15-03-2025 ore 20:15 | Cultura - Teatro
di Annamaria Carioni

Maurizio Micheli, istrionico ed accattivante, strappa sorrisi e risate in 'Uomo solo in fila'

Venerdì 14 marzo 2025 il pubblico del Teatro San Domenico di Crema è stato conquistato dalla verve e dalla sprizzante energia di Maurizio Micheli, sul palco con il suo spettacolo comico musicale, intitolato “Uomo solo in fila”, da lui stesso scritto ed interpretato. L'istrionico protagonista, attore, comico e commediografo, ha dato prova di essere non soltanto un ottimo interprete, ma anche di saper cantare e muovere passi di danza come nella migliore tradizione dell'avanspettacolo. I suoi 78 anni, compiuti il mese scorso e portati meravigliosamente, non gli hanno impedito di mangiarsi il palco come un vero mattatore, capace di tenere alta e desta l'attenzione degli spettatori dall'inizio alla fine della performance artistica.

 

Un artista a tutto tondo

Lo avevamo raggiunto telefonicamente la settimana scorsa per un'intervista e ci aveva anticipato che avremmo assistito ad uno spettacolo “divertente, ma con qualche momento di amarezza”. Maurizio, però, non ci aveva messo in guardia dalla sua potenza espressiva, capace letteralmente di strappare incontenibili risate durante tutta la serata: la sua comicità è d'altri tempi e questa espressione, lungi dall'essere riduttiva, gli fa onore e lo esalta nella sua figura di artista a tutto tondo. Micheli, infatti, non ha bisogno di ricorrere a parolacce o battute di bassa lega: per far ridere gli basta la sua presenza scenica, la sua mimica facciale, la sua espressività. E' una comicità gentile e frizzante, portata con educata irriverenza.

 

L'attesa

Alle ore 21 in punto il sipario si apre, mostrando al pubblico una fila di sedie vuote e una tastiera sul lato del palcoscenico: ed ecco arrivare Pasquale, un uomo qualunque, uno di noi, una persona normale, che si ritrova in coda in un anonimo ufficio di Equitalia, accanto ad altri esseri umani, che vengono citati, ma non appaiono mai, e che trova come unico interlocutore un ragioniere pianista, forse assunto dall'agenzia di riscossione per alleviare l'attesa degli utenti? Non lo sapremo mai, come non sapremo se i compagni di attesa e di sventura siano reali o immaginari, ma poco importa: la stanza, in cui si muove la narrazione, è la metafora della vita, dove si è sempre soli e spesso ci si sente come rinchiusi in una prigione.

 

Il senso della vita

L'attesa di brechtiana memoria, perché in qualche modo ricorda Godot, che non arriva mai, è lunga e sarebbe snervante se non diventasse occasione di riflessione sul senso, o meglio sul non senso, della vita: i luoghi e la natura, spesso dispettosa o persino nemica, l'importanza dei soldi e la disparità tra ricchi e poveri, le guerre, la politica, che non interessa più a nessuno, la fede o le fedi, compresa quella calcistica si intrecciano a temi più leggeri come la tv e la pubblicità. Micheli passa con disinvoltura da un argomento all'altro, senza soluzione di continuità, con mordente ironia e divertita leggerezza, stando dalla parte di chi “non ce l'ha fatta nella vita”, riscuotendo la simpatia del pubblico.

 

Le cerniere musicali

Davvero lo spettacolo è comico e musicale: il talentuoso musicista Pietro Ubaldi fa da spalla comprimaria all'eclettico protagonista, accompagnandolo con la tastiera. In fondo sono solo lui e le sue melodie a tenere compagnia all'uomo solo in fila. Sono motivetti allegri o malinconici, che si inseriscono al momento giusto nella narrazione, aumentando l'effetto di ilarità o di retrogusto amaro e giocando con le melodie stesse, tanto che Micheli può iniziare a cantare “voglio trovare un senso a questa vita”, imitando Vasco Rossi, e trasformarla da vero prestigiatore nel brano melodico di Sergio Bruni “i miei baci a te, i tuoi baci a me ce li porta il mare”. Il pubblico è come travolto da questa corsetta leggera, ma dinamica, che non si ferma per un attimo e che assesta improvvise sorprese comiche.

 

Il maestro dei dialetti

Sfolgorante è la capacità di Micheli di muoversi nei dialetti completamente a suo agio: la poesia “L'Infinito” di Giacomo Leopardi decantata in marchigiano, il compagno comunista di Marina di Cecina, che scrive un ultimatum al segretario russo Leonida Brejnev affinché cessi la guerra in Afghanistan e ancora il dialetto pugliese e quello milanese, parlati così stretti da sembrare lingue straniere creano momenti di pura comicità, in cui l'attore riesce a materializzare personaggi incredibili ed indimenticabili grazie alla sua voce, alla sua gestualità, a un cappello e una sciarpa o un mantello.

 

Con simpatica partecipazione

L'attesa forzata si è trasformata in un caleidoscopio di umanità: quell'uomo solo in fila ha dato voce ad ogni altro uomo, alle domande che attraversano la quotidianità e si disperdono nel trascorrere del tempo di vita. Lo ha fatto con semplicità, con quell'ironia leggera che si sente nelle conversazioni per strada, al bar, sulle panchine del parco, in fila dal dottore. Facendo sorridere e anche ridere fino alle lacrime Maurizio Micheli è riuscito a far riflettere con garbo e delicatezza sul valore del tempo che passa, sull'importanza delle relazioni e sulla necessità di restare vigili, capaci di ragionare, di argomentare, di conservare la speranza di potercela fare anche da soli.