15-04-2023 ore 16:41 | Cultura - Libri
di Paolo Emilio Solzi

Franco Cardini e Ken Follett, i libri di due scrittori per celebrare Notre-Dame e l’Europa

Il 15 aprile 2019 lo storico fiorentino Franco Cardini era a Parigi e, in veste di flâneur, fu testimone oculare dell’incendio scoppiato a Notre-Dame. Non solo i francesi ma tutti gli europei erano sgomenti come gli americani l’11 settembre 2001. Il momento più drammatico per i telespettatori fu quando la Flèche (la guglia alta 90 metri) crollò tra le fiamme, distruggendo il tetto della navata centrale. Dopo la catastrofe Cardini scriveva Notre-Dame. Il cuore di luce dell’Europa (Solferino, 2020), un libro ricco di appassionato europeismo.

 

Una Bibbia di pietra con angeli e demoni

Nel 1163 il vescovo Maurice de Sully decise di erigere, al posto della vecchia cattedrale romanica (sorta sui resti di un tempio pagano dedicato a Iside), una chiesa più imponente in stile gotico con vetrate policrome e luminose, meravigliosi archi rampanti e spaventose garguglie. Notre-Dame fu completata nel 1250. Ancora oggi Emmanuel (la campana della torre sud) risuona in città con il suo potente Fa-diesis, annunciando eventi lieti o nefasti, come la fine di una guerra o la tragedia del World Trade Center. Notre-Dame è misterica, un libro di pietra, una Bibbia dei poveri che non sapevano leggere. Tutta la facciata “è un fremito d’ali. Gli angeli sono letteralmente di sentinella all’edificio”. Quelle statue, in piena luce, “ci confortano. Ma se vi tuffate nell’ombra profonda” della cattedrale, “è il popolo della notte a venirvi incontro: i rospi, le serpi, i pipistrelli e i rapaci notturni, signori del buio e compagni dei demoni; […] i mostri dal corpo semiferino e semiumano, le sirene, le arpie, le manticore, i basilischi”.

 

Il romanzo di Victor Hugo, il colpo di teatro gollista

La notorietà del monumento si deve soprattutto a Victor Hugo, che nel 1831 pubblicò Notre-Dame de Paris, un romanzo ambientato a Parigi nel 1482. La storia include un incendio che divampa proprio nella cattedrale: “più in alto del rosone centrale, c’era una gran fiamma che saliva tra i due campanili in un turbinio di scintille […]. Sopra la fiamma, le enormi torri […] erano rese ancora più grandi dall’immensità dell’ombra che proiettavano fin dentro il cielo. Le loro innumerevoli sculture di diavoli e draghi assumevano un aspetto sinistro. Il chiarore inquieto della fiamma le faceva oscillare allo sguardo. C’erano biscioni che parevano ridere, garguglie che sembrava di udir gagnolare”. Il successo dell’opera di Hugo attirò a Notre-Dame un fiume di pellegrini e la chiesa, all’epoca quasi in rovina, fu restaurata dall’architetto Eugène Viollet-le-Duc. Il 26 agosto 1944, quando Parigi fu liberata dai nazisti, il generale Charles de Gaulle, capo del governo provvisorio in esilio, guidò una parata lungo gli Champs-Élysées fino a Notre-Dame. Nel 1804 Napoleone si era auto-incoronato imperatore dei francesi nella cattedrale; de Gaulle sapeva che nello stesso luogo sarebbe riuscito ad imporsi come leader carismatico della nazione. Un colpo di teatro politico!

 

Da Parigi verso gli Stati Uniti d’Europa

Negli anni Cinquanta, Cardini visitò Vienna, Parigi e Madrid. Sembravano quartieri di un’unica megalopoli: “qualcosa legava fra loro quei tre Paesi tanto diversi”. Era “l’aspetto delle città, i palazzi, le chiese, i colori della pietra e del mattone, le voci, le musiche. Fu così che imparai ad amare l’Europa, sull’onda azzurro-stellata della sua bandiera e sulle note del suo inno, l’Ode alla Gioia di Schiller nella IX sinfonia di Beethoven”. Si parlava spesso di Europa unita “ed erano in molti a pensare […] che presto si sarebbe passati dall’unione economico-finanziaria a quella propriamente politica: gli Stati Uniti d’Europa […]. Era Europa l’ombra solenne e marmorea della tradizione architettonica ellenica, trionfante a Parigi come a Vienna, a Madrid come a Berlino e a Londra, quindi a Mosca e a San Pietroburgo; […] era Europa il mondo balto-scandinavo imbevuto di Germania e d’Olanda; era Europa quello slavo con […] i suoi volti così tedesco a Praga e così francese a Varsavia e a Bucarest; [erano] Europa perfino, oltreoceano, la planimetria londinese-dublinese di Boston e quella ellenico-anglomassonica di Washington, […] le ville in stile toscano o andaluso-moresco della California”; e, a Oriente, il Centre Notre-Dame di Gerusalemme, i severi palazzi neogotici di Sydney.

 

La Fenice europea risorge a Notre-Dame

Notre-Dame è Parigi e l’immaginario romantico della Ville Lumière (raffigurato da Woody Allen nel film Midnight in Paris) appartiene all’intero Occidente. Cosa sarebbe l’Europa senza la Francia? Per secoli l’Esagono ha guidato il cammino culturale della nostra civiltà: il medioevo “con le sue abbaziali, le sue cattedrali, le sue università, la sua epica cavalleresca”, poi l’Illuminismo, “la Rivoluzione, la cavalcata napoleonica, i decenni delle Esposizioni Universali e della Belle Époque, la superba stagione artistica e intellettuale” dal 1871 al 1914. Il latino è stato “il venerabile idioma della fede, della filosofia e della scienza” fino al XVIII secolo, ma il francese è rimasto “il veicolo del linguaggio internazionale politico” e diplomatico fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale, “un primato che si stentò a barattare […] con l’inglese degli americani”. Dalle fiamme del 15 aprile 2019 è rinato, “al pari della Fenice, qualcosa di troppo a lungo” dimenticato: la coscienza europeista. Oltre alle numerose donazioni per la ricostruzione, ha stupito l’ondata pantagruelica di amore che si trasformava in patriottismo europeo. Non solo “la Francia, ma tutta l’Europa – il continente delle diversità, delle capitali che si sono spesso trovate in lotta l’una contro l’altra – si è riconosciuta nel simbolo di Notre-Dame”.

 

L’omaggio di un famoso scrittore inglese

Poco dopo l’incidente anche Ken Follett pubblicava un libricino, Notre-Dame (Mondadori, 2019), tradotto in italiano da Annamaria Raffo. Follett, che aveva studiato le cattedrali gotiche facendo ricerche per il romanzo I Pilastri della Terra, scrive: “come può prendere fuoco una grande chiesa di pietra? Ero salito nei sottotetti polverosi di diverse cattedrali [e avevo] notato i detriti che spesso si accumulano in posti del genere. Vecchi pezzi di legno e di corda, cartacce abbandonate […], rametti secchi caduti dai nidi degli uccelli […]. Ero certo che l’incendio fosse partito [dal] tetto, probabilmente per una sigaretta lasciata cadere o una scintilla provocata da un guasto elettrico”. Follett sottolinea che l’edificazione delle cattedrali coinvolgeva l’intera società medievale. Clero, aristocrazia, mercanti, cittadini e agricoltori traevano vantaggi da un’impresa collettiva che univa la comunità. Si “creava occupazione, si rinvigoriva il commercio, i mercati si ampliavano, si stimolava” la circolazione di persone “tra una nazione e l’altra, si inventavano e si diffondevano nuove tecnologie”. Oggi possiamo fare qualcosa di simile. I proventi dell’opera di Follett sono devoluti al fondo per la riparazione: acquistando quel piccolo omaggio a Notre-Dame, contribuiamo a ricostruire uno dei monumenti più iconici del pianeta.

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