10-03-2020 ore 19:45 | Cultura - Incontri
di Angelo Tagliani

Cambiare, ma come? Con l’apprendimento sociale e seguendo i comportamenti virtuosi

Stay tuned, stay home. Vengo anche io? No! Tutti abbiamo visto, ribattute dai social, le immagini della ressa in stazione Centrale a Milano sabato sera, quando si affacciava al mondo la prospettiva della Lombardia zona rossa. Paura? Irresponsabilità? Tutti abbiamo visto, sempre sui social, scene di “affollamento nei luoghi pubblici”, bar, parchi, quando dagli scienziati agli organi ufficiali tutti ammonivano: “state a casa”. Tentativo di gestire la paura? Minimizzazione?

 

Ci opponiamo al cambiamento

In situazioni di emergenza la paura è la prima emozione avvertita (vedi articolo sulla resilienza) e, in quanto utile ad attivarsi per far fronte al pericolo, è sana. Con il passare dei giorni diventa però disfunzionale, perché impedisce di fare ciò che è necessario fare in emergenza: resilire, cambiare, in quanto non è più possibile fare ciò che si faceva fino a qualche giorno prima. Del resto “tutte le situazioni forti che ci costringano a cambiare in breve tempo e radicalmente il nostro stile di vita trovano in noi una immediata reazione di difesa e negazione. Tradotto: ci opponiamo al cambiamento” spiega Angela Fedi, professore associato di Psicologia sociale e di Comunità all’Università di Torino.

 

Paura irrazionale

“Questo accade anche se il cambiamento è positivo, figuriamoci in questo frangente in cui il cambiamento viene percepito come restrizione e limitazione. Aggiungiamo poi la paura, irrazionale, che emerge nel sentir parlare di zona rossa, che fa sorgere un’idea di pericolo e, conseguentemente, un bisogno di fuga dalla zona rossa medesima. Infine l’indeterminatezza temporale di questo cambiamento: 8 marzo, 15 marzo, 3 aprile, sono progressivi spostamenti che creano confusione, incertezza, cui la persona risponde con la rigidità, non cambiando appunto i propri comportamenti”. Evidentemente non possiamo permetterci di continuare a non cambiare, come dicono gli stessi numeri. Come possiamo aiutarci in questo frangente?

 

Apprendimento sociale

La scienza psicologica propone il concetto di “apprendimento sociale”, che si può tradurre con “fare prendendo esempio dagli altri,” dagli altri “giusti”, quelli che mettono in atto comportamenti virtuosi. E da lì farci poi noi stessi portatori di questi comportamenti, perché essere d’esempio è una strategia che rafforza la nostra autostima e la nostra sicurezza. Il difficile sta nel riconoscere chi siano le persone da imitare. Gli esseri umani imitano, nel bene o nel male, i comportamenti delle persone di cui si fidano. Teniamolo presente anche per i bambini, che nutrono fiducia nei genitori e negli insegnanti e li prendono ad esempio. Ognuno di noi, cambiando in modo virtuoso il proprio comportamento sull’esempio di una persona di fiducia, può a sua volta far cambiare idea e comportamento ad altre persone che si fidano di lui: i suoi familiari, i suoi cari.

 

La capacità di affrontare la crisi

Così facendo cresce la resilienza della comunità, la sua capacità di affrontare le crisi. Ricordiamoci infine un precetto fondamentale in situazioni di emergenza: l’osservanza delle regole e dei protocolli proposti dalla Comunità Scientifica e dalle Istituzioni, che se applicati fiduciosamente e automaticamente fanno si che non ci facciamo travolgere dalla paura e dall’ansia. Seguiamo le regole indicate, non per piaggeria o conformismo ma per senso di responsabilità sociale, che in fondo altro non è che la nostra capacità di dare risposte adeguate per noi stessi e per gli altri – le ormai famose risposte virtuose - nelle situazioni critiche. (Autrice: Silvia Galvani, psicoterapeuta, dottore di ricerca in psicologia sociale con particolare esperienza di interventi in contesti di emergenza).

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