17-04-2014 ore 13:31 | Cultura - Storia
di Luigi Dossena

Historia et Imago Cremae. Francesco Bernardino Visconti, l’Innominato metà cremasco e metà bergamasco

Alessandro Manzoni scrive il suo capolavoro portando il castello in Valsassina, e ti credo… vuoi vedere la magia di una dama rapita fra le cime dei monti e i riverberi delle scintillanti acque del Lago di Como.

 

Quel ramo del Lago Gerundo

Che vuoi che sia un rapimento di Lucia in mezzo ad acque stagnanti e fanghiglie di quel ramo del Lago Gerundo? Lo spettacolo ha le sue esigenze, che diamine! Tafani, zanzare, bisce d’acqua etc, i rapimenti d’autore non si fanno in queste cornici.

 

Le origini

L’Innominato nascerebbe nel castello di Brignano Ghiara d’Adda il 16 Settembre 1579 da Giovan Battista Visconti e Paola Benzoni, nobildonna cremasca. Il suo nome era Francesco Bernardino Visconti, marchese. Aveva sei tra fratelli e sorelle, visse per qualche tempo a Milano, e a Crema, nel palazzo Benzoni. Bernardino con suo fratello maggiore Galeazzo Maria, ancora infanti, entrarono in collegio a Milano, ove vennero istruiti ed educati.

 

Il rapimento della madre

L’unico rapimento messo in atto e storicamente accertato sarebbe quello della madre Paola Benzoni, quando l’Innominato aveva 11 anni. Ecco i fatti: la contessa, vedova da otto anni, aveva già sofferto le licenziose amoralità del consorte, disordini morali di tipo familiare, avendo avuto tre figli naturali, e finanziario, era un giocatore d’azzardo. Alla fine si era ritirata in campagna, a Bagnolo Cremasco… ove aveva dei possedimenti? O a Crema, nel Palazzo Avito. Una solitudine insopportabile. E lì pensava ad un nuovo matrimonio. Nel 1590, alla vigilia del matrimonio con un nobile della Valcuvia, Cottino Cotta, nel castello di Brignano, Paola Benzoni venne rapita da Galeazzo Maria, quindicenne, Bernardino, undicenne, Benedetto Cagnola, e Sagramoro Visconti, nipote della rapita. Il tutto venne tenuto sotto traccia e messo a tacere, come fosse stata una ragazzata da punire con una leggera reprimenda, dato il lignaggio dei discoli.

 

Esilio da Crema e cremasco

Nel 1593, a Bagnolo Cremasco venne fatta una bravata dall’Innominato quattordicenne. Erano ventisette bravi, armati di archibugi, entrarono nella casa di tale Schiavino, forzando la porta e scalando le finestre. Assalirono il malcapitato devastando l’abitazione, ammazzando i polli e operando molti altri atti disonesti che per modestia tacemo. Ancor’oggi a Bagnolo esiste la casa dei bravi. Il 22 dicembre del 1593 il consiglio dei Dieci di Crema condannò al bando dalla città e dal territorio cremasco per tre anni l’Innominato e i suoi sodali.

 

Folgorato nella chiesa del trevigliasco

Nel 1596 le strade dei due fratelli si divisero, l’Innominato aveva 17 anni e andò a vivere nella in una cascina chiamata Sangiorgino. Nell’agosto del 1597 fu commesso un omicidio, la documentazione, pur corposa, è ambigua e non chiarisce i fatti; pare che a quel primo omicidio possa esserne seguito un secondo nel 1599. Dopo aver passato una vita scellerata, a Treviglio nel 1619 incontrò il cardinal Federico Borromeo , per due ore il cardinale rimane con Bernardino Visconti. Si dice che Federico gli andò incontro con il volto sereno, trasparente di premure e con le braccia aperte, fece cenno al cappellano di uscire e rimasero a lungo in silenzio, non trovavano le parole, probabilmente non le cercavano.

 

Gli ultimi anni tra i Sabbioni e Bagnolo Cremasco

Sin quando Bernardino alzò gli occhi incrociando lo sguardo del cardinale, non erano più gli occhi del masnadiero: fu folgorato e convertito in una chiesa del trevigliasco. Gli ultimi anni della sua esistenza li passò pregando nei conventi cremaschi, fra i quali, come cita monsignor Angelo Zavaglio, nel convento dei Cappuccini dei Sabbioni. Morì presumibilmente nel 1647, all’età di 68 anni. Fonti: mons. Cesare Donini Sull’Innominato, 1937.

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