Crema a cavallo fra il ‘700 e l’800, cioè nel 1787, era un piccolo borgo popolato da 8.120 anime, dove la musica era una vera passione ed i talenti non venivano soffocati nella culla: per loro i mecenati mettevano mano volentieri ai cordoni della borsa e scucivano l’argent, facendo sfoggio in seguito di allestimenti musicali in luoghi privati, pubblici e sacri, non disdegnando la presenza di appassionati di rango et censo popolano.
I mecenati
Il conte Luigi Tadini e il francescano padre Martini (nella foto a destra) furono il tramite di Giuseppe Gazzaniga a Crema; il conte, oltre che mecenate, era perso per la musica. Padre Martini fece stampare la Storia della Musica in due tomi, inoltre possedeva una biblioteca fra le più rinomate al mondo.
Nato a Verona nel 1743
Giuseppe Gazzaniga non era come si dice un cremasco de Crema, ma fu maestro di cappella in Duomo a partire dal 1791 sino alla sua morte nel 1818; giunse in riva al Serio 48enne, carico di glorie musicali e di ottima fama. Nacque a Verona, da famiglia di origine napoletana, correva l’anno 1743. Affinò il suo talento musicale a Venezia e lo potenziò a Napoli, ebbe due grandi mentori, il Porpora in laguna e il Piccinni all’ombra del Vesuvio.
Le opere napoletane
Gazzaniga dispiegò la sua carriera ventunenne a Napoli fra l’entusiasmo del raffinato foyer, proponendo un intermezzo comico. Inoltre stese svariate opere, ne citiamo tre che furono investite di grande favore, sia nei più rinomati teatri del vecchio mondo, sia nei teatrini di campagna in tutto il Belpaese: La locanda, La Donna Soldato, La Vendemmia.
Il Don Giovanni
Dall’Austria nel 1786 partì la richiesta per il teatro di corte di Vienna di scrivere un’opera. Questo lavoro dal titolo Il Finto Cieco dilagò ben presto in Italia, Germania e in Inghilterra. La fortuna baciò Giuseppe Gazzaniga nel 1787 quando, otto mesi prima di Mozart, cioè nel febbraio di quell’anno a Venezia nel teatro San Moisé venne proposto il Don Giovanni. L’opera del nostro maestro di cappella ebbe in quei tempi curiosamente più successo del Don Giovanni del genio di Salisburgo, tant’è che venne allestita non solo in Italia, ma anche a Parigi, Madrid e Lisbona. Probabilmente fu con quell’opera che raggiunse il floruit artistico. Giunsero elogi pubblici e privati, ne citiamo solo due Cimarosa e Paisiello.
La morte e l’eredità artistica
Giuseppe morì nel 1818 e con la sua morte, dopo ben 27 anni, lasciò il posto di maestro di cappella in Duomo ad un “cremasco de Crema”, cioè il suo miglior allievo: Stefano Pavesi, nato all’ombra del Torrazzo e all’ombra del Gazzaniga: diverrà un insigne musicista. Dedicheremo la prossima puntata ai suoi trionfi in un contesto strettamente legato al teatro.
La classifica dei musicisti
Operò per oltre 20 anni ed ebbe addirittura una illuminante recensione dai francesi, a mezzo di una pubblicazione di musicofili naturalmente affetti dalla endemica grandeur che a denti stretti scrissero nel 1809 una ideale classifica dei più insigni musicisti d’Italia collocando Stefano Pavesi al quinto posto idealmente vediamo accanto a Stefano, sornione, il maestro Giuseppe Gazzaniga che col capo annuisce. Si ringrazia la contessa Severina Donati de Conti per le immagini. Fonti: Elena Mariani, Insula Fulcheria.