Il fu Mattia Pascal è un celebre romanzo di Luigi Pirandello, che nel 1904 apparve a puntate sulla rivista Nuova Antologia e che fu poi pubblicato in volume nello stesso anno, diventando il primo grande successo dello scrittore siciliano. Giorgio Marchesi, attore di teatro e di cinema, diretto da registi del calibro di Marco Tullio Giordana e Ferzan Ozpetek, noto al grande pubblico per la partecipazione a serie tv di successo, come Braccialetti rossi, e per la conduzione di programmi televisivi, si cimenta con il capolavoro pirandelliano, adattandone il testo e curandone la regia insieme alla moglie Simonetta Solder.
La trama
Mattia Pascal vive a Miragno, un piccolo paese (inventato) della Liguria e un giorno, mentre si trova nella biblioteca della città, in cui lavora, decide di raccontare la sua storia. In un lungo flashback, ripercorre la sua vita, a partire da un’infanzia agiata, che presto muta per la morte della madre, il dissesto finanziario del padre e le angherie dell’amministratore disonesto Batta Malagna per giungere alle nozze con Romilda Pescatrice, della quale era innamorato anche il suo amico Pomino, e alla convivenza con l’arcigna suocera. La famiglia ed il lavoro rappresentano una trappola per il protagonista, che si sente soffocare in un'insoddisfacente routine quotidiana, finché la moglie partorisce due gemelle, che muoiono nel giro di pochi giorni, seguite dalla scomparsa della madre di Mattia, Con i soldi del funerale, avuti in prestito dal fratello, l’uomo decide di recarsi in America, ma si ferma a Montecarlo, dove gioca d’azzardo al casinò per 12 giorni, vincendo un bottino di 82 mila lire.
Morte e rinascita
Mentre in treno escogita un modo per scappare dalla sua vita, legge il suo necrologio: la moglie e la suocera, credendolo morto, lo hanno riconosciuto in un cadavere ritrovato in quei giorni. Mattia decide di iniziare una nuova vita, scegliendo il nome di Adriano Meis: si taglia la barba, si trasferisce a Roma, dove trova una camera ammobiliata in affitto. Stringe amicizia con l’affittuario, la figlia Adriana e l’altra donna ospite della casa. Presto si accorge che non avere un passato lo costringe a raccontare bugie: a chi gli rivolge domande personali, lui risponde con storie inventate, provando una certa soddisfazione nel poter essere finalmente qualcun altro, non un uomo mediocre.
Ombre e libertà
Adriano continua a ripetere a se stesso di essere libero, ma molto spesso il ricordo corre alla famiglia, soprattutto da quando si rende conto di essersi innamorato di Adriana, che bacia durante una seduta spiritica: vorrebbe sposarla, ma non può, perché Adriano Meis non esiste, perciò decide di fingere un suicidio, lasciando un biglietto d’addio. Quindi, torna al suo paese, dove ha la sorpresa di trovare la moglie sposata con Pomino e madre di una bambina. Che altro può fare se non lasciarla all’amico, fare due giri nostalgici intorno al paese, dove nessuno lo riconosce, e poi si dirigersi verso la biblioteca, da dove era iniziata la sua avventura? Ormai per tutti lui è il fu Mattia Pascal, come recita l’epigrafe sulla lapide al cimitero, dove ogni tanto si reca per lasciare dei fiori.
Dal libro al teatro
All’apertura del sipario gli spettatori vedono una sedia e un leggìo, mentre si diffondono nell’aria le suadenti note di un contrabbasso, accarezzato dalle mani dell’avvincente Raffaele Toninelli. Giorgio Marchesi, alias Mattia Pascal, fa il suo ingresso dalla sala, in mezzo al pubblico, quasi a voler sottolineare che la storia che si racconterà sul palco potrebbe essere la storia di chiunque; indossa un frac bianco, un cilindro nero e gli anfibi, è istrionico, infaticabile, mentre si muove sul palco con energia, eleganza e determinazione, riempiendolo con la sua presenza carismatica. Non serve una scenografia, non servono arredi di scena: è lui che materializza con la sua voce metamorfica e la sua gestualità dinamica i luoghi e i personaggi della storia: entra con disinvoltura nell’inettitudine di Mattia, nell’ostilità della vedova Pescatrice, nelle irriverenti bugie di Adriano, nel pudore di Adriana e in tutte le altre figure, esaltandone le peculiarità e coinvolgendo il pubblico.
Emozioni in musica
In questa dinamica emozionante gioca un ruolo fondamentale la musica di Toninelli, che si intreccia con le parole, le sottolinea, le accompagna, quasi le suggerisce. A tratti il musicista diventa anche un rumorista e le corde dello strumento materializzano l'incedere di un treno o il pianto di un neonato. La musica non è un sottofondo, è parte dell’azione teatrale e segna i cambi di mood: Mattia Pascal in frac balla e canta come in un avanspettacolo di cabaret, mentre Adriano Meis, nei panni di un moderno rapper in bomber arancione e occhiali da sole, trasforma il palco in una discoteca, simbolo della ritrovata libertà.
Un linguaggio moderno
L’attore bergamasco riesce a raccontare le vicende di Mattia Pascal con un linguaggio moderno, accessibile a tutti, anche e soprattutto ai numerosi giovani studenti, presenti in sala, dato che lo spettacolo fa parte della rassegna dedicata alla scuole, che seguono con attenzione, nel silenzio generale, lo svolgersi delle vicende. L’avvio richiede concentrazione, la trama è articolata, ma pian piano si instaura empatia con il protagonista, grazie al piglio ironico, accattivante e seducente di Marchesi. Mattia/Adriano ci insegna che non dobbiamo escluderci dal gioco della vita, se non vogliamo cadere in una vuota e fredda solitudine: è possibile, invece, vivere mille vite diverse, accettando il cambiamento come stimolo continuo, ma restando fedeli a noi stessi.