Nella splendida cornice del museo civico cremasco, si è tenuta nei giorni scorsi la presentazione del libro Tarantasio: il drago del lago Gerundo; un viaggio tra racconti e immagini, teso alla riscoperta di un territorio nel cuore della Lombardia, in passato occupato dal lago Gerundo che si estendeva nei territori bergamaschi, cremaschi e lodigiani fino a lambire le porte di Milano, con i suoi luoghi, le sue storie, le sue leggende. Un’iniziativa di natura culturalestorica promossa dalla delegazione cremasca del Touring Club Italiano, contemplata nell’ambito degli eventi dedicati al Sabato del Museo. Marco Cereda, responsabile della parte commerciale della casa editrice Meravigli di Milano, ha presentato al pubblico l’autore del libro, Fabio Conti, giornalista corrispondente Ansa da Bergamo, scrittore e appassionato di storia e cultura locali. Il relatore ha espresso sentiti ringraziamenti al pubblico, alla delegazione cremasca del Touring club Italiano, rappresentata da Anna Maria Messaggi, all’Araldo di Crema, col presidente Mario Cassi, anche per la presenza del labaro dell’Ordine Cremasco di Tarantasio del lago Gerundo.
Approfondimento sul lago Gerundo
Fabio Conti, ha illustrato ai convenuti la struttura del libro, dividendo la narrazione leggendaria del drago Tarantasio in quattro parti intercorrenti dalle origini sino ai giorni nostri. All’interno del testo, nella parte centrale, esiste un dossier, un approfondimento sul lago Gerundo, corredato con foto in buona parte inedite e nuove. Nella prefazione, curata dall’amico e collega Gabriele Moroni, il relatore, ha conservato i racconti del nonno, li ha memorizzati e in età adulta, si è dedicato alle ricerche sul lago Gerundo. Il drago Tarantasio, secondo la leggenda, si nutriva di esseri umani, soprattutto di bambini, di creature fragili, che capitavano a tiro del suo fiato.
Tarantasio: il mostro del lago
Tarantasio all’inizio della sua leggenda non aveva una precisa identificazione. Nella maggior parte dei borghi attorno al Gerundo era indicato come il mostro del lago. Alla fine del 1500, Defendente Lodi, storico lodigiano, nella trascrizione di una tavola custodita nella chiesa di san Cristoforo, attribuì al drago il nome di serpente velenoso, che col suo alito infestava tutta la città. Nel 1732, Alessandro Ciseri, scrive di un dragone di smisurate dimensioni. Secondo Angelo Cerizza, l’originario nome di Tarantasio, in date zone del lodigiano, potesse essere Tarando: nome che venne attribuito alla creatura mostruosa dopo la sua scomparsa a seguito di un miracolo di San Colombano. Tarandus, menzionato da Plinio il vecchio, storico latino, lo descrive come una renna. L’ipotesi forse più plausibile è ascrivibile alla collocazione nel convento accanto alla chiesa di San Cristoforo a Lodi di una costola attribuita al drago e un teschio attribuito ad una renna.
Chi ha ucciso il drago
Tarantasio sarebbe giunto nelle acque del lago Gerundo, emergendo dalle viscere del sottosuolo di Soncino, nella zona in cui fu sepolto Ezzelino Terzo da Romano (1194-1259), terribile ed odiato tiranno. Tra i documenti più datati che fanno riferimento alla presenza di un drago nel territorio del Gerundo, sulla sponda lodigiana, emerge Venendrago, un campo dal quale, secondo la leggenda, paresse venire un drago. Nelle migliori tradizioni medievali, ad ammazzare Tarantasio, il male, pare siano stati Santi e Cavalieri. Le tradizioni più popolari additano l’uccisione di Tarantasio a san Cristoforo, a san Colombano, a Bernardo Dè Talenti, a Federico Barbarossa, e a Uberto Visconti, che a seguito dell’uccisione del drago, inserì il “biscione” nello stemma della casata. Le costole e gli altri reperti del drago, concentrano la loro presenza soprattutto nelle chiese, nei musei, negli ambienti ecclesiastici. Nel 1300 venne ritrovata una delle costole, attribuite, dalle usanze popolari, a Tarantasio, appartenenti ad animali marini preistorici, e conservata nella chiesa di San Cristoforo. Altri “reperti”, sono rinvenibili presso il Duomo di Milano, ove alla destra del portone centrale è collocato il “cucciolo di Tarantasio”; e nella chiesa di San Marco, nella località meneghina, era conservato fino ad alcuni anni fa un affresco del 1300, raffigurante una sorta di “drago che spunta dall’acqua”. Altrove, a Rivolta d’Adda, v’è la presenza di bassorilievi che riproducono strani animali nelle basiliche di santa Maria e san Sigismondo.
Accostamenti storici
In tempi trascorsi, il lago Gerundo s’identificava con Tarantasio, mentre la foto apparsa sul daily mail della presenza di un mostro nel lago più conosciuto al mondo, il Loch Ness, mistificò la realtà; si trattava di un ramo che assunse le “sembianze” di un mostruoso serpente. Il Tarantasio venne accostato altresì al “Leviatano”, ossia un serpente marino presente sia in teologia sia in mitologia. Il nome deriva dall’ebraico e si riferisce al malvagio. Nella teologia è indicato da San Tommaso D’Aquino come il demone che personifica il peccato mortale dell’invidia, mentre nella mitologia è un drago demoniaco. Nella società attuale, loghi ed insegne che richiamano il biscione sono presenti nel marchio dell’Alfa Romeo, nello stemma dell’Inter calcio, all’interno del logo di canale 5, e il noto simbolo dell’Agip, oggi Eni, s’ispira a Tarantasio, perché circa un’ottantina d’anni fa erano stati scoperti dei giacimenti di gas nei luoghi ricoperti dal lago Gerundo. Nella zona del Gerundo diverse “realtà territoriali” si sono appropriate del suo nome: il Gerundo volley ad Agnadello, l’Associazione Arcieri, il Rotary Club Rivolta d’Adda Gerundo, l’Ordine Cremasco Tarantasio del lago Gerundo, tanto per citarne alcune. Il Tarantasio è presente anche nella “toponomastica locale”: con le strade e le piazze a lui dedicate, esiste la località Taranta, frazione di Cassano D’Adda, in provincia di Milano. In Piemonte, esiste un piccolo comune chiamato Tarantasca. Non è ben chiaro se esista un legame con Tarantasio, ma la tradizione narra di un giovane cavaliere che avrebbe ucciso un drago che minacciava la popolazione torinese. Questo libro vuole narrare la storia di un drago che agli albori sembra trionfare, ma poi, in ogni epoca e in ogni caso, viene sconfitto.