Dopo il Friedrich Nietzsche di Silvano Allasia, al Caffè filosofico di Crema è apparso lo spettro di un altro pensatore eccentrico e scomodissimo. A presentare con passione e competenza Henry David Thoreau è stata Laura Garbelli, giovane insegnante laureata in Filosofia. In Italia, Thoreau è poco conosciuto al di fuori delle sette esoteriche degli accademici. Il vasto pubblico dei non-iniziati ne ha sentito parlare solo in due film: L’Attimo Fuggente di Peter Weir (1989) e Into The Wild di Sean Penn (2007). In America, Thoreau è un’icona popolare ed ispiratrice per i movimenti ambientalisti, pacifisti e non violenti. Un vero influencer, un modello per Lev Tolstoj, Mahatma Gandhi e Martin Luther King.
Un libertario a Concord
Thoreau nacque nel 1817 a Concord (alle porte di Boston), sulla East Coast degli Stati Uniti. Gli abitanti della cittadina, dominata dalla rigida etica puritana, erano tranquilli ed obbedienti. Accumulavano ricchezze con la loro operosità, e la famiglia di Thoreau non faceva eccezione. Suo padre aveva ereditato una fabbrica di matite. Ciò permise al futuro filosofo di crescere da privilegiato, tra battute di caccia e pesca ed escursioni nella natura. Ebbe una buona istruzione e finì alla prestigiosa università di Harvard, nella vicinissima Boston. Ma non alla facoltà di Economia, come il padre imprenditore avrebbe voluto. Thoreau si iscrisse di nascosto alla facoltà di Lettere. Dopo aver lavorato per una settimana nella fabbrica paterna, se ne andò per tentare la carriera dell’insegnamento. Fu subito malvisto dal sistema scolastico, poiché fomentava lo spirito critico e l’anticonformismo nei suoi studenti (come il professore dell’Attimo Fuggente).
Due anni sul lago Walden
Thoreau entrò a far parte del “salotto” di Ralph Waldo Emerson, la figura più importante del movimento trascendentalista. Si trattava di un circolo di pacifisti e anarchici non violenti, che percepivano la natura non come mero oggetto di discussioni intellettuali, ma come qualcosa da vivere sulla loro pelle. Thoreau non tardò a mettere in pratica gli ideali dell’amico Emerson. Il 4 luglio 1845, in occasione del Giorno dell’Indipendenza americana, decise di celebrare la sua indipendenza personale, ritirandosi a vivere da solo nei boschi sulle rive del lago Walden (non lontano da Concord). Thoreau costruì un capanno di legno su un terreno di proprietà di Emerson e vi abitò quasi ininterrottamente per due anni, due mesi e due giorni. In quel periodo scrisse il suo libro più famoso: Walden, un diario della sua esperienza di anarchica libertà. Durante una delle sue rare capatine in città, un esattore delle tasse lo arrestò per non aver pagato la poll-tax, che serviva a finanziare la guerra schiavista contro il Messico. Thoreau passò una notte in carcere: il giorno seguente, quando sua zia si offrì di pagare la tassa per lui, fece ritorno al lago.
Fare filosofia con le mani
I capisaldi del pensiero di Thoreau sono tre. Anzitutto, il legame con la prassi: la filosofia non è l’arte di sfornare libri, ma di vivere i propri principi. In proposito Thoreau scrive che di professori se ne trovano in abbondanza, mentre di filosofi neanche uno. In secondo luogo, l’anticapitalismo: Thoreau denuncia il consumismo, le disuguaglianze e le nefandezze della classe dirigente. Non usa i mezzi di trasporto, troppo cari e borghesi, ma si sposta sempre a piedi. In terzo luogo, l’essenzialità: Thoreau mangia pochissimo, due volte al giorno. A Walden si dedica spesso alla lettura e alla scrittura, oltre a coltivare un campo di fagioli. Il capanno spartano dove vive è un’unica stanzetta con tre sedie, perché anche le visite sono poche. Ogni tanto vengono a trovarlo un contadino e un taglialegna. E un poeta in cerca d’ispirazione che passa da lui quando scoppia la tempesta, seguendo solamente i suoi istinti e sentimenti più profondi.
Romantico o illuminista?
Thoreau era ossessionato dai manufatti degli indiani d’America, recuperati a centinaia setacciando i terreni. Vedeva più saggezza in quegli oggetti che nei libri dei filosofi europei. Gli animali avevano capito che non era una minaccia: gli uccelli si posavano sulla sua spalla quando coltivava i fagioli, le lepri gli si fermavano accanto mentre contemplava i tramonti. Alcuni filosofi moderni, come Michel Onfray, definiscono Thoreau un romantico, sia pure diverso da quelli della Foresta Nera e dello Sturm und Drang. Al contrario, Laura Garbelli lo descrive come un illuminista, lontanissimo dall’immagine mitizzata che lo rappresenta simile al quadro del Viandante sul Mare di Nebbia. Thoreau non ha una visione magica, mistica o totalmente idealizzata della natura, ma almeno in parte empirista e scientifica. Lo dimostra, ad esempio, quando cerca di misurare la profondità di Walden, sfidando la leggenda secondo cui si trattava di un lago senza fondo.
Il diritto alla stravaganza
L’avventura di Thoreau finì il 6 settembre 1847, ma egli continuò fino alla sua morte nel 1862 ad esercitare il “diritto alla stravaganza”, a praticare la disobbedienza civile e a “succhiare tutto il midollo della vita” cercando la verità più autentica. Thoreau viene “tirato per la giacchetta” a destra e a manca, come Pier Paolo Pasolini. Tutti tentano di appropriarsene, arruolandolo in improbabili categorie. Si dice che ai nostri giorni sarebbe stato un vegano, un antivivisezionista, un internazionalista curdo, un attivista No-Vax o No-Tav, perfino un hipster o un instagrammer. Etichette piuttosto assurde da applicare a un uomo vissuto in un passato remoto, in un contesto geografico e culturale completamente alieno. Gabbie che, senza dubbio, gli sarebbero state strette; cose che, un paio di secoli fa, non avrebbe potuto nemmeno immaginare. Se proprio vogliamo azzardare paragoni con il presente, forse oggi Thoreau sarebbe stato accusato di essere “un radical chic con l’attico a New York” (anzi, a Boston). Il rampollo di una famiglia benestante che, quando veniva arrestato, si precipitava a farlo scarcerare, così che potesse tornare a “giocare agli indiani” nel boschetto dietro la magione dei genitori (anzi, del suo amico sognatore e perdigiorno come lui).