21-07-2024 ore 18:26 | Cultura - Manifestazioni
di Paolo Emilio Solzi

Il nostro Io invisibile. Vito Mancuso commenta la morale di Immanuel Kant ai Manifesti 2024

L’anno scorso a Crema del Pensiero il titolo della conferenza di Vito Mancuso era Adversus Nietzsche. Mancuso sottolineò che non aveva detto contra, come si fa con un nemico, ma adversus, come si addice a un avversario. Un complimento? Un riconoscimento dell’onore delle armi? Non sembrerebbe. Anzi, da parte di un teologo, l’accostamento (esplicito o implicito) a Satana, “l’Avversario” (di Dio), forse suona come un insulto perfino peggiore. Sia come sia, quest’anno ai Manifesti di Crema Mancuso abbandona la pars destruens (critica del pensiero di Friedrich Nietzsche) per dedicarsi alla pars construens (elogio del pensiero di Immanuel Kant, un filosofo a lui certamente più affine).

 

Corpo, mente e spirito

Il titolo della conferenza di quest’anno è Il nostro Io invisibile. Mancuso abbraccia un’antropologia tripartita (corpo, mente e spirito), mentre i più sostengono un’antropologia bipartita (corpo e mente, senza lo spirito). Esiste anche un’ala più radicale, strettamente materialista, di pensatori e scienziati “unitari”, i quali ritengono che la mente – o coscienza, o comunque la si voglia chiamare – non sia “altro” rispetto al corpo, ma solo un prodotto di esso. Dopotutto il cervello, biologicamente parlando, non è così diverso dagli altri organi. Per Mancuso esistono un Io visibile, il nostro corpo (che sta sullo stesso piano di tavoli, sedie e ogni altro corpo fisico) e un Io invisibile, lo spirito. Per approfondimenti sulla mente, qualunque cosa sia, si leggano i libri di Daniel Dennett. Lo spirito è invisibile, immateriale, impercettibile (a meno che, come direbbe il compianto Andrea G. Pinketts, non si parli di acquavite). Malgrado fosse credente, Kant non amava la visione mistica della vita: Mancuso spiega che il suo motto era “pensare da te, ricercare da te, stare dritto sui tuoi piedi”. Kant considerava l’illuminismo – di cui fu uno dei principali esponenti – l’uscita dallo stato di minorità, ossia l’ingresso nella maggiore età, la conquista di un modo di pensare autonomo, più adulto e maturo. Nel 1788 un gesuita bavarese scrisse Anti-Kant, un’opera contro la filosofia kantiana; nel 1907 un gesuita italiano pubblicò un libro intitolato Il veleno kantiano. Kant venne messo all’Indice da cattolici, protestanti, ortodossi e ogni altro tipo di cristiani.

 

Intelletto e ragione

Ciò che stava più a cuore a Kant erano l’etica e la rettitudine. Secondo Mancuso, il pensiero kantiano, sotto questo aspetto, oggi è inattuale e impopolare. Kant vedeva come un prodigio il fatto che dal “legno storto” dell’umanità si potesse tirare fuori qualcosa di dritto, di buono. Kant proveniva da una famiglia umile; ebbe la possibilità di studiare grazie a uno zio facoltoso che pagò la sua istruzione, permettendogli di diventare uno dei filosofi più conosciuti e influenti di tutti i tempi. Kant distingueva l’intelletto dalla ragione. Il primo è analitico, tipico della scienza. Il secondo è sintetico, tipico della metafisica. Mentre la scienza progredisce in continuazione, la metafisica non fa progressi. Mancuso fa notare che il pensiero di Platone (metafisico per eccellenza) è praticamente uguale a quello dei metafisici odierni. La metafisica è “l’aria del pensiero”. “Aria fritta”, replicherebbero molti atei e materialisti. E infatti, per lo stesso Kant, non è possibile configurare la metafisica come una scienza. Kant credeva, sia pure non potendoli dimostrare, nel libero arbitrio, nell’anima e in Dio, perché senza i tre postulati della Ragion Pratica (ossia della morale) sarebbe apparso spregevole ai suoi stessi occhi. Per il filosofo tedesco, la vita morale è ciò che eleva l’umanità dallo stato di animalità, ed è necessario coltivare ogni nostra azione come se la compissimo al cospetto di Dio. Nietzsche detestava Kant, lo riteneva una sorta di impostore fra gli illuministi, lo chiamò “un ragno funesto” e, con disprezzo, “uno scaltro cristiano”. Nietzsche ripeteva che Platone, Gesù e Kant erano “tre idioti” che non avevano capito nulla della vita, la quale non ha niente di morale, ma è piuttosto una lotta di tutti contro tutti (il bellum omnium contra omnes di Thomas Hobbes).

 

Etica è armonia

Mancuso afferma che la base della sua fede è la stessa di Kant, che conclude la Critica della Ragion Pratica scrivendo: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione […]: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me. […] Il primo comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno […]. La seconda comincia dal mio Io invisibile, dalla mia personalità”. Secondo Mancuso, viviamo in un’epoca di “inquinamento consumistico” della natura, anziché avere con essa un rapporto di venerazione. Gli algoritmi dei social network ci riducono tutti a consumatori. L’intelligenza artificiale è un pericolo per le nuove generazioni, in quanto le priva del contatto con la natura. Viene da chiedersi se faremo davvero la fine degli umani nella saga di Terminator, o se le nuove tecnologie apporteranno benefici straordinari alla nostra esistenza, come è stato ad esempio per i treni o l’elettricità (inizialmente demonizzati dai nostalgici delle carrozze e delle candele). L’intelligenza artificiale rappresenta un pericolo o una straordinaria opportunità per il futuro? Al presente, secondo Mancuso, la legge morale è fuori moda: non è sacra, non è imperativa, non è categorica. Ma ogni volta che compiamo un’azione dovremmo chiederci: “Se tutti facessero così, il mondo sarebbe un posto migliore?” Si parla solo di diritti, mai di doveri. Il nostro Io invisibile non sta bene o è ritenuto inesistente. Gli intellettuali atei e i detrattori di Kant sostengono che l’etica è solo una convenzione che cambia nel tempo. Mancuso identifica la legge dell’etica con la legge dell’armonia. Egli racconta di essere stato colpito da una frase di Antonio Gramsci, con il quale lui – allora giovane chierichetto – non aveva nulla da spartire sul piano politico-culturale. Gramsci definisce la cultura come organizzazione, disciplina del proprio Io interiore. Riecheggiano gli albori del pensiero di Mancuso, che nel libro L’anima e il suo destino sosteneva che il diavolo (il male assoluto) è un’esistenza disordinata, mentre chi vive secondo ordine e giustizia si salva, a prescindere dal suo essere o meno cristiano.

 

Eresia pura

Mancuso conclude in maniera coraggiosa: per lui, alcune pagine della Bibbia “non sono sacre”, in quanto “colme di odio e razzismo”. Al contrario, alcune pagine di filosofia sono sacre, poiché gli appaiono come “parola di Dio”. Mancuso è convinto che “la parola di Dio sia più grande della Bibbia”. Da teologo e da credente, precisa che queste parole, per la Chiesa cattolica, ovviamente sono “eresia pura”. Agli occhi di Mancuso solo un atto è sempre ingiustificabile: lo stupro. A volte perfino rubare ai ricchi è necessario per sfamare i poveri; perfino l’omicidio può essere giustificato dalla legittima difesa. La violenza carnale, invece, non può mai trovare una giustificazione. Mancuso dichiara di condividere la “fede razionale” di Kant (fondata sui tre postulati della Ragion Pratica), il quale era ben consapevole che la fede è per definizione irrazionale, indimostrabile. Altrimenti non è più fede, ma certezza. Se qualcosa è certo, fisico, palpabile, scientificamente dimostrato, non ho bisogno di credere che esista: lo so e basta. Prendere qualcosa “per fede” significa credere che sia vero, anche se non sono sicuro che lo sia, poiché non ci sono prove in tal senso. Per questo, alla fine della serata, parafrasando Umberto Eco, potremmo dire che la sola “prova” che abbiamo dell’esistenza di Dio è la nostra volontà di vederlo all’opera.

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