La Dama con l’Ermellino viene collocata da Gerolamo Tiraboschi “fra illustri scrittori usciti da Crema” ne la sua ‘Storia della letteratura italiana’ editata fra il 1772 e il 1781 e formata da ben nove volumi. Nel 1852 viene stampato un volume a Milano dal titolo ‘Lombardia descritta’ ove l’autore Massimo Fabi scrive che la Dama con l’Ermellino era cremasca. In attesa di certezze definitive, a noi piace pensare che la celeberrima ma…dama vivesse in riva al Serio con o senza l’ermellino.
La corte sforzesca
Che la corte sforzesca pullulasse di cremaschi è ormai cosa certa e acclamata, ma che anche le cremasche sgomitassero fra una moltitudine di femme fatale trastullanti le lunghe notti insonni del Moro, c’era sinceramente sfuggito. I loro nomi: Cecilia e Lucrezia, le superfavorite. Anche Lucrezia Crivelli fu ritratta da Lionardo, oggi la sua tela è esposta al Louvre ed anch’essa ha il suo bel ridondante nomignolo: la bella Ferronière, l’esuberante. Colà siamo certi che le due cremasche partecipassero a cene assolutamente eleganti, del resto non è lo scopo delle nostre ricerche di svelare le vere verità delle debolezze delle carni sforzesche e/o spazzare i venticelli calunniosi che spiravano pungenti in questi tempi antichi fra le segrete stanze, in questo caso del castello Sforzesco.
Il matrimonio col conte Bergamini
Cecilia venne accolta a corte dal 1482 sino a circa il 1500. Per onor di verità non è certa né la data né il luogo di nascita; è certo però che fosse una nobildonna afferente a un ceppo bergamasco. Si sposò prestissimo con un nobile cremasco, il conte Bergamini alias Lodovico Bergamino, ultimo discendente di quella stirpe la cui dimora era allocata nei pressi di Porta Ripalta. Come scriveva Flaubert: “l’arte è la più sublime delle menzogne”, noi ci adeguiamo annotando il suo curriculum vitae artistico. La dama con – o senza - l’ermellino aveva una passio per la letteratura ed il suo salotto era ben frequentato, anche quando fu allontanata da Milano e dal Moro; fu naturalmente la moglie del Moro Beatrice d’Este a dare l’aut aut: o io o lei.
Gli amici artisti
Cecilia con somma leggiadria latineggiava richiamando gli stilnovisti. Fra i suoi amici artisti ne citiamo uno, il vescovo di Agen, al secolo Matteo Bandello suo confidente personale, nonché celebrato novelliere che la portò come esempio in ben quattro novelle. Nella diciannovesima la cita: “come posso tacere la moderna Saffo, la signora Cecilia Gallerana contessa Bergamina che oltre la lingua latina, così leggiadramente versi in idioma compone”. Nella terza novella la indica quale “gran lume della lingua italiana”. Parrebbe a noi bastevole (sic!) sennonché venne anche indicata come sontuosa sonatrice di violino. Cecilia era in amicizia confidenziale con Isabella d’Este e con il celeberrimo buffone Mantovano Fia Serafino che dispensava i suoi frizzi e lazzi pieni di velenosissime verità facendo la spola fra le corti d’Urbino, Mantova e la Città Eterna.
Le dame di Crema
Ludovico fu benevolo con la sua adorata prima amante da cui ebbe un figlio, che chiamò Cesare, le donò il borgo di Saronno e parte del Palazzo dal Verme. Quando spirò la moglie, il Moro stesso riallacciò i rapporti con la sua ex preferita e le donò, fra le altre cose, una madonna dipinta da Leonardo. Il sommo pittore ritrasse la dama cremasca almeno due volte fra il 1480 e il 1493. Curiosamente riportiamo che il marito cremasco della dama con l’ermellino sposò in seconde nozze anche la seconda cortigiana del Moro, Lucrezia Crivelli, anche lei parrebbe una beltà nata intramoenia.. ah! non ci sono più gli ermellini di una volta a Crema, forse le dame...