16-11-2014 ore 15:47 | Cultura - Storia
di Luigi Dossena

Historia et imago Cremae. Il cremasco al tempo dell'Antica Roma: dalla lex iulia municipalis ai possessores dei latifundia

Conquistando Milano all’inizio del III sec a.C., Roma è ormai padrona della Transpadanja. Per tutto il I secolo a.C. quei popoli cercarono l’uguaglianza giuridica con il resto del Belpaese. Nell’89 a.C. in piena lex pompeia de Gallia Citeriore, i barbari de’ casa nostra ottennero la concessione del diritto latino e vennero loro concesse le terre antecedentemente confiscate, queste furono bonificate e suddivise per la coltivazione intensiva. Il territorio bergamasco, in cui Crema era inclusa, ottiene la prima centuriazione con confine ai margini della prima linea dei fontanili.

 

Le prime lex
Nel 49 a.C. vennero imposte due lex: la lex roscia e la lex rubria e i cremaschi ottennero anche la parità politica e giuridica. Nel 45 a.C. è promulgata la lex iulia municipalis e le sottomesse colonie nostrane furono legittimate al rango di municipia civicum romanorum. Ma fu nel 42 a.C. che l’intero territorio cisalpino poté definitivamente dichiararsi italiano a tutti gli effetti, togliendosi l’occhiuto e asfissiante regime militare probabilmente imposto da Silla Imperator.

 

La Basilica pagana di Vidolasco  (dipinto di Luigi Dossena)

Le ville rustiche
Nel territorio cremasco spuntarono come funghi edifici abitativi con scopi prettamente rurali ad uso di una sola famiglia, aventi un esiguo numero di locali ed adattate ad accogliere i raccolti circostanti. Parallelamente si insediò un’altra realtà abitativa: le ville rustiche che erano costruzioni più ariose costruite su uno spazio medio-grande, composte da vani multipli; all’esterno faceva da corona un cortile, praticamente una cascina ante litteram. La terza realtà abitativa si materializzò in una costruzione ben precisa, un quartier generale vero e proprio, realizzato in una elegante forma, ricco di elementi musivi, marmi e richiami all’opulenza delle domus capitoline, con sacello per la propria divinità da onorare.

 

La domus tra Casale e Camisano
A Casale Cremasco e Vidolasco vennero alla luce marmi di età imperiale. A Vidolasco fu rinvenuta una unicità per i nostri luoghi e per quei tempi (fra il I e il III sec a.C.): in centro, prospiciente la chiesa maggiore, posta su un decumano atto alla centuriazione si stagliava una superba domus cum sacellum et sepulcra monumentalis, in corrispondenza della via  che portava a Camisano. Questo complesso era assai più imponente della villa tardo antica presente nell’area archeologica di Palazzo Pignano.

 

I latifundia
Fra il III e il IV sec d.C. i dominus locali erano chiamati possessores, veri e propri latifondisti che governavano i latifundia. Aggiungendo ai meri contadini anco gli artigiani, si affacciò per la prima volta una sorta di commercio per le esigenze locali, non più solo roma-centrico; è solo nel periodo chiamato tardo antico però che il territorio cremasco venne intensamente popolato. Nel 1970 da un arco medievale spuntò una testa in marmo risalente al periodo imperiale… chissà quanti di quei resti romani sono stati riutilizzati per costruzioni di stalle, casamenti, cascinali e quanto  marmo è stato la base per la calcina.

 

Gli abitanti dei dossi
Quello era il tempo del cosiddetto cremasco antico romanizzato con epicentro Forum Iutuntorum (Crema) citato da Tolomeo posto a sinistra del fiume Serio. Era realtà abitativa sorta 1000 anni innanzi alla fondazione di Crema . A quel tempo gli Insubri erano stati affiancati dai Cenomani il cui nome indica 'abitanti dei dossi' che si innalzavano dalle acque lacustri e palustri.

 

Spirito bellicoso
Ma questa era la seconda realtà abitativa, prima ancora, fra 300 e 400 anni prima, vi era un altro foro, il foro dei Giugunti, popolo nettamente in contrapposizione ai romani, contrariamente ai Cenomani, loro alleati. Roma aveva ben compreso lo spirito bellicoso e libero dei Giugunti, tant’è che Annibale nella discesa delle Alpi verso l'Urbe evitò di entrare nei nostri territori, anche perché i famosi elefanti fra le paludi si sarebbero trovati a mal partito. Fonti : AA VV Cremona-L’Età Antica. Don Angelo Aschedamini, Cremasco Antico, volume I,II, III.

1958