09-08-2016 ore 18:55 | Cultura - Dischi
di Afterglow

Pawn Hearts. I Van Der Graaf Generator e il lato oscuro del rock progressive

Quarto album in studio, Pawn Hearts è un capolavoro sonoro del gruppo inglese Van Der Graaf Generator, attivo dal 1967 a Manchester. Il sound cupo e doloroso, rifugge dal solito formato “canzone” e azzarda tre lunghe suite dai testi inquietanti e pessimistici sul destino dell’uomo, dell’universo e della morte. L’album apre con dissonanze d’organo e riff psicotici dei sax elettrici di Lemming, drammatico pezzo in cui il suicidio collettivo dei roditori è assunto a metafora della nevrosi moderna e del destino dell’umanità dal filosofico Hammill: magnifico l’affiatamento di Jackson e Banton, superbo il drumming di Evans. Segue Man Erg una lirica nevrotica, dissonante e ossessiva, seppur di grande dolcezza, all’uomo del futuro rimasto dolorosamente solo sulla terra. Grande pezzo di Hammill, interpretato con veemenza e passione, con un iniziale delicato e romantico pianoforte e un esplosivo intermezzo di fiati e percussioni.

 

L’immancabile suite

Infine la suite, caratteristica degli anni '70: un solo brano per una intera facciata. A Plague of Lighthouse Keepers, il fulcro dell’opera, in origine non è concepita come unico pezzo, ma come successione di brani tematici. È di Hugh Banton la magia. La suite glorificazione della solitudine della condizione umana, caleidoscopio di suoni di 23 minuti, è suddivisa in 10 sottosezioni che occupano tutto il lato B del vinile: coro di bambini (ottenuto con sovraincisioni vocali del leader), stridenti e acute note di sax a imitazione di raggelanti navi fantasma, accordi celestiali d'organo a rappresentare le atmosfere glaciali, desertiche e buie dell’umanità. Superlativo Robert Fripp nel suo assolo di rara bellezza!

 

Curiosità e formazione

Appassionati di elettronica, i membri della band adottano effetti strabilianti: l'organista Hugh Banton si costruisce i suoi strumenti per ottenere le più impossibili distorsioni, il sassofonista David Jackson applica distorsioni ed effetti ai suoi sassofoni, usati spesso in contemporanea e diffusi in sala tramite amplificatori per chitarra elettrica, Guy Evans amplifica la sua batteria con riverberi inimaginabili per gli anni ’70. Peter Hammill, dotato di un autentico strumento vocale capace di scalare più ottave, è chiamato l’Hendrix della voce. Nel vinile americano e canadese compare la famosa Theme One composta da George Martin (il 5° Beatles). In Italia il disco resta nella Top Ten per 12 settimane. Nel 2004 Peter Hammill riceve il Premio Tenco. La copertina surrealista del disco è opera del designer Paul Whitehead. Formazione: Hugh Banton: piano, organo, mellotron, sinth; Guy Evans: batteria, piano, percussioni; Peter Hammill: voce, piano, chitarra acustica; David Jackson: sax tenore, sax soprano, flauto. Ospite speciale Robert Fripp: chitarra elettrica.

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