Parrebbe dalle cronache cremasche che l’Unità d’Italia non abbia scatenato le fazioni, gli entusiasmi e le passioni proprie di un evento di tale portata; i cremaschi fecero spallucce a questa union sacrée, essendo sempre e comunque indaffarati nel proprio lavoro, soprattutto nei campi. Erano oramai avvezzi ad essere aggiogati, tant’è che nel corso dei secoli un po’ tutti hanno signoreggiato su Crema e sul suo contado, perciò si adattarono: dalle cronache tolsero le piccole storie loci e ogni giorno aspettavano le notizione che giungevano da ogni angolo del nuovo Bel Paese unito.
La mancanza di grandi celebrazioni
D’altro canto le nostre migliori menti avevano sempre avuto la valigia pronta, ne citiamo qualcuna: Alessandro Racchetti, celebrato e sommo giurista, troneggiava in cattedra all’università di Padova. Antonio Ronna fu costretto all’esilio a Parigi ove pubblicò un dizionario francese-italiano. Giovanni Cavalleri fisico e astronomo e Faustino Vimercati economo, agronomo e dotto in statistica veleggiavano per altri lidi. In mancanza dunque di grandi celebrazioni e di solenni cortei, elenchiamo alcuni fatti che riteniamo importanti e che avvennero in quello scorcio di secolo.
Alla periferia della Grande Storia
II 12 giugno 1859 gli austriaci abbandonarono Crema per sempre , appena giunti di là del ponte sul fiume Serio lo demolirono, probabilmente il loro saluto d’ordinanza. Il giorno istesso i capintesta cremaschi vergarono un documento al re Vittorio Emanuele offrendogli la città, preso atto che l’effimero tentativo di crearsi provincia autonoma era naufragato tempo addietro. Ma il destino è sempre crudele ad peiorandum: fummo con sommo sfregio distaccati da Lodi ed annessi alla provincia della fatal Cremona. Fu così che passato il Rubicone del 1861, dopo l’Unità d’Italia, Crema si trovò alla periferia della Grande Storia.
Il ritorno del tribunale
Nel 1852 Bonifacio Samarani pubblicò il vocabolario cremasco-italiano, fu il primo libro di tal genere. Nel 1859 fra l’area della roggia e la Contrada della Ruota si installarono R.R. Carabinieri e vi rimasero fino ai primi del ‘900 per poi trasferirsi in via Goldaniga. Il 14 Aprile 1862 grazie alla legge Rattazzi Crema riebbe il suo tribunale. I giornali in quel tempo erano numerosissimi e tutti legati ai partiti (ma và!) la cadenza era settimanale: non vi erano perciò quotidiani. In città la prima banca fu aperta nel 1843, era la cassa di Risparmio, la seconda fu la Banca Popolare Agricola, aperta nel 1870. In quei tempi in Crema vi era una stazione di pompieri “fai da te” che i cremaschi chiamavano le famose autopompe del Gotti, il Gotti era facente funzione capo pompiere e comandava sei pompieri più due ausiliari.
Il mondo in evoluzione
Quando scoppiava un incendio arrivavano con i secchi scendendo dal carro in mezzo al parapiglia. I cremaschi si mettevano le mani nei capelli quando succedevano quei fatti, perché pareva che i pompieri in azione ravvivassero il fuoco, anziché domarlo. Il celebre caffè Marini nel 1863 di piazza Duomo si chiamava caffè Parelli. Nel 1870 venne demolita la chiesa dedicata a San Francesco per dare spazio al Palazzo delle Poste, nel 1874 s’iniziò la costruzione di un ponte in ferro sul fiume Serio; nel 1882 gli abitanti di Crema erano 8.260 più 860 sparsi nei sobborghi. Nel 1885 fu dato ricetto dal Comune alla moltitudine di povera gente che mendicava bussando alle porte e venne aperto un locale a Santa Chiara ove i reietti trovarono conforto, un pasto caldo e un tetto sicuro. Dopodiché nel 1887 iniziarono gli sbancamenti del canale Marzano verso nord – est. Nel 1888 vennero aperti i varchi presso Porta Pianengo e Porta Ripalta: le porte erano state chiuse nel 1750.
I cremaschi illustri
Chiudiamo questo frammento di quel nostro piccolo mondo antico con alcuni fra i più illustri cremaschi. Gli storici: Francesco Sforza Benvenuti,Giuseppe Racchetti, Giovanni Solera,Angelo Zavaglio. Per le lettere: Federico Pesadori, Bonifacio Samarani, Ferdinando Meneghezzi e Matteo Benvenuti. Per le scienze: Giovanni Vailati, Carlo Donati, Angelo Crespi. Filosofia e Teologia: Giovanni Vailati e Andrea Cappellazzi. Pittura: Luigi Manini e Angelo Bacchetta. Scultura: Quintilio Corbellini. musica: Bottesini, Pavesi, Vailati, Gallini, Petrali. Organari: Giovanni Tamburini e Pacifico Inzoli. Giuristi: Pietro Donati e Luigi Griffini. Economisti: Stefano Allocchio e Alonso Vimercati Sanseverino.
Il vero stemma di Crema
In conclusione con Francesco Foucault che sposò la cremasca Cloe Zanchi, egli era un’eminenza grigia verso le discipline storico-araldiche. Il Foucault pubblicò a Faenza nel 1874, con la presentazione elogiativa del presidente dell’Accademia Araldica, uno dei suoi libri e fra la miniera d’informazioni fu finalmente svelato l’Arcana Imperii cioè il vero stemma di Crema: “l’arme spiegata da Crema è in contrasto con il vero stemma che è quello donato da Guglielmo Marchese di Monferrato nel 1185” e la prova di quanto sosteneva Foucault era un sigillo del 18 settembre 1450 con impressovi l’arma gentilizia di Giovanni Paleologo Marchese di Monferrato discendente di quel Guglielmo e chiude che lo stemma andrebbe così riformato: scudo pendente ed incavato, d’argento, col capo di rosso, sormontato da Elmo ferrato chiuso da torneo, col cimiero di un massacro di cervo ed un destro braccio coperto di giaco, tenente nella mano una spada nuda coll’elsa d’oro fatta a croce. E bravo Foucault. Fonti: “Folclore Cremasco” don Francesco Piantelli. “Vicende degli Edifici Monumentali e Storici di Crema” Mario Perolini