15-11-2024 ore 20:12 | Cultura - Teatro
di Annamaria Carioni

Tre date sold out al Ponchielli per Teresa Mannino: è lei il giaguaro che ti guarda storto

Il teatro Ponchielli fa centro con tre serate sold out, all'interno di una ricca stagione di variopinte proposte: il 12, il 13 ed il 14 novembre 2024 Teresa Mannino chiama a raccolta a Cremona il suo pubblico, che accorre generoso ed entusiasta alla centonovantunesima replica dello spettacolo “Il giaguaro mi guarda storto”, decretandone lo strepitoso successo, come già era accaduto con la precedente tournée precovid “Sento la terra girare”.

 

Di nuovo sul palco
Il sipario, che si apre in un boato di applausi, mostra l'attrice palermitana appollaiata su una bianca palla gigante, circondata da altrettante sfere, di diverse misure, sospese o posate sul palco. “Come state?” Basta questa semplice domanda, lanciata a voce alta sulla platea, per conquistare l'adesione del pubblico, dando inizio ad un dialogo che perdura per tutta la serata. “Da dove venite?” La Mannino ha il potere di far ridere anche solo con uno sguardo o pronunciando tre parole con il suo inconfondibile accento “terrone”. Tra le risate e lo stupore generale i presenti scoprono che poltrone e palchi sono occupate da numerosi cremonesi, ma anche da chi arriva dalla Sicilia, se non addirittura dal Belgio e dalla Colombia. 

 

Il teatro è il luogo della libertà
A tutti la frizzante siciliana, in camicia bianca, tuta smanicata nera e calze gialle antiscivolo, ricorda che “il teatro è il luogo della libertà” e invita i presenti a godersi lo spettacolo, a fare amicizia, anche a dormire, perché no. Si dice felice di essere di nuovo sui palcoscenici di tutta Italia, dopo il fatale 23 febbraio 2020, giorno in cui è davvero arrivata la fine del mondo, immagine con cui si concludeva proprio il suo precedente spettacolo “Sento la terra girare”. E' un momento accorato il ricordo dell'inizio della pandemia, che viene però accantonato per essere ripreso solo a fine serata. Inizia così una cavalcata verosimilmente autobiografica, dove poco importa sapere se gli aneddoti narrati con verve ed ironia siano reali o inventati: ciò che conta è saper ridere delle proprie e delle altrui fragilità, innescando un inesorabile confronto tra ieri e oggi e tra le generazioni.

 

La bambina Teresa
“Da piccola il mio più grande desiderio era iscrivermi al C.A.S., si chiama così, che ridete? Il Club Alpino Siciliano... Esiste, esiste... Venite a sciare sull'Etna, perché noi in Sicilia abbiamo tutto, tranne le cose fondamentali”. Parte così il racconto esilarante di un'infanzia vissuta in altri tempi, tra una frase dell'istrionica comica e mille risate dei presenti, un'altra frase ed altre mille risate: ormai il pubblico è stabilmente ingaggiato quale comprimario dello show e la cabarettista non si fa scrupolo di tartassarlo, come accade al povero signor Andrea di Verona, che deve provare a tradurre una frase in dialetto siciliano stretto, su invito perentorio della maestra Teresa, pronta a spedire chi suggerisce dal preside.

 

La chianciulina
Il racconto divertito e divertente di vicende personali riempie la parte centrale dello spettacolo: apprendiamo che la piccola Teresa soffre di chinetosi e durante le gite, con il sacchetto di carta in mano e un limone da leccare antivomito, non può che conversare con l'autista, che però non risponde perché è vietato parlare al conducente. Impariamo anche che lei è una piagnucolosa “una chianciulina, che vorresti regalare agli zii o dimenticare al supermercato” e gli occhi forse non lacrimano solo per le risate, ma anche per la tenerezza che quelle immagini suscitano e ognuno rivede se stesso piccolino, con le sue paure e le sue fragilità. Del resto, questo è il potere della comicità: mette a nudo le parti più profonde, irrisolte e lo fa raggirando la razionalità, passando direttamente dal cuore.

 

Adolescenza vs. menopausa
Teresa Mannino è un fiume di parole, infaticabile, esagitata, irriverente: con un ritmo sapiente e una tecnica teatrale perfetta non perde mai di vista il suo pubblico e lo fa cantare per rivitalizzarlo, prima di attaccare con la seconda parte dello spettacolo, dedicata al confronto intergenerazionale tra genitori e figli di ieri e di oggi.  “I nostri figli sono sorvegliati speciali grazie alle app, ma stiamo perdendo l'istinto animale delle nostre mamme. Loro erano come il lupo della tundra: ti annusavano e capivano tutto e se non confessavi, mamma obbligava papà a rimproverarti. Quello si che era il parental control, altro che app”. L'attrice prosegue decisa su questi temi: figli piccoli trattati come una challenge su TikTok, figlie adolescenti in lotta con madri in menopausa, in fondo più simili che diverse in quanto entrambe ugualmente fragili con gli “ormoni sfasati”, padri inesistenti che, se e quando compaiono nei disegni, sono ritratti sotto forma di pozzanghere. “Ai nostri figli non diamo più la possibilità di sbagliare”.

 

Desideri artificiali
L'ultima direttrice, che attraversa lo spettacolo, è quella che parla di desideri. “Ci sono desideri che non desideriamo e lo sanno benissimo le commesse, che tentano di venderci quattro mutande al prezzo di tre, ma non sanno dirti quanto costa una mutanda sola, ci sono desideri che abbiamo e non sappiamo di avere, anzi non sappiamo più nemmeno che cosa desideriamo per noi e per i nostri figli”. La Mannino torna al ricordo della pandemia, affermando che da allora il desiderio per un po' è sparito nel mondo: “Non potevamo fare nulla, quindi i desideri avrebbero dovuto aumentare e invece sono stati spazzati via dalla paura”. Poi cita la frase di Adolfo Hitler “I mezzi capaci di avere la meglio sulla ragione sono il terrore e la forza”. 

 

Lo stupore è la porta del desiderio
“La pandemia ha avvolto la totalità del popolo. Questa parola ci ha precluso la speranza, però la paura ci ha fatto anche qualche piccolo regalo: eliminato il flauto dolce dalle scuole in quanto arma di distruzione di massa per lo sputazzo”. Così, dopo un momento accorato, di denuncia e di speranza, si torna a ridere di gusto e si traghetta nell'ultima parte dello spettacolo, in cui la “pillicusa”, cioè la puntigliosa cabarettista riprende nuovamente il pubblico, dicendo “Se uno parte con l'applauso, non fategli fare una figura di merda, seguitelo” e finalmente si arriva a comprendere che cosa c'entri il giaguaro. 

 

L'animale umano
“Sapete che condividiamo il cinquanta per cento del patrimonio genetico con le banane? Per questo diciamo che ci siamo sbucciati le ginocchia”. In uno spettacolo, in cui vengono evocati animali strani, come i babbuini, che per salutarsi si stringono il pene o le formiche tagliafoglie, che vivono in enormi formicai, hanno un sistema agricolo, in cui coltivano funghi da cinquanta milioni di anni e compito dei maschi è accoppiarsi e morire “così non ci sono problemi a gestire gli ex”, la presunzione degli animali umani non ha limiti. Allora forse il giaguaro, che ti guarda storto è proprio la Mannino, con quei suoi occhi allampanati, che ti cercano e non ti danno scampo: la guardi e ridi, perché le sue espressioni accompagnano e completano le parole, gli scarti di senso, i giochi ironici di ribaltamento dei significati. Si muove sul palco come un istrionico felino: corre, saltella, si va ad appollaiare, si mette in agguato e ti fa un assalto comico, a cui non puoi resistere. E ti scava dentro con una risata.

 

Distanza e attesa
“ Lo spettacolo è finito, ma io faccio fatica a staccarmi da voi”. La serata volge al termine, dopo un'ora e mezza ininterrotta di parole, sguardi e risate condivisi. Augurando a tutti di poter tornare a desiderare, l'attrice, più volte testimonial di Emergency, impegnata nella lotta ai pregiudizi sui migranti, ricorda che nel foyer sono presenti tre volontarie dell'Associazione, che promuove cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani. Tra gli applausi convinti e fragorosi del nutrito pubblico, il sipario si chiude e si accendono le luci in sala. Si esce nell'aria frizzante della notte novembrina. La luna splende luminosa nel cielo. Non si può sottrarsi dal guardare le stelle e pensare per un attimo che i desideri hanno la stessa radice.

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