11-04-2024 ore 20:37 | Cultura - Libri
di Annamaria Carioni

Samuele Cornalba racconta l'indifferenza e le speranze dei ragazzi della provincia: Bagai

Vent'anni, jeans, camicia azzurra e una faccia pulita, da bravo ragazzo, da studente modello. Samuele Cornalba, classe 2000, ci accoglie con un sorriso aperto, genuino, di chi non se la tira, anche se ne avrebbe motivo vista l'improvvisa notorietà, che gli ha portato il suo libro. Lo incontriamo per un'intervista davanti al castello di Pandino, emblema della cittadina, tranquillamente adagiata a metà strada tra Crema e Milano. La sua opera prima Bagai è la notizia del momento e da settimane in molti lo rincorrono per chiedergli il segreto di questo successo. 


Samuele, tu sei un pandinese doc? Raccontaci qualcosa di te.
“Ventiquattro anni da pandinese, sì. Ho frequentato il liceo scientifico presso l'Istituto Racchetti di Crema e dopo il diploma la scuola di scrittura Belleville di Milano, un corso annuale, nel quale si sviscera la scrittura in tutti i suoi aspetti. E' stato questo il momento, in cui ho capito che volevo davvero scrivere nella vita, sia per le persone che ho conosciuto, sia per la cose che ho imparato. Poi mi sono iscritto alla facoltà di Lettere Moderne all'Università Statale di Milano ed ora sto seguendo un master in editoria alla Cattolica”.


Perché hai scelto Bagai. un termine del dialetto cremasco, come titolo per il libro?
“Il titolo inizialmente non doveva essere questo, anzi Bagai era sicuramente al di fuori del mio radar. A propormelo è stata la mia editor Raffaella Lops, è lei che ha avuto questa intuizione. Inizialmente, ero un po' titubante, non credevo che potesse essere la chiave di lettura giusta, poi, però, pensando al termine bagai, che è sia singolare che plurale e che quindi si abbina sia al protagonista che a tutti i ragazzi che gli stanno attorno, ho capito che poteva essere un elemento prezioso, anche come legame con il territorio”.


Elia, il protagonista del libro, ti assomiglia? Quanto c'è di te nella sua storia e nella sua vita o quanto siete diversi?
“Bagai è un romanzo di fiction, però ovviamente ci sono dei dettagli autobiografici, che ho inserito in vari personaggi. L'elemento più importante, che mi unisce in qualche modo ad Elia e dal quale sono partito per scrivere la storia, è l'indifferenza, che ho sperimentato molto durante l'adolescenza. Volevo proprio sviscerare questo sentimento, questo non sentire il mondo, questo vivere in un quasi. Io ho impastato questa indifferenza per scrivere, per me è stata propulsiva, mentre Elia nel romanzo cerca di fare i conti con essa senza riuscire a superarla per poter crescere e maturare”.

 

Andrea, l'amico di infanzia, esiste davvero? Ti sei ispirato a qualcuno in particolare?
“E' più un amico immaginario e mi è servito per far emergere una parte di me più decisa, più combattiva. Andrea è un attivista, che si compromette molto con il mondo a differenza di Elia, quindi mi serviva per bilanciare queste due tendenze opposte e per introdurre temi che non potevano emergere con il protagonista”.

 

Camilla, le ragazze, l'amore: com'è innamorarsi 2.0?
“Non credo ci siano grandi differenze, perché alla fine il sentimento di fondo è quello. Anche Camilla è un personaggio inventato; diciamo che è la ragazza, che mi sarebbe piaciuto incontrare ai tempi del liceo. Camilla è il motore narrativo del libro, è lei che pungola Elia e non lo fa marcire nel suo quasi”.

 

Nel tuo libro affronti anche il dialogo con gli adulti o il non dialogo: una madre che non c'è, un padre presente, ma allo stesso tempo assente. Com'è il rapporto dei bagai con i genitori?
“Sul mondo degli adulti ho lavorato tanto nell'editing con lo staff di Einaudi, perché all'inizio era troppo netta la descrizione e gli adulti ne uscivano in maniera completamente negativa, soprattutto Carlo, il padre del protagonista. E' stato fatto un lungo lavoro per sfumare queste caratteristiche e renderle più credibili. Resta comunque un rapporto difficile quello con i genitori e  con il mondo degli adulti, anche perché i bagai vivono un'età di transizione e smarrimento, priva di punti di riferimento”.


Elia abita i luoghi familiari della provincia ed in particolare di Pandino. Questi luoghi tu li ami o vorresti poter vivere altrove?
“Pandino ed il cremasco non ne escono benissimo, ci sono descrizioni abbastanza negative, ma io ritengo che aver ambientato il romanzo a casa mia sia stato un grande gesto d'amore. La voglia di uscire dalla provincia, di approcciare ad esperienze più significative e di mettersi alla prova l'ho sentita e la sento tuttora”.


Camminiamo lentamente lungo il portico quadrato del castello. Le arcate, che si inseguono, scaldate dal sole, disegnano giochi di luce e di ombra. Chiedo a Samuele di parlarmi del suo stile così secco e asciutto, dei dialoghi lucidi e spiazzanti.
“Sullo stile ho lavorato molto, sia nei dialoghi che nelle parti narrative. Ho cercato di applicare la regola dell'economicità: scrivere come se ogni parola costasse un euro ed io li dovessi effettivamente pagare. Ho cercato di evitare i clichè letterari alla ricerca di immagini nuove, di dettagli inusuali, non scontati”.

 

Il libro è stato pubblicato da Einaudi una grande casa editrice italiana. Com'è accostarsi al mondo dell'editoria?
“Mi sono approcciato in maniera totalmente ingenua e non sapevo assolutamente che cosa aspettarmi. Ho avuto la fortuna di lavorare con persone, che non mi hanno mai fatto sentire il giovane esordiente imberbe e senza esperienza. Mi hanno messo a mio agio, si è instaurato un dialogo paritario sempre estremamente rispettoso”.

 

Hai già in progetto il prossimo lavoro? 
Samuele ride. “Ho qualche suggestione. So che voglio continuare a scrivere, perché quando scrivo sento di aver trovato il mio posto nel mondo”.

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