Gino Strada, militante, medico, uomo dai valori radicati, nelle poche pagine di Una Persona alla Volta racconta il suo viaggio per migliaia di chilometri attraverso Paesi lontanissimi, ma anche quello attraverso la nostra coscienza. Un libro scritto durante un lungo percorso ancora non terminato, ma che ad ogni svolta ha fatto nascere riflessioni e domande. Niente di filosofico, pura umanità.
Tutti devono avere il diritto di curarsi
Nella sua carriera di medico, Strada si è subito trovato davanti una grande differenza tra i suoi pazienti: chi poteva pagare, ricevendo così cure migliori, e chi non era in grado di affrontare le spese per curarsi, vedendosi negato un diritto fondamentale. Da qui l’idea, la necessità di creare una realtà sanitaria che non metta al primo posto il profitto, ma gli individui, che non faccia discriminazioni ma sia inclusiva e d’eccellenza per chiunque abbia bisogno. Da qui Emergency. Nata quasi per caso, ma voluta con forza. Dall’inizio ha sempre visto nelle sue file persone con tanta voglia di mettersi in gioco, di partire, di portare nel mondo quella sanità che dovrebbe essere un diritto di tutti e che troppe volte è un privilegio di pochi.
Nascita, diffusione e battaglie di Emergency
Dalla sua nascita, il 15 maggio 1994, in 29 anni Emergency si è evoluta, ampliando il suo raggio d’azione. Dalla chirurgia di guerra e la cura delle vittime delle mine antiuomo a Kabul, al Centro di Riabilitazione per le stesse in Iraq, dai centri pediatrici in Sierra Leone e Repubblica Centrafricana al più ambizioso dei progetti di Emergency, il Salam Center, centro di cardiochirurgia in Sudan. Fino alle battaglie. Quella contro le mine antiuomo è iniziata nel 1994 e ha portato alla legge 374 del 1997 (Norme per la messa al bando delle mine antiuomo). Da chirurgo di guerra Gino ha toccato con mano i danni delle mine, ha operato le vittime, ma da studioso di medicina sapeva che era necessaria una “prevenzione primaria”: era necessario impedire alle mine antiuomo di esistere.
Chi ha bisogno va aiutato in ogni parte del mondo
Gino Strada ha iniziato il suo viaggio in Pakistan con la Croce Rossa Internazionale, poi Kabul, Perù, Somalia, Bosnia, Etiopia. Ha creato Emergency e portato la sua idea di sanità in Afghanistan, Iraq, Cambogia, Sierra Leone, Sudan. E in Italia che, anche senza mine sotterrate e cecchini sui tetti, è teatro di un’altra guerra, quella contro i poveri. Persone che si trovano senza lavoro e di conseguenza senza diritti, impossibilitate a curarsi. Questo cozza con l’idea “di curare tutti, da esseri umani liberi e uguali”. Emergency non fa distinzioni. “Chi ha bisogno va aiutato” in Afghanistan come in Italia, spiega Strada. Dal 2006 il nostro Paese ha visto nascere sul suo territorio poliambulatori e viaggiare sulle sue strade ambulatori mobili con il simbolo di Emergency. Serve anche qui, perché non vedere riconosciuti dei diritti fondamentali non è accettabile da nessuna parte.
Emergency in Italia durante la pandemia
Con la pandemia di Covid-19 la sanità italiana si è trovata davanti una sfida che l’ha messa in ginocchio per mesi. Ospedali al collasso, DPI introvabili, personale sanitario impreparato e un piano di emergenza obsoleto. La Regione Lombardia (medaglia d’oro della privatizzazione della sanità) ha lanciato un appello d’aiuto alle tanto disprezzate e infangate ONG. Emergency ha risposto prontamente, forte dell’esperienza dell’epidemia di Ebola nel 2013: dall’apertura della terapia intensiva a Bergamo alla consegna dei beni di prima necessità a Milano, fino al sostegno nei centri di accoglienza e ai dormitori per senzatetto. Stesso impegno, stessa professionalità, in Italia come in qualsiasi altro Paese.
L’utopia di Gino Strada: abolire tutte le guerre
Gino Strada non era un santo o un supereroe. Era un uomo con degli obiettivi: il diritto universale alla salute e l’abolizione della guerra. Albert Einstein sosteneva che “la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”. Bisogna rinunciare allo strumento che, dopo il 1945, l’uomo ha utilizzato ben 265 volte. Tanti sono i conflitti internazionali e interni con una percentuale di vittime civili che ormai ha raggiunto il 90%. Nove vittime di guerra su dieci non hanno mai toccato un’arma, eppure paradossalmente sono più a rischio loro che i soldati al fronte. Allora perché continuare a usare qualcosa che si sa già che non funziona e non può funzionare? “Perché la guerra c’è sempre stata”, risponderà qualcuno, ma questo non significa che sia inevitabile. Utopia? E perché no? In fondo l’utopia non è altro che “il nome di desideri, idee e progetti che possono diventare realtà”, scrive Gino. Due secoli fa era utopia l’abolizione della schiavitù, 60 anni fa negli Stati Uniti era utopia pensare di eliminare la segregazione razziale. Eppure questi risultati sono stati raggiunti. Perché non anche l’abolizione della guerra? I proventi di Una Persona alla Volta, libro postumo di Strada, sono devoluti ad Emergency.