e vicendevole soluzione: ogni due anni si cambiava capoluogo. Ma anche questa alchimia politico-amministrativa cessò miseramente dopo due anni, Crema non riuscì ad assumere questo titolo. Nel 1803 sotto la Repubblica Cisalpina, Crema venne considerata città aperta e un’immensa quantità di costruzioni vennero abbattute.
Nuovo assetto urbanistico
Intanto sul versante urbanistico/viabilità Portanova - o se preferite Porta Pianengo - fu spianata e, sfregiando per l’ennesima volta le quattrocentesche mura venete, vennero aperti una serie di varchi così cadenzati nel tempo: il primo fu uno slargo in via Tadini nel 1903, il secondo nel 1907 fu uno sbrego con cui venne riaperta Porta Ripalta. Con un terzo intervento, sempre nel 1907, si aprì un varco attraverso Borgo San Pietro. L’anno successivo il quarto intervento riaprì Porta Nuova. Dopodiché nel 1911 venne fatto il quinto intervento aprendo via Ponte Furio. Seguirono il sesto nel 1911 altri colpi di piccone et voilà scodellata l’apertura del Quartierone ed il settimo nel 1924 così si poté transitare attraverso la breccia di via Medaglie d’Oro. L’ottavo buco nel 1928. Alé! giù anche il tratto di mattoni che permise il traffico di via Pesadori. Il nono nel 1934: bum bum bum! e anco il diaframma che ostava in via Valera era divelto. La decima vittima è avvenuta nei primi anni ‘70, congiungendo via Gramsci al mercato, cioè aprendo un varco in via Luigi Massari.
Numerici civici e toponomastica
In questi tempi le case avevano numerazione: il numero civico ebbe inizio dal 1798, anno in cui le abitazioni erano 1320. La numerazione cominciava in piazza Duomo col numero 1 e da quel luogo sinuosamente si allargava sino al censimento dell’ultima casa, ben appunto con numero 1320, sita in contrada Ponte Della Crema, oggi via San Bernardo. Qualche traccia di colore è ancora visibile su alcuni muri. Infatti i nomi delle strade erano dipinti a fresco con il colore nero su uno sfondo rettangolare; mentre i numeri venivano segnati col medesimo modo dentro ad incavature romboidali. Col 1 gennaio del 1873 cambiò il sistema di numerazione delle vie e divenne a sé stante per ognuna di essa; i numeri pari da un lato e i dispari dirimpetto. Nelle piazze i numeri civici erano progressivi ogni edificio aveva un numero, mentre dal 1952 verrà assegnato ad ogni apertura verso la strada. Nel 1878 si iniziò a sostituire le scritte con indicatori in marmo ed i numeri furono riportati su piastrelline.
Sant’Agostino e la battaglia di Ombriano
Dal 14 novembre 1871 la toponomastica cittadina, dopo secoli di immota immutabilità, o quasi, iniziò la grande mutazione (volontà politiche) l’intento era di celebrare personaggi e fatti d’arme del risorgimento. Nel 1888 nella piazzetta antistante all’ex convento di Sant’Agostino (oggi Museo Civico) venne posta una lapide ai primi cremaschi morti in seguito al deflagrare delle cinque giornate di Milano. Il fatto di sangue avvenne il 19 marzo 1848 davanti al portone che immette al primo chiostro contro le truppe austriache armate. L’ex convento fu caserma fino al 1945. La caserma (sic) sino al 1889 era chiamata caserma Sant’Agostino; in una data imprecisata fu intitolata al condottiero Renzo Da Ceri che la notte del 26 Agosto 1514 sbaragliò le truppe sforzesce che assediavano assieme a numerosi eserciti d’Europa la città nella famosa battaglia di Ombriano, citata da Ludovico Antonio Muratori come il fatto d’arme più significativo di quell’anno in Italia. Questo scontro fu la cesura di tutte le guerre in terra cremasca, e non solo, almeno fino al sorgere dell’astro napoleonico. Dobbiamo un pollaio a Esculapio. Via del Castello nel 1815 era chiamata Baluardi di San Pietro; nel 1840 fu chiamata strada delle Ghiacciaie e dei Molini, per via dei mulini che macinavano da secoli lungo la roggia fontana di via Griffini e soprattutto di due ghiacciaie comunali costruite nel 1825, contemporaneamente al macello pubblico di piazza Garibaldi. Le ghiacciaie erano suddivise in numerose grandi celle e venivano riempite di ghiaccio d’inverno: queste furono utilizzate dai macellai fino ai primi del ‘900.
Le prime automobili
Intanto le prime automobili, naturalmente a vapore, facevano capolino in piazza Duomo. Il 31 agosto 1901 giunse la macchina del signor ingegner Bernasconi che invitò una comitiva di cremaschi a fare un bel viaggetto a bordo di quellarobalì su quatro ruote. Era di domenica, e da alcuni giorni attirava la curiosità degli astanti ebbene, rotti gli indugi, Bernasconi e i primi cremaschi autisti/passeggeri partirono alla volta di Bergamo: puntando in alto giunsero a San Pellegrino Terme così, dopo aver bevuto la famosa acqua della fonte, ristorati e soddisfatti tornarono a Crema. In tutto tra andata e ritorno sono stati coperti 120 chilometri in poche ore e senza incidenti. Da quel viaggio nacque il servizio pubblico sul territorio: un altro primo passo verso i tempi della nuova era industriale.
Le rudimentali biciclette
Terminiamo con le prime rudimentali biciclette. Siamo nel 1874: le due ruote in legno cigolando svicolavano per le strade di Crema e quei primi ciclisti venivano chiamati velocipedisti. La Gazzetta di Crema del 1874 scriveva: “dopo ripetuti reclami presso l’ufficio di pubblica sicurezza contro lo sfrecciare dei velocipedisti dentro e fuori Porta Ombriano e Porta Serio che mettono a repentaglio la sicurezza delle persone e dopo il fatto che ha investito il signor Cristofero Riboli che, mentre stava recandosi col suo calesse a san Bernardino, giunse al ponte di Porta Serio al che un velocipede fece imbizzarrire il cavallo al punto che per un niente non venisse ribaltato nel fiume sottostante.” Dopo quelle lagnanze il comune di Crema circoscrisse la circolazione dei velocipedi alla piazza d’Armi fuori di Porta Ombriano. Le fonti: Origine dei nomi delle strade di Crema, Mario Perolini, 1976.