04-09-2023 ore 12:37 | Cultura - Manifestazioni
di Paolo Emilio Solzi

Torte, tandem e altre follie. Un viaggio surrealista nella sagra cremasca della Bertolina

Proseguendo una canzone di Caparezza: mentre “i delfini vanno a ballare sulle spiagge, gli elefanti vanno a ballare in cimiteri sconosciuti, le nuvole vanno a ballare all’orizzonte, i treni vanno a ballare nei musei a pagamento”, anche quest’anno migliaia di turisti e gente del circondario sono venuti a ballare – ma soprattutto a mangiare – a Crema per l’attesissima festa della Bertolina. Per i pochi (se ce ne fossero) che ancora non la conoscono, la Bertolina è una torta tipica del territorio cremasco, il cui ingrediente principale sono gli acini di Uva Fragola o Uva Americana, disponibili solo per poche settimane fra settembre e ottobre.

 

Dies Irae

Nel XIX secolo la Vitis Vinifera in Europa ha rischiato di scomparire, annientata dalla Fillossera. Si trattava di un insetto, arrivato come un flagello dall’America e ghiotto di radici delle nostre viti. La Fillossera si diffuse in fretta, devastando vigneti in ogni dove. La vite europea – e con essa l’intero patrimonio vinicolo del Vecchio Continente – si salvò grazie all’innesto sulle radici di specie originarie dell’America, resistenti all’insetto. Alcune varietà americane, come l’Uva Fragola, che avevano sviluppato l’immunità radicale alla Fillossera, non erano utili per produrre vino, ma in compenso erano dolci, buone da mangiare e perfette per fare le mostarde. Sono viti robuste, rustiche, non hanno bisogno di cure impegnative e sono molto scenografiche quando crescono sui pergolati e i tralicci per rampicanti.

 

Food and Beverage

Il vicepresidente della Pro Loco Franco Bianchessi, visibilmente provato da oltre un mese di preparativi e dalla ripartenza settembrina delle manifestazioni, mi spiega che la festa della Bertolina è una tradizione che prosegue da 43 anni. La prima edizione risale al 1980, ma nell’ultimo triennio la sagra si è rinnovata per dare più spazio ai giovani. Infatti, oltre all’abituale competizione per acclamare la Bertolina più buona dell’anno, in piazza ci saranno nuove startup legate al mondo – come direbbe il Milanese Imbruttito – del food and beverage. Ossia, per chi non ama la proliferazione di anglismi inutili, degli alimenti e delle bevande. “Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi?”, si lasciò scappare, perplesso, Mario Draghi durante un discorso sullo smart working e il baby sitting.

 

Vox Populi, Vox Dei

Preso da un impeto pasoliniano, mi dirigo in piazza per sentire le opinioni della gente comune, quasi a ricreare una versione cremasca di Comizi d’Amore. Il primo personaggio che incontro, totalmente ignoto nella città di Call Me By Your Name, si chiama Giuseppe Strada. Si rammarica – malgrado il contributo come volontario al banchetto della Pro Loco – di non essere stato nominato assaggiatore. Il Gigio, soprannome di un popolarissimo cameriere di Piazza Duomo, è entusiasta della festa della Bertolina, anche se forse l’assalto dei visitatori gli renderà il pomeriggio lavorativo un po’ faticoso. Proviene da Lodi e non conosceva la torta Bertolina. Prima di assaggiarla, pensava che gli acini di Uva Fragola fossero mirtilli; ma mi confessa di aver appena acquistato un libro sulla cucina cremasca per rimediare.

Fortis Fortuna Adiuvat

Faccio visita ai banchetti di due startup. La prima, legata al mondo della birra, si chiama Postwave. È stata fondata da Silvio Festari, laureato in architettura che nel 2012 lavorava in Cina per un importante artista di Pechino. Dopo aver messo in piedi uno studio di design, ha costituito il primo birrificio italo-cinese nella zona di Shanghai. Superati i problemi causati al Paese del Dragone dalla pandemia di Covid-19, ha deciso di farne, insieme ad altre persone, un progetto multiculturale che unisca Italia e Cina. Le sue birre sono prodotte in un villaggio vicino a Shanghai, seguendo però i più alti standard qualitativi europei. Sulle etichette delle bottiglie appaiono fotografie di tazze Jianzhan: opere artigianali di grande pregio che si diffusero in Cina circa un millennio fa. La seconda startup, intitolata Lepard (nell'immagine sopra), è stata ideata da Francesco Scaramuzza. Giovanissimo laureato in economia aziendale, mi racconta che nel 2020 si è messo a rielaborare le ricette del gin. Il nome Lepard gli è venuto osservando, attraverso una tanica di vetro, uno spartito musicale che assumeva forme a macchie di leopardo. Il design delle confezioni e delle bottiglie è particolarmente curato: i tre tipi di gin che attualmente produce sembrano profumi di lusso, e catturano subito la mia attenzione di esteta ed absintheur. Ma la ciliegina sulla torta (Bertolina) di quest’anno sono due figuranti – soprannominati Berto e Lina – che girano per Crema su un tandem rosso fiammante.

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