Secondo la palingenesi ufficiale il nome violino apparirebbe per la prima volta in un documento del 1551 in un piccolo paese, anzi una frazione, chiamata Ponte Caffaro (Bagolino), località bresciana ove artigiani falegnami costruivano stromenti per li sonatori.
Origine bresciana
Secondo la tradizione, questi affiancavano fra i monti bresciani la danza degli ori: una sorta di festività carnevalesca ove si formavano delle rudimentali orchestrine di suonatori erranti armate di strumenti musicali primitivi, fra i quali i primi violini. Ebbene, il documento che diede la patente primigenia fu scoperto dal dottor Umberto Formenti di Brescia.
Il documento di Bagolino
Immerso nelle scartoffie del municipio di Bagolino, si imbatté in uno scritto datato ben appunto 24 aprile 1551 ove appare fra le disposizioni date ai consoli (consiglieri comunali) anche il pagamento “de’ li sonadori de’ li violinj”. Sappiamo però che il nome violino era già conosciuto soprattutto fra la gente semplice dei villaggi anche prima del 1551 e che già si parlava di questo novo strumento per fare musica che non era né una viola da bracio, né una ribeca, né una lira.
Il 10 febbraio 1500
Noi però apriamo il nostro grandangolo su un’altra data e su altre storie, partendo dal 25 ottobre 1499 (e suggellato il 10 febbraio 1500) quando la Serenissima concedeva tre banchi (…) fatti venire appositamente a Cremona dal territorio della Repubblica Veneta e benevisi al doge Barbarigo. Partendo dal 1500, la gemmazione di strumenti musicali nuovi o nati da varianti di fogge che davano suoni e sonorità mai udite e spronava i compositori come gli artigiani, i falegnami, gli intagliatori ebanisti, gli intarsiatori cioè quel ceto sociale di maestri di botega, veri creatori de’ cosse nove. Ecco la formula de’ la quadratura del cerchio, il celebre motto che li spronava: “cercare, creare il prototipo con ogni tipo d’instromenti” che a conti fatti, dopo 500 anni parrebbe aver dato vita proprio al violino.
Le tre botteghe
Tre persone, due giunte da Crema e una da Martinengo nel 1499 entrarono in Cremona e colà il 10 febbraio 1500 aprirono tre botteghe che chiamarono pataria in dialetto patér. Letteralmente rigattiere, straccivendolo e soprattutto “altro”. Botega 1: Leone, figlio del fu Bonaventura che lavorava con suo genero Josephino banchiere in Crema. Botega 2 : Leone da Cremona che lavorava con Leonino anch’egli banchiere in Crema. Botega 3: Moise da Martinengo che lavorava con i fratelli Giuseppe e Vitale e con il socio Anselmo da Camposanpiero, Mestre. Questi sono i nomi presenti nei capitoli per la permanenza a Cremona di quei tre bottegai a cui si dava licenza di esercitare per venticinque anni.
Musica religiosa e profana
“Item sia licito ad essi (…) a tener botega de pataria pannj et sete et tapezerie et altre robe, justa solitum civitatis Cremonae tantum” e i tre bottegai come garanzia et segurtà versarono 10.000 ducati per tutti li tre banchi. In quel periodo, cioè tra la fine del ‘400 e i primi decenni del ‘500 trionfava l’organo di chiesa , il clavicembalo, la spinetta e il virginale, questi strumenti accompagnavano i canti e le voci, ma nel pieno rinascimento emerse prepotentemente il liuto passando dalla liutina al liuto quartino alla tiorba al chitarrone all’arciliuto e con svariate varianti delle lire e delle viole. Noi non sappiamo da quale delle tre botteghe di Cremona uscì il violino, ma è certo che uscivano strumenti musicali in genere ad arco oltre che s’impartivano lezioni di musica religiosa e profana e scuola di danza, come era costumanza nel bergamasco, nel bresciano e nel cremasco.
Il primo violino
Le fonti ipotizzano la costruzione del primo violino cremonese ad una data non anteriore al 1526. Secondo il censimento dei mestieri nel 1526 a Cremona troviamo un pateraio, unico mestiere di questo tipo di tutta Cremona a Porta Pertusio posta in pieno centro. Questo il testo “mazor porta P. Tuso jo Liunardo da M.tinego passa ani 50 patèr Andrea e jo Antonio fameij de s.to liuter 2” testualmente: “maggiore, porta Pertusio Giovanni Leonardo da Martinengo ha passato anni 50 pateraio, Andrea e Giovanni Antonio, famigli del suddetto liutai 2”.
Origini cremasche?
Chi erano i citati famigli? Di certo due ragazzi, due apprendisti che vivevano nella bottega per imparare il mestiere dato che il padre Gottardo (non liutaio) era morto. Questi due giovani facevano di cognome Amati. Saltiamo al 1534 quando i due fratelli raggiungendo i 25 anni di età aprirono una loro bottega di liuteria sotto la parrocchia di Santa Elena. La domanda sorge spontanea: chi dei tre capi delle tre botteghe insegnò ai fratelli Amati a costruire i violini? Il Martinenghese o i due Cremaschi? La discussione parrebbe aperta. Fonti e fotografie: Violinari e Violini di Elia Santoro, 1989.