08-11-2024 ore 18:43 | Cultura - Proiezioni
di Michele Gennuso

In Parthenope si parla anche di ciascuno di noi: è l’evoluzione complessa del nostro essere

Quando nei giorni successivi alla visione di un film continui a ripensare a quello che hai visto, alle emozioni che hai provato, alle frasi che hai ascoltato non puoi che ammettere di essere diventato paradossalmente parte integrante della storia; ed è un po' quello che succede dopo la visione di Parthenope che apparentemente sembra raccontare una storia distante che non ci appartiene quanto in realtà quello che Sorrentino ci mostra è l’evoluzione complessa del nostro essere, del nostro abitare il quotidiano, della ricerca di senso a cui in pochi riescono realmente a sottrarsi: in Parthenope si parla anche di noi, di ciascuno di noi.

 

L’indiscussa protagonista

Si parte da un fatto profondamente umano misto al mito della nascita di Napoli, una scena di una potenza cinematografica sconvolgente, sorprendente ed emozionante che apre il sipario e permette l’ingresso sulla scena alla protagonista indiscussa della vicenda: la Bellezza (incarnata da una sconvolgente Celeste Dalla Porta alla sua prima – riuscitissima - esperienza cinematografica). Una bellezza che riveste i volti, i corpi, i panorami (mozzafiato) resi magistrali da una fotografia densa e intensa, mai sfumata, mai accennata, con una la luce che emerge potente dalla pellicola! Una luce che rende vivida la bellezza “che è come la guerra, apre le porte!”

 

La ricerca continua

L’apertura di ogni porta presuppone il coraggio di andare oltre, di spingersi verso qualcosa di non conosciuto, di attivare (o accettare) quella ricerca interiore per trovare le radici della bellezza che non è solo un “fatto fisico” determinato dal “vedere” (tipico di chi si occupa di antropologia): la bellezza è una dimensione, è un tendere, è un cercare di raggiungere, è nostalgia. Quello che mi porto dentro dopo la visione di questo film è proprio questa enorme dose di nostalgia che appartiene all’umano, è come se un marchio ci ha segnati sin dal nostro essere parte integrante del mondo e non facciamo altro che ricercare l’origine di questo segnale (marchio) che ci rende così umani, “belli” e quindi desiderabili.

 

Bella e dannata

La nostalgia un desiderio pungente o addirittura un rimpianto malinconico di quanto è trascorso o lontano e quindi già incontrato e conosciuto. Ci sono tanti sguardi durante il film, e tante dense lacrime, tante belle, necessarie, liberatorie lacrime di una umanità che è scombussolata dal mistero della bellezza che è sì incarnata da Parthenope che la diffonde come ossigeno che si respira ma che non è mai abbastanza, che soddisfa ma non riempie. Parthenope quasi vittima della sua bellezza, come Napoli, bella e dannata (che meraviglia la scena notturna dei sobborghi tanto poveri quanto vitali della città: il magma nascosto metafora di un vulcano apparentemente spento).

 

La mente creativa

E Sorrentino accarezza e schiaffeggia (bonariamente) infatti è un film non solo da rivedere ma da “riascoltare”; tante sono le frasi che da sole meriterebbero una approfondita riflessione; e non ci sono momenti in cui si abbassa l’intensità della azione, ogni personaggio si prende la scena in maniera prepotente: Greta Cool (una densa Luisa Ranieri) vittima della sua amata/odiata Napoli che le ha sfibrato l’anima come è successo ai suoi capelli diradati; lo scrittore John Cheever interpretato da Gary Oldman (quanto lo ho amato!) un concentrato di tenera disperazione; Flora Malva (una magnetica Isabella Ferrari) incastrata nella solitudine della sua fama; Devoto Marotta il professore di antropologia (ma quanto è bravo Silvio Orlando?) che ci conduce a comprendere che il valore della bellezza va ben oltre i classici canoni ed è ancora una volta un fatto interiore (ma quanto è complicato diventarne consapevoli!); il viscido Cardinale Tesorone un riuscito Peppe Lanzetta. E c’è infine un disperato bisogno di amore, una umanità fragile che lo desidera ma che non riesce però a reggerne il peso. Credo che come italiani dobbiamo essere orgogliosi di avere come regista Sorrentino, mi piacerebbe trascorrere un po' di tempo nella sua mente creativa per comprendere quali meccanismi sottendono una simile capacità di scrittura (è sua anche la sceneggiatura) così visionaria, così spessa nei contenuti, così emozionante. Grazie.

 

 

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