02-04-2025 ore 20:34 | Cultura - Teatro
di Annamaria Carioni

Applausi al San Domenico per la commedia 'Sior Todero Brontolon' con Franco Branciaroli

Martedì 1 aprile 2025 il teatro San Domenico di Crema ha accolto gli attori del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia che insieme al Teatro de gli Incamminati e al Centro Teatrale Bresciano hanno portato in scena “Sior Todero Brontolon”, una delle più note commedie di Carlo Goldoni, da lui scritta  nel 1752, ma ancora attuale per le tematiche che propone. Protagonista di questa nuova produzione è Franco Branciaroli, attore dalla lunga carriera teatrale, accanto a mostri sacri della regia quali Giorgio Strehler e Luca Ronconi, ma anche televisiva e cinematografica: l'artista fiorentino, classe 1945, ha lavorato in numerose produzioni per il piccolo schermo, con incursioni anche sul grande schermo in pellicole del calibro de "Il marchese del grillo” e “Il postino”.

 

Goldoni ieri e oggi
Carlo Goldoni, commediografo veneziano del Settecento, è considerato uno dei maggiori autori teatrali di tutti i tempi: ha scritto un numero impressionante di opere in circa quarant'anni di ininterrotta attività e la sua influenza sul teatro italiano ed internazionale è stata enorme, tanto che i suoi capolavori sono ancora oggi rappresentati in tutto il mondo. Le sue opere riflettono la società del suo tempo e, trattando temi come l'amore, la famiglia, la società e la politica, ne mettono in risalto vizi e virtù. Questa commedia in particolare è una satira sociale, che critica i costumi e le abitudini della società veneziana del XVIII secolo, dei nobili in primo luogo, ma anche dei mercanti e dei borghesi.


Sior Todero
L'opera si concentra sulla figura di Teodoro, Sior Todero Brontolon in veneziano, che si crede superiore agli altri a motivo della sua nobiltà. Arrogante e presuntuoso, si presenta come un gentiluomo rispettabile, al contrario è corrotto, falso ed immorale. Nel testo originale, egli è un calzolaio che ha comprato il suo titolo nobiliare e questo lo rende ancora più odioso, ma il regista Paolo Valerio, anche grazie alla drammaturgia di Piermario Vescovo, sceglie di dare una lettura diversa e particolare del personaggio, trasformandolo in un burattinaio: è lui che muove i fili e gli altri diventano marionette nelle sue mani. Il regista spiega di aver voluto avvicinare la figura del Sior Todero a quella di un altro mito patriarcale ovvero Vito Corleone, che manovra gli altri e piega il mondo circostante ai suoi interessi.

 

Burattini alter ego
Ogni personaggio si accompagna a un burattino, che è il suo clone in miniatura e che si pone in dialogo con lui: la marionetta diventa un doppio del personaggio, ne incarna l'anima e l'inconscio, ponendosi talvolta in sintonia ed altre volte in contrasto con il suo omologo umano. Sul palco sono disposte qua e là cassette di legno, che contengono parti dei fantocci inanimati: un braccio senza vita, una gamba senza il suo filo, una testa che sembra mozzata non sono oggetti di facile interpretazione. Compaiono più volte, in modo apparentemente casuale, nel corso della narrazione scenica e producono una sensazione di macabro disincanto, come a dire che gli uomini sono marionette indifese nelle mani di un potere superiore ed occulto, che ne può anche fare scempio a suo piacimento. Gli spettatori ridono, ma sono risate in qualche modo amare.

 

Il gioco degli equivoci
Come in ogni commedia che si rispetti, l'azione intreccia diversi piani di narrazione: la scaltra vedova Fortunata si accorda con Marcolina, la nuora di Todero forte e determinata, affinché sua figlia Zanetta possa sposare un suo ricco cugino galantuomo e di buone maniere. Le donne se la intenderebbero alla perfezione, se non fosse che il vecchio brontolone ha deciso di far maritare la fanciulla con il suo servo Nicoletto, così da non dover accordare una cospicua dote. Tuttavia, il giovane, figlio dell'agente Desiderio, al servizio dell'avaro padrone, è innamorato della servetta Cecilia, che lo ricambia. In un caleidoscopio di stratagemmi e di colpi di scena, alla fine i matrimoni saranno combinati con buon senso e buona pace dei futuri sposi. Tutti i personaggi partecipano attivamente all'azione, tranne uno, Pellegrin, marito di Marcolina e figlio di Teodoro, completamente succube del padre e della moglie, che pur di non essere chiamato a decidere si nasconde all'interno di una cassa.

 

Le donne di Goldoni
Nelle commedie di Goldoni le donne sono attive e dinamiche, con propri desideri ed aspirazioni, ma spesso vivono in un contesto sociale e culturale che ne condiziona le scelte e le azioni. Esse si dimostrano intelligenti ed astute, in grado di manipolare gli eventi a loro favore, lottano per l'indipendenza e l'autonomia, cercando di sfuggire alle convenzioni sociali e alle limitazioni imposte dalla società. Tuttavia, non mancano anche donne sciocche, vanitose, asservite al volere maschile. In quest'opera le rappresentanti del gentil sesso si distinguono per sagacia, dinamismo e capacità pratiche. Solo Zanetta se ne sta in un angolo e sembra accettare passivamente le scelte che altri assumono per lei. 

 

E gli uomini?
Il sesso forte non ne esce bene: i maschi o sono arroganti e prevaricatori oppure sono molli e inetti e fanno da contrappeso comico ai personaggi femminili volitivi e determinati. D'effetto sono le scene di Marta Crisolini Malatesta e i costumi di Stefano Nicolao, che proiettano lo spettatore in un Settecento credibile e anche le luci di Gigi Saccomandi, le musiche di Antonio Di Pofi e i movimenti di scena, curati da Monica Codena, fanno dello spettacolo una pièce godibile e apprezzata dal pubblico in sala. Significativa ed intensa è la danza dei burattini, che chiude il primo atto e apre il secondo.

 

L'archetipo del vecchio brontolone
Lo stesso Goldoni ebbe a dire che il suo odioso personaggio non era un carattere immaginario e che purtroppo ne aveva conosciuti di uomini simili. Il vecchio dispotico, avaro e sospettoso fin dall'antichità è una delle figure cardine del teatro comico dal padre padrone severo e taccagno di Menandro nel teatro antico, ad Arpagone di Molière, affetto da una cupidigia insanabile quanto la gotta, a Pantalone avaro e lussurioso nella commedia dell'arte, fino ad Ebenezer Scrooge nel Canto di Natale di Charles Dickens. Branciaroli ci ha offerto un brontolone tutto sommato sornione, quasi simpatico.