08-04-2023 ore 20:33 | Cultura - Libri
di Paolo Emilio Solzi

Russia e Ucraina, il libro di Tim Marshall fornisce una mappa per capire meglio la guerra

Sono state formulate diverse ipotesi per individuare le cause del conflitto russo-ucraino, dall’espansione della NATO in Europa orientale alla volontà di Vladimir Putin di ricostruire l’ex impero sovietico. Nel libricino Russia e Ucraina. La mappa che spiega la guerra (Garzanti, 2022), ben tradotto in italiano da Roberto Merlini, Tim Marshall prova a scavare più a fondo, esaminando due aspetti geostrategici vitali per la Russia. L’autore non si schiera con nessuno dei belligeranti, anche perché l’opera è un estratto di un libro pubblicato alcuni anni prima, quando le ostilità erano già iniziate ma l’invasione del 24 febbraio 2022 era ancora lontana.

 

Un tappeto di boschi selvaggi

La Russia è il Paese più grande del mondo: il doppio degli Stati Uniti o della Cina, cinque volte l’India. La Russia europea è ad ovest dei monti Urali, mentre a est la Siberia si estende fino al Pacifico. Sugli Urali una croce cristiana “segna il punto in cui finisce l’Europa e comincia l’Asia”. È il luogo ideale per capire quanto il Paese sia immenso. Da San Pietroburgo agli Urali sono 2400 chilometri; ne mancano altri 7000 per giungere allo stretto di Bering. Il 75% del territorio della Russia si trova in Asia, ma è abitato soltanto dal 22% della popolazione. La Siberia “ospita il grosso dei minerali, del petrolio e del gas naturale”, tuttavia “è una terra aspra, gelata per mesi, con grandissime foreste (la taiga), un terreno poco adatto alla coltivazione e vaste zone paludose. Solo due reti ferroviarie la percorrono” longitudinalmente (la Transiberiana e la Bajkal-Amur) e per attraversarla in treno ci vogliono sei giorni.

 

L’antico problema della pianura nordeuropea

La geografia tutela la Russia europea sul fronte orientale. In Siberia non c’è granché da attaccare, a parte “la neve, e si potrebbe arrivare solo fino agli Urali”, che formano una barriera naturale di oltre 2000 chilometri. Un esercito proveniente dall’Asia dovrebbe “occupare un territorio vastissimo […] con linee di approvvigionamento molto lunghe”. Invece ad ovest della Russia la pianura nordeuropea “abbraccia tutta la Francia occidentale e settentrionale, il Belgio, l’Olanda, la Germania [del nord] e quasi tutta la Polonia”. Dal Mar Baltico ai monti Carpazi è ampia meno di 500 chilometri, ma “da quel punto il cuneo inizia ad allargarsi […] ed è tutto pianeggiante fino a Mosca”. È difficile difendersi al suo interno, infatti la Russia è stata invasa “nel 1605 dai polacchi, nel 1708 dagli svedesi, dai francesi […] nel 1812 e dai tedeschi in entrambe le Guerre Mondiali nel 1914 e nel 1941”. Se non è mai stata conquistata è solo perché, anche da questo lato, le linee di rifornimento delle truppe che raggiungono Mosca sono “insostenibilmente lunghe: un errore che commise Napoleone” e fu ripetuto da Hitler.

 

La Rus’ di Kiev e il Gran Principato di Moscovia

Gli albori della Russia risalgono al IX secolo. La Rus’ di Kiev era una “federazione di tribù della Slavia orientale” che si consolidò nella capitale dell’odierna Ucraina e in altre città del bacino del fiume Dnepr. Nel XIII secolo i mongoli, guidati dai successori di Gengis Khan, assediarono quella regione e infine la occuparono. I russi dovettero trasferirsi a nord-est, nei dintorni di Mosca. Il Gran Principato di Moscovia però era facilmente espugnabile. Era tutta una pianura e nella steppa l’invasore poteva avanzare a suo piacimento. Nel 1547 salì al potere “Ivan il Terribile, il primo zar della storia, colui che mise in pratica l’idea dell’attacco come difesa”. L’impero russo (fondato da Pietro il Grande nel 1721) si espanse creando, intorno a Mosca, una zona cuscinetto che comprendeva “la regione del Baltico, poi i Carpazi, il Mar Nero, il Caucaso e il Mar Caspio, e si chiudeva” con gli Urali fino all’Artide.

 

La posizione della Russia e le rotte di navigazione

Dopo la pianura nordeuropea, l’altro Tallone d’Achille della Russia è la mancanza di “un porto affacciato su acque temperate che non gelano d’inverno, e un libero accesso alle rotte commerciali più importanti […]. I porti dell’Artico, come Murmansk, restano imprigionati nella morsa del ghiaccio per diversi mesi all’anno; Vladivostok, il più grande porto russo” sul Pacifico, rimane annualmente “bloccato dal gelo per circa quattro mesi ed è circondato dal Mar del Giappone”, dominato dai giapponesi. Inoltre in caso di guerra la marina di Mosca non può uscire “dal Mar Baltico, perché dovrebbe attraversare lo Skagerrak, lo stretto che lo collega al Mare del Nord”, controllato da Danimarca e Norvegia (affiliate alla NATO); “e anche se le navi russe riuscissero a superarlo, la rotta verso l’Atlantico passa necessariamente” in mezzo all’ulteriore varco GIUK, composto da Groenlandia, Islanda e Gran Bretagna, anch’esse parte della NATO.

 

L’Ucraina come Stato cuscinetto e il porto di Sebastopoli

Entrambi i profili geostrategici illustrati coinvolgono l’Ucraina. Finché il presidente era Viktor Janukovyč, “i russi potevano avere la certezza che la loro zona cuscinetto […] avrebbe protetto la pianura nordeuropea”. Quando le fazioni filo-occidentali hanno preso il potere nel 2014, Putin ha annesso la Crimea, con l’ampia insenatura naturale di Sebastopoli, l’unico vero porto in acque tiepide di cui dispone la Russia. L’ingresso “al Mediterraneo dal Mar Nero è limitato dalla convenzione di Montreux del 1936, che assegnò alla Turchia – oggi membro della NATO – il controllo del Bosforo. Le navi militari russe attraversano […] lo stretto, ma in numero” esiguo, e non potrebbero farlo in tempo di guerra. Per arrivare nell’Atlantico, poi, dovrebbero oltrepassare lo stretto di Gibilterra, vigilato dall’omonima base inglese e dalla NATO tramite la Spagna. Dopo l’annessione della Crimea, i russi hanno concentrato a Sebastopoli la loro flotta, che non è ancora “abbastanza forte da uscire di prepotenza dal Mar Nero, ma le sue possibilità sono senza dubbio in aumento”.

 

L’eterno ritorno delle questioni geostrategiche

La Russia, posizionata a nord, è esclusa dalle rotte dei mari caldi. Nel suo testamento redatto nel 1725, Pietro il Grande esortava i suoi successori a combattere fino a Costantinopoli, al Golfo Persico e all’India, perché “chiunque governi laggiù sarà il vero sovrano del mondo”. Nel 2014 Putin “non avrebbe mai accettato di passare alla storia come colui che ha perso […] l’unico porto affacciato su acque tiepide a cui aveva accesso il suo Paese”. Marshall suggerisce: “Togliete i confini che demarcano gli Stati nazionali, e scoprirete che la cartina geografica che aveva sotto gli occhi Ivan il Terribile nel XVI secolo è la stessa che ha di fronte oggi Vladimir Putin”. È irrilevante che la Russia sia zarista, marxista-leninista o post-sovietica. Gli interessi geostrategici e i problemi che ogni suo leader ha dovuto gestire sono sempre i soliti: la pianura nordeuropea resta priva di difese naturali e le acque dei porti continuano a congelarsi.

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