17-03-2023 ore 11:15 | Cultura - Storia
di Paolo Emilio Solzi

Il Canto degli Italiani, 170 anni per diventare l’inno ufficiale della Repubblica italiana

Il libricino Goffredo Mameli. Fratelli d’Italia (Garzanti, 2021) di Stefano Pivato racconta le peripezie del Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Fratelli d’Italia. Il testo è opera di Goffredo Mameli, poeta nato a Genova nel 1827 (e morto a soli 21 anni) che grazie a Nino Bixio, affiliato alla Giovine Italia, si avvicina agli ideali repubblicano-massonici di Giuseppe Mazzini. È genovese anche l’autore della musica, Michele Novaro, convinto liberale e “talentuoso compositore di inni patriottici”. Il momento della prima stesura è incerto, ma “la seconda versione dell’inno, quella definitiva, reca la data del 10 novembre 1847”. Il Canto degli Italiani inizia a circolare a dicembre stampato su fogli volanti. Negli anni seguenti sarà cantato durante le Cinque Giornate di Milano, le guerre d’indipendenza e la Spedizione dei Mille, benché sia meno popolare di Garibaldi Fu Ferito, La Bandiera dei Tre Colori o La Bella Gigogin.

 

Dal Regno d’Italia al fascismo

Con la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, la pomposa Marcia Reale di Giuseppe Gabetti diventa l’inno nazionale. I versi di Mameli ricordano troppo La Marsigliese, che “evoca la decapitazione di teste coronate” e la caduta dell’Ancien Régime. La nascita di Fratelli d’Italia in ambienti antimonarchici esclude l’inno dall’ufficialità sabauda. I repubblicani vanno a suonarlo all’estero: nel 1862 Giuseppe Verdi compone, per l’Esposizione Universale di Londra, l’Inno delle Nazioni assemblando La Marsigliese, God Save The King e Il Canto degli Italiani. Nel 1921 il giornale L’Ordine Nuovo di Antonio Gramsci pubblica una parodia dell’inno di Mameli che chiama “alla riscossa delle masse proletarie [e] alla difesa contro il fascismo”.

 

Il Ventennio fascista

Durante il Ventennio “la Marcia Reale continua a rappresentare ufficialmente l’Italia”, affiancata da Giovinezza, inno trionfale del partito fascista. Le canzoni degli anni Trenta (Faccetta Nera, Africanina, Le Carovane del Tigrai, Sul Lago Tana) richiamano i fasti della Roma imperiale per celebrare la conquista delle colonie e propagandano la guerra in Etiopia come missione civilizzatrice. Niente di più lontano dalla Roma repubblicana di Mameli. “Se per l’autore di Fratelli d’Italia l’invocazione alla Città Eterna [significava la] fine dell’oppressione straniera e del potere temporale dei papi, per il fascismo Roma [rappresentava] la sottomissione di altri popoli al suo potere”. Poiché il fascismo proibisce l’esecuzione di brani estranei al suo repertorio, Fratelli d’Italia è di fatto bandito, né potrebbe essere altrimenti in un regime alleato con i Savoia e il Vaticano.

 

Dalla Resistenza alla Repubblica

Alcuni vedono la Resistenza come un secondo Risorgimento che scaccerà l’invasore tedesco: l’inno di Mameli entra così nei canzonieri della lotta partigiana. Dopo l’8 settembre 1943 il governo Badoglio “decide di adottare come inno nazionale La Canzone del Piave, per marcare la discontinuità con la monarchia. Tuttavia, quando nel […] 1944 il re torna nella capitale, viene ripristinata la Marcia Reale”, che resta l’inno italiano fino all’esilio di Umberto II di Savoia dopo il referendum del 2 giugno 1946 e la vittoria della Repubblica. Quell’anno Il Canto degli Italiani è provvisoriamente elevato ad inno nazionale, anche se molti preferirebbero l’Inno di Garibaldi scritto da Luigi Mercantini, il poeta della Spigolatrice di Sapri.

 

Un testo criptico e storpiato

La difficoltà linguistica e gli aulicismi dell’inno di Mameli, denso di riferimenti storici e letterari, non hanno favorito la sua diffusione. Pochi hanno dimestichezza con il testo. Carlo Pestelli fa l’esempio dei calciatori che “per facilitarsi la vita modificano ‘stringiamci a coorte’ con ‘stringiamoci a corte’: in tal modo sollecitandoci, più che a unirci per combattere, a un abbraccio in cortile” o in una reggia. Gli atleti però hanno contribuito alla popolarità di Fratelli d’Italia: “l’azzurro dello sport costituisce un non secondario fattore di coesione […]. Quello sportivo è anzi considerato l’ambito civile nel quale l’orgoglio nazionale si è sempre espresso senza riserve”.

 

La proclamazione ufficiale

Il patriottico Carlo Azeglio Ciampi, decimo presidente della Repubblica, rilancia l’inno di Mameli esortando a cantarlo in ogni occasione e dichiara: “quando lo ascolti sull’attenti, ti fa vibrare dentro; è un canto di libertà di un popolo che, unito, risorge dopo secoli di divisioni, di umiliazioni”. Altra tappa essenziale per l’affermazione di Fratelli d’Italia sono le celebrazioni del 2011 per i 150 anni dell’unità d’Italia: il 17 febbraio Roberto Benigni, sventolando il Tricolore, sale sul palco del Festival di Sanremo sopra un cavallo bianco e affascina milioni di telespettatori per 40 minuti con una lezione sul Canto degli Italiani. Il carattere provvisorio attribuito all’inno di Mameli nel 1946 scompare il 4 dicembre 2017 con la pubblicazione della legge n.181, sotto il governo di Paolo Gentiloni. Così, 170 anni dopo la sua composizione, Il Canto degli Italiani diventa ufficialmente l’inno nazionale della Repubblica italiana. L’Italia s’è desta!

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