Venerdì 23 febbraio il teatro san Domenico risuonerà dell'entusiasmo e della sconfinata passione per la musica di Gegè Telesforo e della sua band: lo spettacolo “Big Mama Legacy”, data zero a Crema, sarà un tributo al blues in chiave contemporanea. Abbiamo intervistato il protagonista, che ci ha parlato con fervore della sua lunga carriera e soprattutto della sua musica.
Eugenio Roberto Antonio Telesforo all'anagrafe, per tutti Gegè. Qual è l'origine del tuo nome d'arte?
Appartengo a quella generazione che onorava i nomi della famiglia: Eugenio era mio nonno, Antonio mio zio e Roberto è mio padre. Andò lui a depositare i nomi all'anagrafe di Foggia senza mettere le virgole, perciò quando firmo li devo usare tutti e tre. Gegè era il soprannome del nonno e l'ho ereditato insieme al nome. In realtà, è proprio un nome da musicisti: Gegè Di Giacomo era il batterista strepitoso di Renato Carosone e Gegè Munari è stato il mio maestro di batteria e ancora oggi alla veneranda età di 90 anni continua a suonare benissimo il jazz.
Tu sei un polistrumentista. Quanti strumenti sai suonare e qual è il tuo preferito?
Suono diversi strumenti e mi piacerebbe saperli suonare tutti molto meglio, in particolare il pianoforte, che ho iniziato a studiare da bambino e che ancora oggi è alla base della mia musica, quando scrivo e compongo. Sono anche batterista: il groove, il ritmo, lo swing sono elementi che non mancano mai nei miei arrangiamenti, sia dal vivo che nelle incisioni discografiche. Ho molto rispetto per gli strumenti e per la musica, perciò per i miei concerti chiamo artisti eccezionali.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali?
Sono partito da casa mia, dove si ascoltava jazz, in quanto papà era un appassionato e uno strimpellatore di vari strumenti. Sono cresciuto in una casa piena di dischi in vinile, che ho ereditato, e piena di strumenti musicali. Lì ho iniziato a giocare con la musica. Da allora, al di là dei generi, mi sorprende tutta la musica che riesce ad emozionarmi: se mi vengono i brividi, quella melodia fa per me. Sono anche un appassionato di musicologia, quindi mi interessa la musica di tutto il mondo: l'evoluzione dell'arte e della musica in particolare si ritrova nella bellezza delle diversità, nell'incontro di culture differenti, di mix, di atmosfere, suoni, mentalità. Quando ci sono incontri fortunati di questo tipo l'arte fa dei grandi passi avanti così come la musica, altrimenti si lavora sempre su modelli e stereotipi.
Sei conduttore e autore di numerosi programmi radiofonici di successo dal debutto a Radio Foggia con “Dimensione Jazz” fino ai programmi per le emittenti nazionali più ascoltate come Rai Radio 1, RDS, Radio Capital. Che ruolo ha la radio oggi?
La radio è molto cambiata, non si affida quasi più ai conduttori. Nelle radio generaliste si utilizzano speaker che seguono il palinsesto con pochi brani in rotazione. A me piace la radio fatta dai professionisti, dai musicisti, dagli appassionati di musica, invece oggi finisce che la musica bella viene passata in orari improponibili. Io passavo Ella Fitzgerald ed era un colpo al cuore.
Se tu potessi indicare una sola canzone da conservare in una cassaforte per il futuro, quale sceglieresti?
Più che una canzone direi una forma ed una struttura, che è alla base di tutto: il blues, da cui non si può prescindere, dodici misure meravigliose, che potrebbero andare nello spazio come messaggio di pace e di bellezza.
Arriviamo ai programmi televisivi. Da Quelli della notte nel 1985 alla trasmissione “Appresso alla musica: Premiata bottega di antiquariato musicale", scritto con Renzo Arbore e Ugo Porcelli, in onda il giovedì sera su Rai 2, in cui si dà spazio ai momenti più iconici della storia della musica italiana ed internazionale trasmessi in tv.
In questa edizione del programma ci siamo concentrati sugli incontri e sulle amicizie di Renzo, legate alla sua attività di musicista e presentatore. Abbiamo scelto i filmati più curiosi e li abbiamo contestualizzati, con uno scopo divulgativo e quasi didattico. Lo stile è informale e c'è grande sintonia con Renzo: ci conosciamo da anni, abbiamo più o meno gli stessi gusti musicali e siamo due persone del sud, curiose dell'arte, della musica e della vita.
Si è appena conclusa la 74esima edizione del festival di Sanremo, a cui hai partecipato anche tu nel 1986 insieme ad Arbore con l'ammiccante brano “Il clarinetto”.
Sono stato varie volte a Sanremo. In passato in estate si tenevano un festival blues e uno jazz. Ho anche condotto un'edizione di Sanremo International, quando il direttore artistico era Adriano Aragozzini, e Sanremo Famosi: sono stato il primo a presentare al pubblico Andrea Bocelli e Laura Pausini.
Parliamo dello spettacolo che presenterai venerdì 23 febbraio al teatro san Domenico.
I miei concerti cambiano ogni volta, perché alla base c'è il gusto dell'improvvisazione: cambia il luogo, cambia il pubblico, cambiano il nostro umore, la nostra energia, le nostre emozioni. Ogni concerto è unico: il repertorio è consolidato, ma io guido la band come un direttore d'orchestra che introduce ogni volta delle novità. Si genera una potenza ritmica non indifferente: tutte le composizioni che suoniamo sono originali e in gran parte nuovissime, perché l'album Big Mama Legacy sarà pubblicato il 1 marzo. Sul palco insieme a me trovano posto i migliori talenti della nuova generazione del nostro Paese, di cui sono particolarmente orgoglioso. Ci interessa suonare bene e lasciare un bel ricordo nel pubblico.
Cos'è la musica per te?
Quando ero bambino, gli amici dei miei genitori chiedevano se ero malato di musica. Questa cosa me la sono portata dietro fino a quando ho capito che quella che da ragazzo era una piacevole malattia oggi è la mia migliore terapia. La musica è il linguaggio universale per eccellenza.