05-11-2023 ore 20:40 | Cultura - Musica
di Annamaria Carioni

Elio e le Storie Tese galvanizzano il Ponchielli: musica, goliardia e risate irrefrenabili

Il Ponchielli ogni volta suscita emozioni: saranno gli stucchi dorati, che contrastano con il rosso cupo delle poltrone e del sipario, saranno i volti delle persone, che ti osservano dai palchi, stasera particolarmente sorridenti, sarò il fitto vociare del pubblico, sold out in trepidante attesa. C'è fermento ancor prima che Elio faccia il suo ingresso. Sulla quinta di fondo campeggia il titolo del tour “Mi resta solo un dente e cerco di riavvitarlo” con la enne di dente scritta a rovescio, preannuncio dei nonsense eliani. Il pubblico è decisamente informale: molti giovani, famiglie con figli, gli ultimi arrivati stanno prendendo posto, quando d'improvviso, a sipario aperto, si diffonde un accordo d'organo e un altoparlante declama: “Fratelli e sorelle, siamo riuniti in questo bel posto per ascoltare una musichina, forse superata, un po' stupidina” e poi esplode la bomba dell'Elio show.

 

I-taaa-liaaaa sì, Italia no

Si parte a mille con La terra dei cachi. Vestiti di bianco, gli Elii prendono posto: Faso al basso, Cesareo alla chitarra elettrica, Meyer alla batteria, Jantoman alle tastiere e con loro il maestro Cosma e la vocalist Paola Folli, ben amalgamati con il resto del gruppo. Al centro del palco, in camicia, giacca e bermuda bianchi, con giarrettiere retrò, che reggono calzini immacolati al polpaccio, arriva lui, Elio, inimitabile, inarrestabile, immarcescibile. Quando intona: “Parcheggi abusivi, applausi abusivi” è subito coro da stadio, ritmo ed energia ai massimi livelli. La prima canzone si chiude con i cori di “uè, uè, uè”: il Ponchielli viene sdoganato e si presta senza ritegno ad accogliere doppi sensi, un gergo a tratti scurrile e battute che rasentano la blasfemia, come “Dio non è più Padre, è genitore uno”. Gli Elii sono in gran forma, per loro il tempo sembra non passare mai.

 

Musica e risate much more

Il pubblico si sente da subito parte viva di uno spettacolo a tutto tondo, dove la musica made in Elio, originale ed eclettica, eseguita magistralmente, interagisce in perfetta sintonia con le parti recitate in stile cabaret: il cardellino innamorato e la cardellina traditrice, le incursioni di Luca Mangoni, guest star nei panni di Super Giovane e di un'improbabile passeggiatrice in pallettes e boa di piume di struzzo. Non è un semplice concerto, è molto di più. Gli Elii toccano i principali temi d'attualità, con sfrenata irriverenza e tagliente ironia: il gender, l'integrazione “che va fatta senza se e senza ma, basta che ognuno resti a casa sua”, il razzismo in brani di denuncia dal sound africano e tribale, l'ecologia in Valzer transgenico, persino la morte nella canzone Urna, il tutto condito di successi, sia nuovi che storici, ed affrontato con un agguerrito spirito di denuncia, che le risate rendono ancora più efficace e stridente.

 

L'amore e il luogo magico

Con il loro stile dissacrante e follemente creativo, divertendo e divertendosi, gli Elii parlano anche d'amore, con Faso che dà lezioni degne di un love coach, illustrando le tre fasi del processo di innamoramento: il presagio, quando l'uomo diventa ricettivo ad ogni segnale di gradimento da parte dell'amata, il lesso, quando comincia a perdere le capacità intellettive, e il servo della gleba, quando ormai, accecato dall'amore, non hai più volontà e per gli amici diventa un fantasma. E via ancora musica. Il luogo magico del “boschetto della mia fantasia” ripropone la storia dei quattro vitelli dai piedi assortiti, con l'incursione finale dell'orsetto ricchione e lo spoiler di come sia andata a finire la sua storia con il vitello dai piedi di balsa. Si ride senza sosta, si canta a squarciagola, ci si sente persino liberi di urlare una parolaccia dalla platea, prontamente afferrata e rilanciata da Elio tra l'approvazione generale, che in quest'atmosfera goliardica e ridanciana non sembra poi così fuori luogo.

 

Cosa penserebbe Amilcare?

Stefano Belisari, in arte Elio, chiama in causa anche Ponchielli: “Chissà cosa penserebbe Amilcare di questo evento così culturale”. La parte finale della serata è psichedelica, con un'energia che si è mantenuta altissima per tutta l'esibizione: tornano il sound clerical/anni ottanta di Born to be Abramo e i tempi della festa delle medie di Tapparella, con la sala che si accende delle mille luci delle torce dei cellulari. Non può mancare il ricordo del mai dimenticato Paolo Panigada: gli Elii e il pubblico, scandendo il tempo con il battito delle mani, intonano all'unisono “Forza, Panino”, uno dei tanti soprannomi di Feiez, il musicista cremasco, storico componente della band, scomparso nel 1998. Il frontman saluta i presenti, che non smettono di applaudire e dimostrare il loro apprezzamento con fischi ed urla, con un'ultima battuta: “Cremona non è solo la città delle tre T (turòon, Turàs, tetàs), ma anche della P, la P di un pubblico fantastico come questo”.

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