Solo una confidenza? Io non credo. Il film di Daniele Luchetti con Elio Germano è molto di più. Il cinema nostrano, per fortuna, non è fatto solo di cinepanettoni e qualche volta regala delle perle davvero interessanti. Dal trailer si capiva già che Confidenza, basato sull’omonimo romanzo del 2019 di Domenico Starnone, non era una storia d’amore smielata e scontata – da dimenticare appena usciti dal cinema – ma piuttosto un thriller-drammatico all’italiana.
Un grande attore “e il resto scompare”
Elio Germano è alla quarta collaborazione con Luchetti (dopo Mio fratello è figlio unico, ispirato al libro Il fasciocomunista di Antonio Pennacchi, La nostra vita e Io sono tempesta). L’attore romano ha iniziato la sua carriera cinematografica nel 1993 con la commedia Ci hai rotto papà di Castellano e Pipolo, è apparso in numerose pellicole di registi italiani, da Gabriele Salvatores a Luca Guadagnino, e stranieri, da Abel Ferrara a Rob Marshall. Memorabili le sue interpretazioni nei panni di un insegnante-scrittore in Io e Napoleone di Paolo Virzì, di un giornalista in Diaz di Daniele Vicari (incentrato sui fatti del G8 di Genova) e di Giacomo Leopardi nel Giovane favoloso di Mario Martone. Germano, soprattutto da protagonista, rischia di mettere in ombra tutti gli altri attori con la sua bravura. Anche stavolta lo spettacolo diventa quasi un one man show, fatta eccezione forse solo per l’intramontabile Isabella Ferrari. Quest’ultima, emersa negli anni Ottanta da commedie quali Sapore di mare e Fracchia contro Dracula, è un po’ sprecata, confinata nello stereotipo della “donna ancora affascinante benché non più giovanissima”.
Un protagonista bifronte
Come sempre, Elio Germano appare convincente nell’interpretare un personaggio ambiguo e multiforme: Pietro Vella, professore di Lettere in un liceo di Roma. Vella è piuttosto benvoluto dai suoi studenti, con cui ha un rapporto confidenziale; basa il suo insegnamento sull’affetto e la comprensione verso i ragazzi (che quando diventano ex alunni lo salutano per strada dicendogli: “Imparavamo perché ci volevi bene!”). Ma da lì a rendersi inopportuno, per un insegnante, il passo purtroppo è breve. Vella infatti ha un lato oscuro, è un piccolo seduttore. Dopo viscidi e non troppo velati “provolamenti” con le colleghe di matematica, Vella oltrepassa la “linea rossa” che nessun professore dovrebbe mai attraversare: Teresa Quadraro, una sua allieva promettente, diventa la sua amante.
Una spirale di ricordi e allucinazioni
L’amore è cieco, ma soprattutto acceca, facendo perdere lucidità perfino alle menti più razionali. Nel tentativo di legarsi per sempre a Teresa, Vella le confida un segreto talmente scabroso che gli distruggerebbe la reputazione e la carriera, se venisse alla luce. Dopo la separazione dalla ragazza, man mano che gli anni passano, Vella precipita in una spirale morbosa di ricordi, paure e fantasie omicidiarie provocate dal desiderio di porre fine all’ossessione che Teresa possa rivelare al mondo la terribile verità. Finché, come ha scritto Vittorio Dornetti (un altro professore a noi geograficamente più vicino), “al personaggio (e allo spettatore) non è più concesso di sapere ciò che è reale e ciò che è frutto di uno stato allucinatorio”. E ancora: “la prospettiva di una rivelazione scandalosa (così angosciante che gli appare come un precipitare – o essere spinto – nel vuoto) non risulta affatto priva di senso, non solo per le continue apparizioni [reali o immaginarie] di Teresa, […] ma per l’enigmatica presenza della donna, quasi un fantasma persecutorio […] che turba e confonde (bravissima Federica Rosellini, dagli occhi infuocati e fissi, terribilmente penetranti)”.
Ὁ μῦθος δηλοῖ ὅτι…
La morale di Confidenza ricorda quella di Casino Royale. Nel finale, dopo la morte della mysterious woman di turno (Eva Green) che faceva il doppio gioco, il capo dei servizi segreti M (Judi Dench) chiede a James Bond (Daniel Craig) se si fida ancora di qualcuno. Ricevuta una risposta negativa, M conclude: “Bene, allora hai imparato la lezione”. Confidenza sembra cinicamente metterci in guardia in maniera non troppo diversa: se abbiamo un segreto così compromettente da rovinarci l’esistenza, è meglio non rivelarlo nemmeno a quello che crediamo sia l’amore della nostra vita. Perché, parafrasando il titolo di un altro romanzo di Ian Fleming, gli amori finiscono – soprattutto quelli clandestini – mentre “i ricatti sono per sempre”.