È sempre un motivo di grande emozione trovare in una biblioteca un manoscritto antico, magari scritto settecento anni fa, che parla di qualcosa che ci è vicino e che conosciamo bene. Se poi quel manoscritto emerge in modo fortuito dai fondi della British Library di Londra davanti agli occhi di un italiano l’emozione è quantomeno doppia. Documentare questa scoperta e condividerne il piacere è il modo migliore per valorizzarla. Trovandomi di recente alla British Library per alcune ricerche sui codici in lingua occitanica lì conservati, mi sono imbattuto casualmente in un manoscritto forse non particolarmente significativo per i più, ma oggetto di enorme interesse per chi, come me, è nato e vive a Crema. Si tratta del manoscritto Londra, British Library, Harley 4361, un codice copiato tra il 1280 e il 1300 circa contenente il Livre de Sydrac, una sorta di romanzo filosofico anonimo in antico francese della fine del tredicesimo secolo che conobbe un enorme successo fino al sedicesimo secolo e fu tradotto in molte lingue. Il Livre de Sydrac si presenta come un lungo dialogo tra un re di nome Botus e un filosofo (nel senso medievale del termine) di nome Sydrac.
Enciclopedia della cultura popolare
Il re pone a Sydrac circa un migliaio di domande sulle materie più diverse e il sapiente risponde a ciascun quesito dando prova della sua scienza universale. L’opera costituisce in questo modo una grande enciclopedia della cultura popolare del basso Medioevo: filosofia, religione, morale, medicina, astrologia, virtù delle piante e delle pietre. Del Livre de Sydrac si conoscono una quarantina di manoscritti medievali conservati in diverse biblioteche: molti codici si trovano in Francia, diversi si conservano alla British Library e uno addirittura a Boston. L’Harley 4361 in particolare è uno dei testimoni più antichi dell’opera: è un manoscritto pergamenaceo in scrittura gotica di dimensioni 335 x 230 millimetri.
Il sapiente cremasco
Il codice presenta alcune belle decorazioni, non solo lettere iniziali fiorite in blu e rosso ma anche alcuni disegni nei margini (nelle immagini): un ritratto del re Botus, draghi, uccelli, un uomo, un cavaliere, un centauro che pesca (ff. 1r, 7r, 23v, 31v, 41r, 46r). È presente anche un diagramma astrologico disegnato a inchiostro (f. 86v). Ma ciò che stupisce di più in questo manoscritto è il colophon, ovvero l’explicit posto sulla carta finale (f. 97v): “Al mastre chelle scrips/ a lui don Dieu pris et honor/ car il est d’un bon chastel/ de Crema, qi est molt bon et bel”. Sicuramente nel secondo verso c’è un errore e bisogna correggere “pris et honor” invertendo i termini in “honor et pris” per restaurare la rima con «scrips». I versi significano: “Al maestro che scrisse questo libro, Dio conceda onore e pregio, perché è di un buon castello, di Crema, che è molto buono e bello”. Il colophon dice quindi che il manoscritto è stato copiato da un mastre, un sapiente cremasco. Non deve stupire il fatto che alla fine del Duecento in Lombardia, e a Crema in particolare, qualcuno potesse copiare un testo enciclopedico in antico francese. La diffusione di opere in lingua d’oïl nell’Italia settentrionale tra Due e Trecento è un fatto ben noto.
Parte di una storia più grande
Nondimeno, la scoperta che un manoscritto francese sia stato copiato proprio a Crema è un’acquisizione nuova e importante per ricostruire il milieu culturale del nostro territorio nel Medioevo. Questa felice trouvaille fa il paio con il ritrovamento di un frammento di pergamena del Trecento contenente alcuni passi del Lancelot en prose (un ciclo di romanzi in francese composti nella prima metà del tredicesimo secolo appartenenti al ciclo arturiano) rinvenuto recentemente nel Fondo “notarile” dell’Archivio di Stato di Cremona dal professor Emilio Giazzi. Resta da chiedersi come sia giunto alla British Library un manoscritto copiato a Crema alla fine del Duecento. Sappiamo che il codice fu venduto al conte Edward Harley (1689 -1741), grande bibliofilo la cui biblioteca confluì nei fondi della British Library dando il nome anche al nostro manoscritto, da Nathaniel Noel, un venditore di libri che si occupava di reperire manoscritti per il conte sul continente. Non sappiamo dove Noel recuperò il manoscritto Harley 4361 ma è suggestivo ipotizzare che lo trovò in Italia e forse proprio a Crema, dove era stato copiato quattrocento anni prima. Il codice cremasco e, più in generale, tutta la tradizione manoscritta del Livre de Sydrac, attendono ancora di essere più approfonditamente studiati. Per ora abbiamo però sufficienti elementi per poter vagheggiare su quanto la nostra città sia stata parte di una storia più grande: il fatto che alla fine del Duecento qualcuno abbia copiato in città un’opera enciclopedica in antico francese proietta Crema nel grande dominio del Medioevo romanzo.