Lo splendido contesto degli affreschi della sala Pietro da Cemmo presso il centro culturale Sant'Agostino di Crema ha accolto la prima serata della dodicesima edizione del festival cultural gastronomico I Mondi di Carta. Di fronte ad una platea non numerosa, anche a causa delle pessime condizioni meteorologiche, ma decisamente interessata e partecipe, è stato affrontato il tema "La vita in gioco". Sei ospiti, esperti nell'ambito della ludopatia e dei servizi sul territorio per i giocatori d'azzardo e i loro familiari, hanno condiviso i loro saperi e le loro esperienze di vita personale e professionale con i presenti, moderati da Rosalba Torretta. I relatori, sulla base dei differenti ruoli e delle diverse competenze, acquisite sia attraverso appositi percorsi di formazione, sia direttamente sul campo, hanno dialogato tra loro e con il pubblico, cercando di inquadrare da diverse prospettive la complessa realtà del gioco d'azzardo.
Homo faber, homo ludens
Il dottore Antonio Prete, direttore del Serd di Crema, ha proposto un interessante excursus storico, partendo dall'homo sapiens, in grado di fare e di creare per arrivare fino ai giorni nostri, come a sottolineare che alcune dinamiche umane sono rimaste invariate nella loro essenza dagli albori della storia ad oggi. Il dirigente medico ha ripercorso sinteticamente le tappe legislative, che hanno modificato l'approccio al mondo del gioco d'azzardo e le regole di contrasto, più o meno deciso, a seconda del momento storico e politico: dal 1977, anno in cui il gioco d'azzardo patologico è comparso nella classificazione internazionale delle malattie alla deregulation, iniziata nel 1992, a fronte della forte crisi economica, che imponeva all'Italia di reperire ingenti entrate fiscali, dal Decreto Balduzzi del 2012 al periodo del Covid, che ha determinato il sopravvento del gioco online rispetto a quello in presenza.
Entità del fenomeno
“Nel 2006 in Italia si spendevano per il gioco d'azzardo 50 miliardi di euro all'anno – prosegue Prete - nel 2023 sono diventati 150 miliardi di euro all'anno; se si considera che il sistema sanitario nazionale costa allo Stato ogni anno circa 128 miliardi e che tutti gli italiani complessivamente in un anno spendono circa 160 miliardi di euro per fare la spesa si può comprendere la portata di questi dati. Il numero di persone affette da patologia da gioco d'azzardo varia dallo 0,5 al 2,2% e questi sono numeri alti a fronte di pochissime richieste di aiuto: a Crema all'incirca solo 100 utenti all'anno chiedono aiuto sugli 800 potenziali pazienti, stimati come percentuale minima. Il medico conclude il suo intervento affermando che forse i servizi attualmente aperti non sono sufficientemente attraenti e che si potrebbe pensare alle case di comunità come sedi meno stigmatizzanti per i pazienti.
Le parole in gioco
Dopo la proiezione di due filmati, con testimonianze di medici, educatori, operatori e assistiti, l'intervento di Alice Gaudenzi, psicologa clinica di Asst Crema, si è concentrato sugli interventi terapeutici ed educativi. "Ludopatia, la parola che utilizziamo più frequentemente - ha esordito la dottoressa - non è corretta, perché la sua traduzione è malattia del gioco. Ma il gioco è un'azione libera, si svolge in uno spazio/tempo, ha delle regole prestabilite e crea relazioni sociali. Le parole sono importanti perché attivano le aree del cervello". La dottoressa ha poi sottolineato quanto il gioco d'azzardo sia problematico per la società e che soltanto a partire dal 2019 sono stati stanziati fondi e sovvenzioni a sostegno del piano Gap.
L'isolamento del giocatore
Il microfono è passato al dott. Guido Carlotto, che ha illustrato le modalità di accesso libero ai servizi di primo livello come il Serd e di invio da parte dei medici di base o di altre strutture ai servizi di secondo livello, come l'unità operativa di Rivolta d'Adda. "Il gioco d'azzardo porta all'isolamento sociale e può essere contagioso per le persone che vivono accanto al giocatore patologico". L'approccio riabilitativo è sempre multidisciplinare, in quanto i comportamenti di dipendenza sono sintomo di relazioni disfunzionali: il disagio, il vuoto e la sofferenza vengono colmati con la compulsione al gioco. "Il gruppo è fondamentale per ritrovare il rispetto di sé e degli altri. La riabilitazione è un lavoro molto lungo".
La rete sociale
E' stata quindi la volta di Federica Traspadini, assistente sociale di ASST Crema, che ha toccato il ruolo dei servizi sociali, dove avviene il colloquio di conoscenza, volto a ricostruire la storia personale del paziente, con l'individuazione dei punti di forza e di debolezza. “L'èquipe valuta la situazione dell'utente e si attiva per ottenere aiuti materiali- continua la relatrice – Uno dei problemi più diffusi è il controllo economico, la gestione diretta dei soldi, che spesso diventa impossibile da parte dei familiari”. Su questo filone si è inserita l'avvocato Cecilia Gipponi, che ha approfondito il ricorso alla figura dell'amministratore di sostegno, spesso necessaria nei casi di disturbo patologico cronico, da lei definito come “un abito su misura” ovvero una persona di riferimento, nominata dal tribunale in modo da incidere il meno possibile sulla libertà dell'individuo.
Vinci solo quando smetti
Ha concluso la serata l'intervento della dott.ssa Paola Grossi, che ha sottolineato la responsabilità del mondo adulto rispetto ai giovani, per esempio in termini di controllo parentale sull'utilizzo dei dispositivi e dell'accesso ad internet, dove ormai si svolgono le attività preponderanti di gioco d'azzardo. La psicologa ha poi elencato i campanelli d'allarme ai quali porre attenzione: irritabilità, ritiro sociale, richiesta continua di soldi, abbandono scolastico e drastico calo del rendimento scolastico potrebbero indicare la presenza di una forma di dipendenza. Per questo è importante porre in essere attività e progetti di sensibilizzazione, in modo da promuovere e diffondere la cultura del “vinci solo quando smetti”. La serata è terminata con la testimonianza di Gianmario e Katia, che hanno raccontato una storia di dipendenza dal gioco d'azzardo, che ha avuto un lieto fine.