Dall’ospedale da campo di Crema, la toccante testimonianza del medico di Guantánamo, Leonardo Fernández, uno dei componenti della brigata medica cubana, raccolta dall’Associazione nazionale di Amicizia Italia-Cuba. “Non siamo eroi, siamo solo medici e questo implica fare tutto ciò che è necessario per i nostri simili. A tutti noi che siamo qui dispiace aver lasciato Cuba e i nostri compatrioti, quando si può servire quel nobile ed eroico popolo, ma l'esercito cubano della salute è immenso e questo compensa la nostra lontananza fisica”.
Conseguenze sociali
“Nel mio caso, sono stato chiamato quando ho già pensavo che il mio contributo internazionalista fosse terminato, per la mia età e perché la mia è proprio ad alto rischio in questa malattia, ma ancora una volta si è confidato nella mia disponibilità, e questa ci sarà sempre. E così siamo partiti tutti con meno paura che nel caso dell'Ebola, ma pur sempre con paura. Le due malattie sono simili, hanno somiglianze in termini di conseguenze sociali ed economiche. La nostra giornata qui inizia alle cinque del mattino e usciamo sempre accompagnati dalla Protezione civile. Fino a martedì 24 abbiamo lavorato fino al pomeriggio, ma ci stiamo già preparando a coprire le 24 ore. La regione italiana della Lombardia e in particolare Crema, è oggi una città deserta, poiché i suoi abitanti hanno subito in prima persona l'assalto della malattia”.
“Un disastro”
“In realtà, per me, che sono stato in due paesi in guerra, in due nazioni distrutte dai terremoti, a combattere l'Ebola in Liberia, tra le altre missioni, penso che, per quanto riguarda le conseguenze, la situazione qui non è sostanzialmente diversa da ciò che ho trovato in Africa, ecco perché ero preparato a quello che avrei trovato. È una calamità e un disastro in tutti i modi: le strade vuote, coprifuoco, molti malati e senza un trattamento definito, molti morti. Ma siamo qui, a combattere. E fa male, fa molto male vedere l'indolenza di governi potenti di fronte a una così grande calamità”.