“Mordere il cielo. Dove sono finite le nostre emozioni” è l'ultima fatica letteraria di Paolo Crepet, il noto sociologo, psichiatra, educatore, saggista ed opinionista, che ha riempito con la sua attesa presenza il secondo appuntamento della rassegna Ponchielli Talk giovedì 17 aprile 2025. E' il giovedì santo alle porte di Pasqua, ma in molti hanno preferito recarsi a Cremona per ascoltare questo messia dell'educazione, quasi un guru che piace oppure urta, senza mezze misure, perché le sue parole sono taglienti e spietate o perché sono vere? Il suo libro, pubblicato da Mondadori meno di un anno fa, è già un bestseller.
Di nuovo a Cremona
Il sipario è aperto. Sul palco una sedia da regista di stoffa rossa e legno scuro con accanto un tavolino, sul quale ha trovato posto una curiosa lampada, sorretta da una pila di libri, aspettano l'arrivo del prestigioso ospite. Ed eccolo, entra chiedendo: “Non siete stufi di vedermi? Siete già venuti l'anno scorso. Lo trovo un gesto d'affetto verso di me”. Crepet si riferisce alla sua presenza in teatro nella passata edizione della rassegna Ponchielli Talk, che anche quest'anno rinnova il suo successo. In sala le luci restano accese, come a dire che sta per iniziare un dialogo intenso, non un monologo, con il pubblico cremonese e non.
Lo spauracchio dell'IA
Si parte con una predizione catastrofica, che riguarda l'estate 2027 e l'invasione in ogni campo della vita dell'Intelligenza Artificiale. Crepet si dice convinto che siano possibili due soli scenari: “Noi umanità ammainiamo la bandiera bianca oppure facciamo una strana rivoluzione, che potrebbe sembrare un'involuzione, perché bisogna rispolverare qualcosa che ha il sapore di antico”. L'essere umano sembra non avere possibilità di scamparla: “L'IA è perfetta per un futuro di solitudine e di depressione. Le trattorie qui a Cremona sono finite; verranno i droni a portarci il cibo a casa”. La visione appare apocalittica, ma nelle parole dello scrittore risiedono sconcertanti verità.
L'elogio dell'imperfezione
Con l'ironia pungente e disarmante, che lo contraddistingue, il professore provoca il suo pubblico: “Un algoritmo scriverà romanzi creativi. Perché ci manca la dignità di dire no grazie, siamo capaci da soli di scrivere romanzi e poesie?" Il suo discorso è un affondo contro la mediocrità dell'oggi, contro la mancanza di entusiasmo e il desiderio di diventare migliori: “È la vita che ti fa sballare, io sono nato con la cocaina dentro." Tra ricordi e aneddoti di vita vissuta, come l'incontro con Arturo Benedetti Michelangeli o con Alda Merini o ancora con Salvatore Accardo, tutte persone geniali, ma dal carattere impossibile a suo dire, lo psichiatra sferza la mente e l'anima dei presenti e fa commuovere, come quando racconta del rapporto con suo padre.
La moderna atarassia
“Gli antichi greci mettevano insieme Eros e Thanatos, amore e morte, ma a noi questo non piace”. Crepet presenta una sorta di età dell'atarassia, dell'insensibilità, in cui si insegna ai giovani a rimandare il momento di fare i conti con la vita vera: genitori “mononeuronici” li condannano a crescere fragili e spaesati e i trolley assurgono a metafora del non fare fatica, del non portare pesi. I docenti senza passione rivendicano una scuola senza voti, con le famiglie pronte a scatenare gli avvocati per una bocciatura. In questo modo i più giovani vengono privati della possibilità di far maturare le loro emozioni. “Perché io a vent'anni sapevo l'inglese e i giovani di oggi non sanno nemmeno l'italiano?” Il tono di sfida si alza: “Cosa c'è di più erotico di prendere un 3? Capisco, gli insegnanti stanno svenendo”.
L'anestesia dell'anima
La sensazione è quella di vivere in un vuoto emotivo, di cui nemmeno ci rendiamo conto. “Io sono un provinciale padano come voi – afferma l'ospite d'onore – Nella mia vita ho sempre cercato antidepressivi umani. A sedici anni mio padre mi spedì a Londra: un posto eccitante, a Padova non c'erano minigonne”. Crepet esorta a circondarsi di persone strane, non standardizzate, positive e ad essere tremendi con se stessi, a non darsi pace, a cercare sogni e scoprire orizzonti. Poi ricorre alla similitudine dei violini di Cremona: “Sono tutti pezzi unici, veri capolavori proprio come voi”.
Si può mordere il cielo?
Con tono beffardo il saggista invita tutti a chiedersi dove siano andate a finire le emozioni, perché questo non è un esercizio retorico, ma un interrogativo necessario. Viviamo in un mondo complesso e complicato, in cui la massima diffusione dei media, dei social e dei contatti virtuali ci sta condannando alla solitudine e all'indifferenza per le sorti del prossimo e del mondo. Un senso di precarietà ci fa sentire inermi di fronte a guerre insensate, calamità apocalittiche, nuove emergenze sociali, che amplificano le nostre fragilità e le nostre paure. Crepet non ha dubbi: “I nostri ragazzi devono mordere il cielo, andare a prendersi il mondo e nel farlo devono sbagliare, cadere, rialzarsi e cadere di nuovo”.
L'antidoto
Un antidoto c'è e vale per tutti: è l'empatia, un bene immateriale prezioso ed essenziale, che ci consente di sentire l'altro, di accogliere il dolore e di condividere la gioia. “Tu chiamale se vuoi emozioni, diceva Battisti. La nostra vita è nostra; possiamo declinarla come vogliamo, se non la deleghiamo ad altri. La vita è fatica, le cose facili non danno mai soddisfazione”. I novanta minuti previsti sono stati sforati abbondantemente. Rimane solo il tempo per ringraziare e salutare; Crepet lo fa tra gli applausi, dedicando a se stesso e ai presenti Gracias a la Vida, nell'affascinante interpretazione di Mercedes Sosa con Joan Baez.