“A volte sorridi, a volte è più dura”. Lo striscione campeggia nello spazio di CremArena impresso con i colori dell'Atalanta. Lì c'è Stefano Cerullo. C'è in quelle parole, nella forza gentile che rievocano. Nel silenzio di chi osserva la sfilza di sciarpe e cimeli di vario tipo esposti nelle sale Agello in occasione della mostra a lui dedicata. C'è in ogni centimetro di quegli oggetti che erano “il suo museo”, racchiuso in una stanza. Riflesso di una passione che fa battere il cuore. Ogni attimo un po' di più. Oggi ancor di più. “Abbiamo allestito la mostra secondo un criterio cronologico, portando a compimento un grande desiderio di Stefano. Appena prendeva confidenza con una persona, spalancava le porte di queste collezioni. Forse per raccontare chi era, chi in un certo senso il calcio lo aveva fatto diventare” racconta Fabio Verdelli.
Passione di una vita
C'è poco da girarci intorno “il calcio era la sua vita”. Da sempre. Dalle prime partite in strada con gli amici negli anni '90. E forse ancor prima, quando quell'amore correva sulle gambe di papà Vito o sui volti affaticati ma contenti dei calciatori 'scolpiti' sugli album delle figurine Panini. Poi c'era lui, il vikingo, noto ai più come Glenn Stromberg, il suo idolo. Da osannare, collezionare con dovizia. L'unico con la chioma bionda “della signora Rosa, collega d'ufficio della mamma” e il talento dei big. Fino allo stadio di Bergamo con papà Vito, il momento che segna l'inizio dell'amore di sempre. “Si faceva fotografare negli stadi di tutto il mondo”. Respirava la competizione, Stefano. Prima ancora la fede per il calcio. E il rispetto per gli altri.
Amore in circolo
Lo donava. “E trasmetteva a tutti lealtà e amicizia semplicemente con l'esempio. Dove c'era Stefano c'era aggregazione, c'era amicizia, c'era buonumore”. Si respirava vita. “Ecco perché vogliamo tenere vivo il suo ricordo, attraverso l'associazione che porta il suo nome. In questa due giorni di festa ci hanno raggiunto amici dall'Inghilterra, da Napoli, da Roma, da tutta Italia. Perchè Stefano era così: legava con tutti, anche con tifoserie così distanti tra loro”. Incarnava i valori più alti del fare sport “a ogni livello. A partire da Crema e da San Carlo, il suo quartiere. Lì, dove seminava sorrisi tra i colori della sua squadra. E poi il Pergo, la squadra di Crema, dove giocava il padre, Vito.
Dietro le quinte
In una vetrinetta vengono raccolte alcune lettere. “Le scriveva ai giovani di tutta Italia, manteneva una corrispondenza. Come si faceva una volta. Non come si fa ora coi social. Stefano era diverso. Non voleva apparire, preferiva stare dietro alle quinte e lì tessere legami”. Con precisione, con cura. Con le parole, pensate, studiate e poi scritte. Nero su bianco. Ché l'amore per gli altri non dura il tempo di un post. Non passa di moda. Resta, resiste. Anche alla morte. “Resta oggi anche la volontà di fare del bene, come lo facevamo insieme. Con i pranzi di Natale donati ai meno abbienti o i giochi donati agli ospedali pediatrici”. Resta, oggi, quell'amore silenzioso che cambia la vita degli altri.
Il ricordo vive
Resta, oggi, quell'amore colorato raccontato dalle sciarpe e dalle bandiere appese in sala Agello, anche in lingue diverse dalla nostra. “Era un amante dell'Inghilterra: dalla musica al calcio”. Una bandiera ci porta là in un balzo. “Uno scrittore inglese ci ha raggiunto per i concerti di questa e della prossima sera”. Al centro di una delle sale un tavolo da subbuteo. Due bambine si cimentano. “Stasera – ci dice Fabio – si torna a giocare, in occasione del primo memorial”. Poi alle ore 21 spazio alla musica dei The nuclears e domani degli Statuto. La festa si riaccende. E Stefano vive. I suoi amici si radunano per uno scatto. Poi è tempo di tornare al lavoro, perchè tutto per questa sera sia perfetto. “Tutto questa passione non può spegnersi”. Passione di calcio, di musica. Di vita. Anche se “a volte sorridi, a volte è più dura”.