11-10-2014 ore 18:13 | Cultura - Storia
di Luigi Dossena

Historia et imago Cremae. Avventure e battaglie di Giangiacomo Trivulzio: il cremasco che segnò il Cinquecento

Visconti quando il padre era commissario del duca di Milano Filippo Maria Visconti, ben appunto a Crema. A certificare i fatti fu Pietro da Terno nella sua Historia di Crema che dedicò al concittadino Giangiacomo, oltre che ai cremaschi.

 

Le parole del Terno

Queste sono le parole che usò il Terno nell’incipit del manoscritto oggi conservato dalla famiglia Benvenuti a Crema: “Allo ill.mo et eccell.mo signore, lo signore Giovangiacobo Trivultio marchese di Viglievano et di Franza maresciallo, epistola di Pietro da Terno cremasco”… “che la fedelissima servitude mia cum gli anni, et bianco pelo (…) non puoter più come solevo nelle faccende tue affaticarmi, le deboli forze del sonnolento ingenio ho risvegliate, che gli annali sparsi di Crema per negligencia de’ passati scritori, smarriti quasi estincti cum non picola faticha et molte vigilie hanno racolto et al glorioso nome tuo cum humile riverentia consacrati (…) essendo in Crema generato et nato che il digno patre tuo, teneva di quella il governo, mentre che sogetta fussi al duca di Milano”

 

L’amicizia con Galeazzo Maria

Giangiacomo fu plasmato alla scuola d’arme milanese sotto l’egida di Francesco Sforza. Il nostro fu sodale e amico inseparabile di Galeazzo Maria, figliuolo del duca. Basso di statura, aveva il naso importante; la sua stella polare negli studi, non solo giovanili, fu Giulio Cesare. A 24 anni sposò Margherita Colleoni, la quale, prima di spirare ancor giovane, gli donò il figlio Gian Nicolò. In seguito l’amico, nonché duca di Milano Giangaleazzo Sforza, venne barbaramente accoltellato durante una funzione religiosa.

 

Il ritorno a Milano

Giangiacomo, che nel frattempo era stato nominato consigliere ducale, angosciato e smarrito,accusa il colpo, ma siccome anche la vita di corte continua, nel 1477 venne nominato membro del direttorio nel consiglio della duchessa Bona di Savoia, la potentissima vedova del duca. Trivulzio venne inviato a Genova per sedare i tumulti, la duchessa gli consegnò i sigilli del comando di un manipolo che aveva però il principale compito di proteggere il principe. Questo corpo d’élite, aveva per nome lance spezzate. Nel 1478 a Giangiacomo venne ordinato di fiondarsi con i suoi uomini a Firenze: il compito era disarticolare e fermare la congiura dei pazzi contro i de’ Medici. Ivi gli fu intimato di tornare a Milano, perché gli Sforza si erano coalizzati quasi in toto per rimuovere la duchessa reggente.

 

Colpo di stato

Nel 1482 Trivulzio venne inviato a Parma quale governatore, ma a Milano riuscì il colpo di Stato per cui venne enucleata dal comando la vedova Bona di Savoia: il ducato passa di fatto a Ludovico Sforza, il cosiddetto Moro a cui il Trivulzio si sottomette. Il Moro lo fa partire per la Guerra del Sale nel ferrarese; il nemico era San Marco, il leone cum le ali. A Bagnolo il Trivulzio, su mandato ducale, stipula la pace, era il 1484. Altra mission impossibile, altro successo. Il re dei Napoli Ferdinando I è sotto schiaffo dei suoi baroni, Giangiacomo piomba nella città di o sole mio e spariglia congiura e congiurati. Anche papa Innocenzo VIII invoca il suo aiuto, minacciato da Boccolino di Gozzone.

 

Le seconde nozze

Nel 1487 Giangiacomo Trivulzio, stanco della vedovanza, convola a seconde nozze con Beatrice di Avalos. Era sì un gran capitano, ma nessuno è perfetto: i biografi a lui coevi scrivono: “era superbo, pieno di sé, orgogliosissimo, la natura e la vita lo resero anche violento et arrogante” era inviso ai suoi stessi cortigiani perché noiosissimo. Il Trivulzio guardava con disprezzo quella corte di ipocriti, falsi incensatori, sempre in malafede per vanità, convenienze et dolo e li copriva di rimbrotti ed improperi, diffidandoli nel cambiare costumanze. Certo è che Giangiacomo divenne collezionista di meriti acquisiti sul campo di battaglia, di titoli e onorificenze, nonché divenne uno degli uomini più ricchi d’Italia.

 

La pioggia durante la battaglia di Agnadello (dipinto rielaborato da Luigi Dossena)

Odio viscerale

Ma si sa che due supergalli in un ducato non possono convivere, et cussì, tra Ludovico il Moro e Giangiacomo Trivulzio scoppiò l’odio viscerale reciproco. Il Trivulzio abbandonò Milano e la corte sforzesca e Ludovico d’imperio gli sequestrò i beni. Il 22 febbraio 1495 Giangiacomo scese a Capua per incontrare Carlo VIII re di Francia che proprio in quel dì era giunto a Napoli; il re volentieri accolse le istanze di un così valoroso uomo d’arme e lo nominò suo ciambellano e consigliere per 10.000 ducati annui.

 

La battaglia di Fornovo

Il 6 luglio del medesimo anno, nella battaglia di Fornovo, mostrò le proprie capacità al nuovo datore di lavoro che lo ricoprì di nuovi titoli e denari. Muore Carlo VIII et il nuovo re di Franza diviene Luigi XIII, egli di fatto rinnovò la fiducia al Trivulzio e gli affidò l’esercito. Nel 1499 ritornò trionfante a Milano, cacciato il Moro, lì venne nominato ipso facto marchese di Vigevano e di Melzo e maresciallo di Francia, inoltre il re gli affidò il ducato meneghino. Questa reggenza però durò solo per un anno, infatti il Trivulzio si mise contro il popolo con tasse e asprezze troppo gravose.

 

Agnadello e la Lega Santa

Nel 1501 e nel 1503 fu alla testa dell’esercito francese, contro le milizie svizzere scese in Lombardia. Nel 1508 viene lanciato a Trento contro l’Imperatore Massimiliano I. L’apoteosi del Trivulzio fu però nella battaglia di Agnadello, ove giuocando in casa sul suolo cremasco che evidentemente conosceva palmo a palmo, piegò e sconfisse il doge e i suoi alleati. Nel 1512 fu però costretto alla resa e Giangiacomo con tutti i francesi fuggì da Milano, scacciati dallo scontro perso con gli eserciti della Lega Santa del papa guerriero Giulio II. Nel 1513 Trivulzio venne piegato di nuovo in quel di Novara, mentre la testa dei francesi ritentava l’assalto ai forzieri lombardi. Nel 1513 sconfinò nei pressi di Lucerna, dove chiese asilo e cittadinanza, sconfortato si rifugiò nel delfinato, rassettando strategie e uomini per sferrare di nuovo un ritorno in Italia da vincitore. Passa così tutto il 1514 e il 1 gennaio 1515, a cinquantadue anni spirò Luigi XII.

 

Alla corte di Francia

Il nuovo re transalpino fu Francesco I che nominò Giangiacomo governatore di Lione. Il 13/14 settembre del 1515, a capo dell’esercito francese vinse a Marignano, Trivulzio pur trionfante nell’ultima battaglia era un uomo stanco ed avanti negli anni – 73 anni. Nella corte francese intanto scalpitavano gli uomini nuovi che si mettevano di traverso all’anziano condottiero e riuscirono a farlo cadere in disgrazia. Cercò invano un incontro con il re, non si accorse che il suo tempo era ormai scaduto.

 

Di Leonardo la statua equestre

Era rancoroso verso Galeazzo Sanseverino a cui intentò una causa civile indispettendo così il re, il quale successivamente gli tolse la fiducia, quando fu accusato di sovversione armata. Si spense in una fredda giornata invernale, per talune fonti a Chartres, per altre ad Arpajon. Era il 5 dicembre 1518, le sue spoglie riposano (speriamo) in pace nel mausoleo di famiglia nella chiesa di San Nazaro in Brolo a Milano. A Leonardo da Vinci fu commissionata la monumentale statua equestre per il monumento a Giangiacomo Trivulzio, cremasco de Crema. Fonti: La Historia di Crema Pietro da Terni, La battaglia di Agnadello Marco Meschini, Storia della Famiglia Fondazione Trivulzio, La storia di Melzo Vol II Sergio Villa.

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