13-09-2024 ore 17:32 | Cultura - Proiezioni
di Paolo Emilio Solzi

Limonov, arriva nei cinema italiani il film sulla scandalosa vita del poeta nazional-bolscevico

Nel 2011 lo scrittore francese Emmanuel Carrère riscuoteva un grande successo con la biografia Limonov, incentrata sull’omonimo poeta russo. Oggi il libro è diventato un film, grazie a una produzione composta da investitori francesi, italiani e spagnoli. La pellicola ha avuto una storia produttiva travagliata quasi come la vita di Limonov, con vari cambi di sceneggiatori, attori protagonisti e la rinuncia di due registi. Prima l’italiano Saverio Costanzo, che non si sentiva a suo agio “con un soggetto così russo”; poi il polacco Paweł Pawlikowski dichiarò che Limonov era una persona che non gli piaceva, “o almeno non abbastanza da farci un film”. Alla fine la regia fu affidata al russo Kirill Serebrennikov, che convinse i produttori esibendo una sua foto da adolescente insieme a Limonov, che per i giovani della sua generazione era stato “un’icona anti-establishment”. La scelta dell’attore protagonista cadde sull’inglese Ben Whishaw, noto soprattutto per Profumo (basato sull’inquietante romanzo di Patrick Süskind) e per essere il nuovo Q (giovane, gay e con “due gatti da mantenere”) negli ultimi film su James Bond. Whishaw restò impressionato dalla sceneggiatura e “dall’esplosione di energia” che emanava il personaggio. Le riprese, cominciate a Mosca all’inizio del 2022, furono interrotte dopo sole tre settimane a causa dell’invasione russa dell’Ucraina. Serebrennikov riuscì a finire il lavoro a settembre, dopo notevoli sforzi della produzione, che spostò alcuni set in Lettonia.

 

Il Joker russo

Nel film vediamo Éduard Savenko, nato in Russia nel 1943 e cresciuto a Charkiv (nell’Ucraina del dopoguerra), che diventa un poeta autodidatta a Mosca negli anni del Disgelo, sopravvivendo grazie a lavoretti di cucito. Il nom de plume Limonov deriva dalle parole russe limon (limone) e limonka (bomba a mano): venne affibbiato al poeta dagli amici artisti per il suo stile corrosivo ed esplosivo. L’esistenza povera e routinaria in un’economia pianificata inizia a frustrare le aspirazioni di Limonov, che vuole diventare un grande poeta senza ingraziarsi i personaggi dell’élite sovietica. Egli sostiene che un vero scrittore debba essere “come minimo cacciato via dal suo Paese”, ma nel 1974 emigra volontariamente a New York, dopo aver tentato il suicidio per amore di una bellissima ventenne (per lui era naturale cercare una relazione con quelle che definiva “donne di classe A”). Limonov frequenta circoli underground, gruppi trotzkisti e filo-cubani; indossa un abbigliamento eccentrico da sovieto-punk. Ma una vita newyorkese alla John Lennon o alla Andy Wahrol non può durare a lungo senza mezzi di sostentamento. Separatosi dalla sua compagna, Limonov finisce per strada, dove ha rapporti omosessuali con barboni afroamericani. Alla fine riesce a guadagnarsi da vivere lavorando come maggiordomo per un miliardario. Grazie alle amicizie di quest’ultimo, conquista una certa fama scrivendo in maniera esplicita della sua vita sregolata e delle sue avventure bisessuali. Inizia però a credere che l’opulenza americana sia inutile se solo i ricchi possono avere accesso a hotel di lusso ed altri posti esclusivi. Inoltre il lavoro come correttore di bozze è ben diverso dal giornalismo alla Jack London e alla Ernest Hemingway che aveva sognato. Torna quindi nella Russia post-sovietica, divisa fra un’élite di ricchi arroganti e una marea di gente poverissima, che vende quel poco che possiede per non morire di fame. Rivede anche i genitori, che tengono i fornelli sempre accesi per riscaldarsi: “Mi stai dicendo che in Francia il governo è così avido da farti pagare il gas?”, gli domanda il padre. Limonov si convince che la caduta dell'impero sovietico sia stata la più grande catastrofe del secolo. Fonda un partito politico (insieme ad altri intellettuali secondo i quali stalinisti, neofascisti, monarchici, ortodossi e neopagani dovevano unirsi per salvare il Paese) ed entra in una coalizione eterogenea di opposizione a Vladimir Putin. Limonov tuttavia non si definisce mai “un vero dissidente, ma solo una persona in contrasto con il codice penale”. Dopo una manifestazione antigovernativa, finisce in carcere. Malgrado il sovraffollamento e la proliferazione di droghe e malattie, Limonov dirà di aver vissuto “come in monastero” e, del resto, ha sempre voluto frequentare gli ambienti più reietti della società. Il giorno della sua scarcerazione, è accolto dai fotografi come una rockstar, raggiungendo finalmente la popolarità e la visibilità che desiderava.

 

Il rosso-bruno

Nel complesso, la critica internazionale ha accolto in maniera positiva Limonov (specialmente l’interpretazione di Whishaw). Alcuni hanno lamentato il fatto che il film si concentri sulle vicende private, amorose e sessuali del poeta, trascurando in gran parte la sua vita politica. Limonov non fu un semplice sbandato, con quattro mogli e amanti di entrambi i sessi, o l’ennesimo bohémien costantemente preoccupato che la sua scrittura non fosse abbastanza speciale da renderlo immortale. Passò un’adolescenza turbolenta nelle periferie di Charkiv, frequentando bande di strada, bevendo molto alcol e commettendo piccoli reati (evitò il carcere grazie all’influenza del padre, un ufficiale sovietico). Negli anni Ottanta, si trasferì a Parigi e collaborò con vari giornali comunisti e nazionalisti, alimentando la sua reputazione di “rosso-bruno” (fascio-comunista) e nazional-bolscevico. In Jugoslavia ebbe l’occasione di andare in guerra (esperienza che, secondo lui, ogni uomo dovrebbe fare nella propria vita). Negli anni Novanta, fu cacciato dai salotti letterari europei per aver sostenuto criminali di guerra serbi e combattuto con loro in una squadra di cecchini. Tornato in Russia, Limonov fondò il Partito Nazional-Bolscevico (messo fuorilegge nel 2007), il cui obiettivo era creare un unico Stato che riunisse tutta l’Europa e l’Asia centrale sotto il dominio russo. Gli ideologi del partito volevano salvare una parte dell’eredità sovietica, coniugandola con le più recenti teorie della Nuova Destra europea. Per creare un’immagine scandalosa, di sicuro impatto mediatico, e per sottolineare tale sincretismo ideologico, la bandiera del Partito Nazional-Bolscevico era una fusione di quelle del nazismo e del comunismo: falce e martello neri all’interno di un cerchio bianco su sfondo rosso. Limonov ammirava Stalin, l’anarchico Michail Bakunin, il filosofo reazionario Julius Evola e, secondo la biografia di Carrère, anche Mussolini e Lenin. Ebbe tra i suoi alleati Alain de Benoist, ideologo della Nuova Destra. L’alleanza con il liberale ed ex-campione di scacchi Garri Kasparov (uno dei principali oppositori di Putin) naufragò dopo poco tempo. Limonov sostenne i separatisti filorussi della Transnistria in Moldavia e la guerra russa in Ucraina a partire dal 2014. Morì a Mosca nel 2020 a 77 anni. Nel 2009, mentre Carrère stava intervistando Limonov, quest’ultimo chiese al collega francese come mai ci tenesse a scrivere un libro su di lui. Carrère rispose: “Perché hai avuto una vita appassionante, romanzesca, pericolosa”. Limonov sorrise e chiosò: “Una vita di merda”.

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