Un Friedrich Nietzsche insolito è andato in scena al Caffè filosofico di Crema. Non quello dell’annuncio “Dio è morto”, né quello dello spirito dionisiaco, ma piuttosto quello dell’eterno ritorno, considerato generalmente uno degli aspetti più enigmatici del pensiero del filosofo. Relatore della serata: Silvano Allasia, studioso appassionato e appassionante. Un bravo professore che ha svolto una ricerca costante con gli allievi, i quali lo ripagano con la loro presenza nel pubblico.
Voglio una vita spericolata
Nietzsche è un solitario che dichiara di essere felice nella solitudine (“c’è da dir male di chi soffre per la solitudine – io ho sempre e solamente sofferto per la moltitudine”) e al contempo scivola verso la disperazione per quello stato. Un animo ribelle e iconoclasta, secondo cui il più grande godimento è vivere pericolosamente. “Costruite le vostre case sul Vesuvio, spedite le vostre navi su mari inesplorati! Vivete in guerra con i vostri simili e voi stessi”. Eppure si abbarbica alle tradizioni dei partiti più conservatori. Un profeta dell’ateismo che, essendo figlio di un pastore protestante, conosce a menadito la religione cristiana, di cui salva soltanto Gesù: “noi filosofi e spiriti liberi, alla notizia che il vecchio Dio è morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora, […] finalmente l’orizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non è sereno, finalmente possiamo di nuovo sciogliere le vele alle nostre navi, muovere incontro a ogni pericolo; ogni rischio dell’uomo della conoscenza è di nuovo permesso; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dianzi, forse non vi è ancora mai stato un mare così aperto”.
La filosofia nietzschiana come autobiografia
Nietzsche conduce una vita quasi ascetica, prediligendo abitazioni con arredi ridotti all’essenziale (scrittoio e pianoforte), ma fa del corpo il centro dell’esistenza, fino a concentrare l’attenzione su cibo e malanni conseguenti a una dieta malsana. “Queste piccole cose – alimentazione, luogo, clima, svaghi, tutta la casistica dell’egoismo – sono inconcepibilmente più importanti di tutto ciò che finora è stato considerato importante”. La dottrina dell’eterno ritorno (secondo cui la storia ha un andamento ciclico e tutto si ripete identico all’infinito, sia per l’universo che per ogni individuo) balzò alla mente di Nietzsche durante una passeggiata. “Camminavo in quel giorno lungo il lago di Silvaplana attraverso i boschi, presso una possente roccia che si levava in figura di piramide, vicino a Surlej, mi arrestai. Ed ecco giunse a me quel pensiero”. Insomma un filosofo le cui riflessioni si intrecciano con la biografia, o per meglio dire l’autobiografia. Forse non si tratta di una novità: già Fichte affermava che la scelta di una filosofia non dipende da asettici principi logici, ma dal tipo di uomo che sei. Kierkegaard, tracciando un ipotetico percorso delle possibilità dell’esistenza, non fa che tematizzare ciò che gli è accaduto prima e dopo la morte del padre, prima e dopo avere rotto il fidanzamento con Regine Olsen, sospendendo la scelta di farsi pastore.
Una filosofia che è dinamite pura
Analogo discorso si può fare per alcuni aspetti della filosofia nietzschiana: che Dio sia morto non è una novità. Lo avevano già sostenuto Feuerbach e Marx. La differenza sta nella forza dell’annuncio, nella dinamite che esplode facendo crollare miti e illusioni. Le illusioni sono ciò che costruiamo con il linguaggio: soggetto e oggetto, attivo e passivo, causa ed effetto. Tutte “forme prospettiche” ideate dall’essere umano. Siamo nella seconda metà del XIX secolo; imperversa il Positivismo con il culto dei fatti, divinizzati come intoccabili. Nietzsche, fuori dal coro, nega che questi fatti esistano e ridimensiona le pretese esplicative della conoscenza a mera interpretazione. Dobbiamo disfarci delle vecchie interpretazioni (dalla metafisica platonica alla morale “umana, troppo umana”), in quanto inducono a un nichilismo paralizzante. La proposta di nuove interpretazioni, fra cui spicca la teoria dell’eterno ritorno, deve condurre a una trasvalutazione di valori foriera di un nichilismo creativo. In base a questi nuovi valori, diremo di sì alla vita, recuperando quelle attitudini aristocratiche dei cavalieri che l’Antica Grecia conosceva bene. L’ateismo non deve funzionare come un fine. Cosa consegue alla morte di Dio? Un’altra morale, una nuova etica, ecco ciò che realizza veramente l’ateismo e al tempo stesso lo supera.
Il superuomo non è Superman
In conclusione, che vita fu quella di Nietzsche? Quella di un superuomo? Assolutamente no. Solo, in balia di una madre iperprotettiva e di una sorella approfittatrice, malato nel corpo e nella mente, offuscato dall’oppio per sedare le tremende emicranie, condusse un’esistenza che oggi si definirebbe da incel (involuntary celibate, “celibe involontario”), dopo aver visto rifiutate le sue proposte di matrimonio non solo dalla più nota e spregiudicata Lou von Salomé, ma almeno da altre due fanciulle che non esitarono a respingerlo.