06-12-2024 ore 19:33 | Cultura - Incontri
di Denise Nosotti

Crema uno: lingua madre quale veicolo di pace. Incontro in musica ricordando Giusy Gusmaroli

All’istituto comprensivo Crema uno si parla di pace, con un incontro, nella sala Costi dell’ex istituto Folcioni, fatto di informazione e formazione sul valore della lingua madre. Il progetto dell’Istituto comprensivo Crema Uno, diretto da Attilio Maccoppi, intende valorizzare tutte le lingue madri presenti nella scuola ricordando Giusy Gusmaroli che tanto ha dato perché la lingua diventasse patrimonio di tutti. L’incontro è stato aperto da Gio Bressanelli con una canzone di Fabrizio de André in dialetto genovese, A çimma, accompagnandosi con uno strumento di origine greca: il bouzouki. È un triplo tuffo nel cuore di ogni cultura.

 

Storia e cultura

Il dirigente scolastico Attilio Maccoppi e l’assessora all’istruzione Emanuela Nichetti, hanno illustrato il tema con Enrico Fantoni, direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Crema. Dare valore ad una lingua madre, in una scuola che ormai è un vero mix di culture, vuol dire riconoscere e valorizzare un aspetto importante della storia di ciascuno. Significa dare a tutti i bambini il messaggio che ogni cultura vale. Il primo ospite a prendere la parola è stata  Geneviève Makaping, antropologa, originaria del Camerun, da oltre trent’anni in Italia, docente di lingua e letteratura francese presso la Fondazione universitaria di Mantova.

 

La lingua madre

Ha esordito ricordando come la terra dove è nata è un’Africa in miniatura. Il Camerun conta infatti ben 700 gruppi etnici e si parlano 300 lingue incomprensibili l’una con l’altra. Per questo motivo la parola pace, ha assunto un valore fondamentale per costruire una comunicazione positiva e creativa. Analizzando i sostantivi: lingua e madre, si coglie come in essa sia racchiuso il germe della pace. La lingua della mamma è la prima ad essere ascoltata, è quella delle carezze, è sempre sussurrata, anche se ben scandita, è parlata non per essere ascoltata, ma capita, è il luogo della sicurezza, dove non ci sentiamo stranieri, è la prima scuola, quella dell’umanità, è il luogo della formazione dell’identità, è il fondamento stesso della scienza dell’uomo.

 

Rumeno e dialetto

Ioana Marcu è un’insegnate di lingua e letteratura rumena. È in Italia dal 2008, da quando cioè il governo italiano e quello rumeno hanno stipulato una convenzione con la quale è possibile insegnare la lingua rumena nelle scuole italiane che ne fanno richiesta. Questo per permettere ai bambini, alle bambine e ai giovani rumeni emigrati da noi di non perdere il contatto con la lingua madre. Così Ioana rende concreti i principi enunciati da Makaping, in diverse scuole del, cremasco e della provincia di Bergamo. Così al termine del suo intervento ha voluto citare alcuni versi del poeta Grigori Vieru. È stata poi la volta di due poetesse ben conosciute: Federica Longhi Pezzotti e Lina Francesca Casalini che hanno parlato di una lingua madre un po’ particolare: il dialetto, a lungo considerato di serie B, in perenne concorrenza con l’italiano. Eppure, il dialetto racchiude la storia della comunità locale, della sua cultura trasmessa oralmente di generazione in generazione. È stato il mezzo con cui il popolo ha tramandato nel tempo il patrimonio tecnico, le esperienze esistenziali, le feste, i riti, i canti, le feste, le leggende, i proverbi, le filastrocche, le ricette e quanto fa parte della storia locale. Conoscere il dialetto è quindi possedere lo strumento per capire il mondo da cui siamo venuti e nel quale siamo ancora immersi.

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