15-12-2014 ore 21:04 | Cultura - Storia
di Luigi Dossena

Historia et imago Cremae. La culla del cristianesimo di Palazzo Pignano e l’inizio dell’evangelizzazione del cremasco

Nel giugno del 1963 vennero alla luce in tutta la loro bellezza i resti della basilica paleocristiana, durante gli scavi dovuti al restauro della Pieve: sono i resti datati ai primi decenni del V secolo dopo Cristo. La pianta circolare richiamava il Pantheon della Città Eterna, ma anche altre due costruzioni riferibili all’età paleocristiana avrebbero ispirato la nostra ex basilica: quelle di Santo Stefano Rotondo e di Santa Costanza.

 

Le leggende del Tormo

I ruderi di Palazzo Pignano ne fanno culla del cristianesimo nei nostri territori, ma ben prima di questa scoperta, come riferisce Pietro da Terno e don Coti Zelati, era il centro di curiose notizie e leggende. La più eclatante richiama addirittura Enea: dopo che il troiano uccise Turno, un nipote di quest’ultimo, datosi alla fuga, si rifugiò in riva al fiume Tormo e lì fondò una citade e le diede il nome del suo antenato, chiamandola ben appunto Turna e parimenti così chiamò il fiume che scorreva lì appresso, il Tormo. La leggenda continua poi raccontando che Parassio, un troiano, distrusse l’insediamento et edificò una nuova città che prese il nome di Parassio parrebbe queste l’ennesima sesquipedale fandonia che noi sorridendo annotiamo.

 

Il ritrovamento del 1910

Furono questi i fatti di 3000 anni fa, cioè il tempo in cui fra le paludi e le terre emerse vivevano su delle palafitte i Liguri, gli Umbri, gli Etruschi etc… et chiano chiano giungiamo al secolo VI a.C.; il tempo in cui i primi Galli giungevano a folate dalle Gallie (la Francia). A Palazzo Pignano venne ritrovata nel 1910 una tomba, un’urna cineraria che indicherebbe il III sec a.C. con annessa moneta d’argento.

 

Il fundus

Verso la fine del III a.C., le prime avanguardie romane giunsero da noi e così Palazzo Pignano divenne un fundus, ergo un podere rustico afferente alla XI regione Augusta, praticamente un’immensa fattoria punteggiata da granai ed edifici, atti a ricevere le derrate alimentari che il territorio dava. Accanto ai tuguri e le capannucce ove gli schiavi di Roma lavoravano nei campi, vi erano le proprietà della famiglia romana e patrizia dei Pinnius o Pinianus, membri della gens Pinnia, lungo tutta l’epopea dell’età repubblicana, sino alla fine dell’età imperiale.

 

Gli scavi della villa romana

Ebbene, durante gli scavi del 1954 , 1963, 1965 vennero alla luce i resti di una villa romana del cosiddetto tardo romano con riscaldamento ad aria calda, sia a parete, sia a pavimento con sontuosi mosaici intorno a un grande portico ottagonale selciato con piastrelle in marmo di Verona, delimitate da un arioso cortile infiocchettato da un maestoso colonnato cum giardino. Roba sciccosa anche per i nostri tempi post moderni.

 

La spada di Cremete (dipinto di Luigi Dossena)

La gens Pinnia

Naturalmente tutto questo paradiso terrestre era a disposizione per i romani de Roma, non certo per i cremaschi, e tutto ciò durò sino alla prima metà del V sec, allorché il fundus divenne un centro raffinato punteggiato da dimore patrizie e un tempio dedicato alla religione cristiana. Esse parrebbero essere state volute da un alto diplomatico della corte imperiale insediata a Milano fra il 285 e il 304, proprio appartenente alla gens Pinnia, il quale realizzò il suo desiderio di edificare sulle sue terre delle residenze estive; un fuoriporta ante litteram per sé e per la sua corte.

 

L’inizio dell’evangelizzazione

Ricapitolando, Palazzo Pignano è un centro ove a partire dal 450 d.C. si irradiò l’evangelizzazione. Annotiamo inoltre che il cristianesimo è religio di stato sino al V sec solo nelle città: solamente in epoca più tarda attecchì anche nelle campagne, ove le genti fedelissime alle proprie credenze mantennero ostinatamente le proprie divinità e superstizioni, volgarmente chiamate pagane. Infatti i rustici agricoltori proprio in quei tempi erano noti con l’appellativo di pagani , ovvero abitanti del pagus, perciò nei villaggi, nei borghi, nei paesi erano meramente degli adoratori di idoli.

 

La basilica paleocristiana

Ciò che resta della basilica fu ritrovata nel 1963 quando spuntò della malta rosa e una serie di strutture fatte con ciottoli di fiume e parti di mattoni posti quali opus spicatum (a spina di pesce). Venne inoltre alla luce un pavimento in coccio pesto e resti di decori musivi, ivi le rimanenze di una cattedra episcopale con il luogo esatto del sedile, del poggiapiedi e dei gradini in marmo posti all’interno di una piccola abside. Fu una sorpresa che mozzò il fiato ai presenti, il resto del sacro tempio emerse nel corso dei seguenti anni: habemus basilica circolare. Fonti : don Luigi coti Zelati, Palazzo Pignano La Pieve Antica.

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