05-03-2023 ore 15:33 | Cultura - Mostre
di Paolo Emilio Solzi

La Pubblicità della Forma, una mostra di Andy Warhol presso la Fabbrica del Vapore a Milano

Presso La Fabbrica del Vapore a Milano, in via Procaccini n.4, è possibile visitare fino al 10 aprile la mostra La Pubblicità della Forma, un viaggio psichedelico tra i capolavori di Andy Warhol. L’assessore alla cultura Tommaso Sacchi dichiara nel catalogo pubblicato da SilvanaEditoriale: settant’anni dopo la “realizzazione dei primi pezzi che aprono l’esposizione, le opere di Warhol incontrano tutt’ora […] il favore del pubblico”, rivelandosi spesso attuali. Ricordiamo i divi “ritratti in chiave pop, ma Warhol non dimenticò di esplorare […] ambiti della società all’epoca ancora in ombra, come dimostra il progetto Ladies and Gentlemen”: fotografie di drag queens provenienti dal “mondo underground newyorkese che colpirono anche Pier Paolo Pasolini”. Oltre trecento opere sono raggruppate per periodi storici o aree tematiche: il genio visionario di Warhol trae ispirazione da incidenti automobilistici, rivolte di strada, perfino sedie elettriche.

 

L’opera d’arte è un prodotto di consumo

Negli anni Cinquanta, il futuro re della Pop Art era un giovane grafico pubblicitario che lavorava per Vogue, Glamour e altre riviste. È proprio la pubblicità, mezzo di comunicazione sempre più pervasivo, a suggerire a Warhol quella rivoluzione che presto avrebbe intrapreso. Dopo aver ammirato alcune litografie dorate, troviamo le celeberrime serigrafie che riproducono in varie versioni Marilyn Monroe, Mao Tse-Tung e i barattoli di zuppa Campbell’s. Nel catalogo della mostra, il curatore Achille Bonito Oliva spiega: “Sono tutte immagini recuperate dallo spazio cittadino”. La metropoli è l’alveo “dell’American Dream, inteso come sogno continuo di opulenza […] all’interno di un paesaggio artificiale vissuto come l’unica natura possibile dell’uomo moderno”. Il palcoscenico della Pop Art è New York: “Warhol è il Raffaello della società” nordamericana, che trasforma l’opera d’arte in merce da supermercato, rendendola così “immediatamente fruibile, pronta al consumo”. La lattina Campbell’s è trasfigurata, da prodotto di massa, in un simbolo popolare degli Stati Uniti. Il volto sensuale della Gold Marilyn Monroe, simile alle Madonne con sfondo dorato del XIV secolo, diventa un’icona religiosa da adorare.

 

Sistemi di produzione in serie delle opere d’arte

La ripetizione incessante di immagini di beni industriali necessitava l’impiego di tecniche di serializzazione, che resero Warhol più simile ad una macchina che a un artista. Edoardo Falcioni, esperto di Pop Art, scrive nel catalogo: “Gli antichi Romani affermavano repetita iuvant. Se interpretiamo” quel proverbio “adottando una logica da pubblicitari”, tali parole possono essere intese così: “più volte un’immagine viene ripetuta, maggiori sono le probabilità che questa entri nella mente dell’osservatore”. Guardando “il dipinto Thirty Are Better Than One, in cui viene rappresentata la Monna Lisa ben trenta volte”, capiamo che il capolavoro di Leonardo è paragonato “a un qualsiasi prodotto da mercificare” e replicato come se fosse “un poster pubblicitario”.

 

L’arte è business, il laboratorio è un’azienda

Negli anni Ottanta, Warhol è ormai un artista-imprenditore eclettico che ritrae lo star system del cinema, della musica e della moda. Incontriamo quindi molte fotografie di celebrità come Mick Jagger, Yoko Ono, Sting, Arnold Schwarzenegger, Sylvester Stallone, Michael Douglas, John Travolta, Armani, Versace, Valentino. Oltre ai selfie del re della Pop Art con il suo parrucchino argentato (scattati con una Polaroid), alcune serigrafie sono omaggi dai colori sgargianti ad Alessandro Magno, Lenin e Dracula. Attraversiamo infine una ricostruzione del primo laboratorio di Warhol, chiamato The Factory per il ritmo frenetico di produzione o anche Silver Factory poiché le pareti erano interamente decorate con carta stagnola e vernice d’argento. Negli anni Sessanta quel luogo attirava creativi di ogni sorta, trasgressivi all’avanguardia e benestanti newyorkesi. L’apice della mostra è l’art car più famosa del mondo: l’incredibile BMW M1 da corsa interamente dipinta a mano da Warhol nel 1979.

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