10-09-2015 ore 10:53 | Cultura - Storia
di Elisabetta Dossena

Historia et imago Cremae. La storia di Caterina Degli Uberti, dal bosco del Novelletto alla chiesa di San Giovanni

Un evento, per essere definito storico deve essere giudicato con una conoscenza il più possibile reale e concreta, evitando di proiettare sul passato realtà o concezioni totalmente estranee ad esso. Non bisogna però avere la pretesa di ricostruire il passato nella sua totalità. Apparentemente, indagando solo superficialmente riguardo alla storia di Caterina Degli Uberti, si potrebbe rimanere deviati perchè essa è strettamente collegata a qualcosa di totalmente irrazionale e indimostrabile come la fede e gli elemneti religiosi. Il fatto, dopo la cronaca delle testimonianze dell'epoca, è criticamente inoppugnabile perchè é stato messo agli atti da notai civili ed è stato riconsciuto dalla Chiesa. È però curioso notare come la storia semplice e quotidiana di una giovane accostumatissima - così la definiva un autore accreditato - e devotissima, si intrecci con la fondazione di una chiesa, S. Maria della Croce e come il popolo cremasco si sia mostrato attento alla volontà divina. Utilizzando le parole di Cicerone, autore di un'altra epoca ma questa è una storia “vera testimone dei tempi, luce della verità, messaggera dell'antichità” che ci permette di non cadere nella trappola dell'oblio punuale e spietato.

 

Casato e qualità morali

Cerina era una giovane donna che apparteneva alla famiglia Degli Uberti, a Crema molto accreditata e di buona fama. La ragazza, dopo la morte del padre ed uno dei fratelli, Giandomenico, viveva nella casa paterna in compagnia della nuora e dei nipoti. L'abitazione si trovava dove oggi è eretta la chiesa di San Giovanni in via Matteotti e la sua camera era collocata sopra la sacrestia. Caterina si distingueva dalle coetane perchè oltre ad essere di aspetto piacevole, aveva doti e qualità morali eccezionali: una giovane savia, modesta, pudica e inviolabilmente attaccata alla religione, unica sua gioia in una vita desolata. In età da marito, il fratello Cristoforo, decise di farla sposare con un ragazzo bergamasco, poco più grande di lei, di onorata famiglia ma di carattere burbero e impetuoso, accusato e bandito dalla citttà natale per omicidio. Bartolomeo Bederbelli, questo il nome dell' uomo, soprannominato Contaglio, non era molto interessato alla felicità di Caterina e, probabilmete, il loro era stato solo un matrimonio d'interesse. Il giovane le dedicava poche attenzioni ed era sempre in viaggio per affari o per distrazioni.

 

Assassinio

La sera del 3 aprile 1490, con la scusa di portarla a conoscere la famiglia, Contaglio riesce a persuadere Caterina a vestirsi e agghindarsi con i suoi migliori averi e, ormai a tarda sera, i due partono alla volta di Bergamo. Caterina non era stata capace di rifiutare l'azzardato volere del marito, anche se consapevole di trovarsi sola e in pericolo. L'uomo, freddo calcolatore, invece di prendere la via più breve, decise di fare un giro più lungo ed esterno alle mura mettendo un'impenetrabile barriera tra Caterina e ogni possibilità di soccorso. La fanciulla si trovava completamente in balia del mostruoso compagno e a circa un miglio da Crema. Arrivati nel bosco del Novelletto, si consumò la tremenda scena. Forse per un diverbio, Bartolomeo Petrobelli aggredisce l'indifesa ragazza, strappandole con forza e brutalità le vesti e tutti i gioielli. Per finirla, con uno spadaccino, l'aggredisce mirando al capo e le tronca la mano destra.

 

Apparizione della Beata Vergine

La ragazza giace tra le sterpaglie in condizioni drammatiche. Le ferite sono profonde e la morte è vicina. Intanto la notte sta calando, il silenzio nel freddo bosco è sovrano e Caterina è animata solo dall' angoscia e dalla solitudine. Rimasta tradita dalla fiducia data al marito, negli attimi prima di spirare non sa a chi rivolgere i suoi pensieri: non ha padre, non ha madre, ma sente vicino a lei la dolcezza di un'amorosa presenza protettrice, di un'amica che non tradisce. Da devota, si rivolge fiduciosa alla Madonna pregandola di farle ottenere per un'ultima volta i sacramenti. Un brivido la scuote e i suoi occhi ormai già chiusi si riaprono. Accanto a lei si scopre una donna dallo sguardo dolce, il portamento dignitoso ed avvolta in un mantello. Realtà o illusione? La misteriosa donna tranquillizza Caterina e la convince ad alzarsi; la conduce attraverso le tenebre più buie verso un sentiero in direzione della città. Caterina si lascia condurre e le due giungono alla Cascina dei Samanni. La moribonda viene subito soccorsa e vista la gravità della situazione, trasportata presso una dimora più accogliente, la casa dei signori Mongia. Caterina riesce ad esporre con chiarezza e lucidità i fatti, ottiene i sacramenti, perdona il marito ma poco dopo, l'emorragia riprende. Il miracolo è evidente: al cenno di una mano divina la morte si è arrestata. La giovane verrà sepolta nella chiesa di San Benedetto.

 

Accadimenti nel Novelletto

La morte di Caterina suscitò clamore tra la gente di Crema che iniziò a recarsi in pellegrinaggio sul luogo del misfatto dove, a ricordo, era stata piantata una croce di legno. Molti erano coloro che negavano tutto e molti quelli che, pur ammettendo la realtà dell' apparizione, erano incerti sulla persona apparsa, come annotava nel suo zibaldone messer Stefano Colderero. Invece monsignor Andrea Robatti, vicario vescovo di Piacenza, non dubitò mai della veridictà dell'accaduto. Le voci insomma erano tra loro discordanti e in opposizione e molti, moltissimi i dubbi tra i cremaschi. Nessuno si spiegava come fosse possibile che la Santa vegine potesse aver visitato la piccola Crema ed aiutato la povera ragazza: era troppo. Il popolo cremasco si era però dimenticato che “le vie del Signore sono infinite” e che la cosa che più conta è la purezza dell'animo. Per tutti coloro che credevano nel miracolo, il bosco del Novelletto era diventato un luogo di pellegrinaggio e il 3 maggio successivo, un mese dopo la morte di Caterina, un ragazzino di undici anni, tal Francesco Marazzi, affetto da paralisi, venne portato in quel punto e ricevette la guarigione. Il cronista dice: “Pieno di letizia, la gloriosa Vergine laudando a casa con la madre ritorna... e la fama vola nel celeste caso”. Anche i più scettici a questo punto credono nel miracolo, convinti che la potenza e la forza di Dio fosse arrivata nel cremasco. Ormai, era tutto lampante e innegabile.

 

Principio del nuovo tempio

La buona Caterina occupa il cuore dei cremaschi e il numero dei pellegrini alla croce nel bosco del Novelletto non accenna a diminuire. Diventa comune l'idea di edificare una chiesa in grado di accogliere tutti i fedeli provenienti da ogni dove. I provveditori diedero ordine di progettare la chiesa a uno dei più celebri discepoli del Bramante, che fu poi sostituito, dopo aver abbandonato per sua scelta i lavori, da Giovanni Antonio Montanaro. Il tempio, dopo non poche difficoltà di diverso genere, sorse come effetto di un incantesimo nel suo insieme architettonico e coloristico, assumendo l'aspetto di una visione, un sogno.


Fonti

Sforza Benventuti Francesco-Dizionario biografico cremasco- Forni editore-Crema 1888. T. Ronna- Storia della Chiesa di S.M. della Croce-Milano 1824. Alpini, Bora, Edallo, Giordano, Lasagni, Sambusiti-La Basilica di Santa maria della Croce a Crema- Banca Popolare di Crema-1990.

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