14-03-2014 ore 19:00 | Cultura - Storia
di Bernardo Zanini e Luigi Dossena

Historia et imago Cremae, l’epica storia del castello di porta Serio. Dalla rocchetta del 1335 al baloardo del 1526, fino al primo ‘mestér cremàsch’ del 1809

Secondo il Terni, nel 1335 i cremonesi costruirono una rocchetta presso porta Serio ed anche se era di modeste proporzioni aveva una guarnigione, dopo il trattato di pace con Azzone Visconti, che garantiva la sottomissione di Crema. Nel XV secolo Crema passa sotto il governo dei Visconti: in un atto del 1350, la rocchetta è denominata castello ed è dotato di un fossato, poi nel 1361, viene chiamata rocca di porta Serio. Questo passaggio ci permette di stabilire che i Visconti probabilmente ampliarono la rocca, ridefinendola a pianta quadrangolare, con una torre, le mura e con la merlatura guelfa, interamente coperta da tetti, con magazzini, alloggi per la guarnigione ed un ampio fossato intorno, secondo la tradizione sforzesca del basso medioevo Lombardo.

 

Il castello di porta Serio

Nella rocca c’era una castellano con funzioni di comando, una guarnigione e la prigione, che custodiva, nel 1398, i ghibellini: Giorgio Bernardi e Contino di Camisano. Bertolino Alfero era castellano nel 1409, mentre nel 1454 c’era Ottolino Fabro. Nel 1449 la città di Crema passa sotto il dominio veneto e nel 1468 il podestà Domenico Cornaro avvia la ristrutturazione della rocca, trasformandola nel castello di porta Serio, con imponenti lavori di ingrossamento delle mura, che devono resistere ai colpi delle artiglierie e l’entrata della porta Serio è inglobata nel castello.

 

Il ‘ponte levadore’

Nel 1494 il podestà Domenico Benedetti comincia un altro ampliamento: chiude la porta di Serio del castello e la sposta sulla destra, protetta da un torrione rotondo, demolisce alcune case e costruisce una nuova porta d’ingresso, “con ponte levadore, dove entrano li carri”, verso la chiesa di San Benedetto. Lavori successivi del 1520 fatti dal podestà Andrea Foscolo demoliscono ancora molte case di San Benedetto per creare la piazza antistante al castello.

 

Il castello di porta Serio (dipinto di © Luigi Dossena)

Le esigenze della guerra

I lavori più importanti per adattare il castello alle esigenze emergenti  della guerra vengono fatti nel 1526 dal podestà Andrea Loredan con la costruzione di un baloardo, secondo il “dissegno “ di Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino e capitano generale al servizio della Serenissima. Il castello viene ampliato verso il Serio, comprendendo l’area interna fino al percorso della roggia Fontana, negli attuali giardini pubblici. Negli anni successivi, col mutare delle condizioni delle tattiche e strategie di guerra, subirà molti cambiamenti, con l’aggiunta di magazzini, casematte, una chiesa. Nei rapporti dei provveditori alle fortezze della Serenissima, nel 1601 viene giudicato inadeguato alle esigenze militari; si lamenta la mancanza nel deposito, di molta polvere e salnitri che venivano cavati dalli muri. Per ogni cannone era a disposizione  una limitata scorta di 130 colpi, troppo pochi in caso di attacco.

 

La città fortezza

Il castello di porta Serio era ormai diventato una città fortezza, un unico strumento di difesa; al suo interno, oltre agli alloggiamenti per la truppa, una grande quantità di pezzi di artiglieria, archibusi, depositi di salnitri e balle di piombo, la fusina delo fabro, il deposito di ogli di balsami per il cerusico, granai, vettovaglie e soprattutto botti di vino, che veniva dispensato ai soldati in caso di attacco di nemici ed era l’unico tonico corroborante per rinfrancare gli animi, al posto degli alcolici introdotti con l’età moderna.

 

I mulini senz’acqua e i mestér cremàsch

Nel 1600 s’inventò la maniera di macinare il grano a mano e nel castello furono fabbricati molti mulini senz’acqua, le cui reliquie sopravvissero fino al 1809, anno in cui la repubblica Cisalpina e il demanio militare francese stabiliscono che Crema non è più considerata piazzaforte: viene demolito il castello di Porta Serio per conto di una società lodigiana. E’ il primo dei cosiddetti ‘mestér cremàsch’, poiché nessuno a Crema mosse un dito per fermare il suo smantellamento, mettendolo al sicuro dall’incuria degli uomini e del tempo, perché il castello era l’ultimo baluardo delle epiche gesta guerriere dei cremaschi.

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