30-03-2019 ore 13:11 | Cronaca - Dal mondo
di don Emilio Lingiardi

San Francesco e Malek al Kamil, è l'ottavo centenario dell'incontro col sultano d'Egitto

Papa Francesco, nel pellegrinaggio ad Adu Dhabi dal 3 al 5 febbraio e in Marocco da oggi fino al 31 marzo, ha richiamato l’ottavo centenario della visita di Francesco d’Assisi al sultano d’Egitto e Palestina, Malek al Kamil, nipote del feroce Saladino, nel settembre del 1219. Accanto alla memoria storica dell’incontro a Damietta, sulla foce del Nilo, non lontana da Alessandria d’Egitto, la ragione di questi viaggi del papa è il dialogo con i mussulmani per superare definitivamente l’antagonismo esplicito e militare tra potenze cristiane e islamiche che ha caratterizzato l’epoca delle Crociate.

 

La sorpresa di Dio’

Il papa ha definito questa esperienza “una sorpresa di Dio: il pensiero a san Francesco mi aiuta a tenere nel cuore il Vangelo, l’amore di Gesù Cristo, la preghiera al Padre per tutti i suoi figli, specialmente per i più poveri, per le vittime delle ingiustizie, delle guerre, della miseria, per i bambini della Siria e dello Yemen; la preghiera perché il dialogo tra il cristianesimo e l’Islam sia fattore decisivo per la pace nel nostro mondo”. San Francesco ha compiuto il viaggio durante la quinta crociata, iniziata nel 1217 per volontà di papa Onorio III; proclamata dal predecessore Innocenzo III e guidata dal cardinale Pelagio non più a Gerusalemme, ormai in mano ai musulmani dal 1187, ma a Damietta in Egitto, in quel momento centro economico e commerciale di primaria importanza. L’obiettivo era chiuderne l’accesso per poter contrattare la restituzione ai latini della città santa. Nel 1217 san Francesco aveva inviato alcuni suoi frati a fondare una fraternità ad Acri, definendola ‘la perla delle missioni’.

 

Testimonianza

Desiderava una Chiesa legata alla fraternità e non alla conquista perché morendo sulla croce Cristo ha reso tutti fratelli, come ricordato nella bandiera francescana: una croce rossa al centro con quattro piccole croci ai lati, simbolo delle cinque piaghe di Gesù. Nelle Fonti francescane scrive che in questa missione non voleva “far proselitismo, ma testimonianza di un uomo mite, soggetto a tutti, senza proposte né richieste, limitandosi a professare la fede cristiana”. Un atteggiamento missionario definito nella Regola del 1221. Voleva anche portare pace tra i mussulmani in guerra: tra il sultano d’Egitto e Palestina al Kamil ed il fratello al Muazza, signore del Libano e della Siria. Col vestito disarmato (in arabo ‘suf’, come i mistici del Corano sono chiamati ‘sufi’), un saio di lana grezza, pieno di toppe e strappi rammendati, con un cappuccio, una cintura ai fianchi ed una corona del rosario di 72 grani (come gli anni della Madonna che gli era apparsa alla Porziuncola di Assisi), inizia il suo viaggio ad Acri, presso la sua comunità. Con la stessa nave, alla fine di agosto arriva a Damietta, teatro di sanguinose battaglie e trova una tregua di tre settimane.

 

Il salvacondotto

Al sultano dona ‘i mostaccioli di donna Jacopa’ infarciti non più di uva passa ma in omaggio all’uomo che sta per incontrare, di uva sultanina. Il contenuto del loro dialogo è tutt’ora segreto, ma il sultano lo invita a parlare alla moschea della città. Un discorso che san Francesco conclude con la recita del Padre nostro. Nell’occasione riceva l’assicurazione che col suo salvacondotto i frati ed i latini possono recarsi liberamente a Gerusalemme senza temere alcuna violenza. Questo viaggio è il nucleo della presenza francescana in Terra santa, chiamata in seguito Custodia, con la missione papale di custodire i luoghi della redenzione, tanto che il custode, nominato dal Papa in una terra presentata dai frati, è il guardiano del Monte Sion e del santo sepolcro.

 

Cultura dell’incontro

Oggi nella Custodia lavorano 300 frate minori, compresi gli studenti di voti solenni di 45 nazioni diverse; vivono in 56 conventi in 12 Paesi: Israele, Palestina, Giordania, Libano, Siria, Egitto, Cipro, Rodi, Argentina, Italia, Spagna, Usa, curano 50 santuari e 29 parrocchie. I francescano non amano dibattiti teologici o culturali, ai quali pensano le varie commissioni di esperti, preferiscono il dialogo con la vita, favorendo la cultura dell’incontro, dal basso, tramite la cura delle relazioni, uno scambio quotidiano tra persone, per fare un tratto di strada gli uni accanto agli altri. L’educazione di alta qualità nelle scuole, nei centro formativi al lavoro, nei dispensari sanitari e sociali, si alimenta allo spirito di Damietta: rispetto dell’identità cristiana e degli altri, senza paura di nessun simbolo religioso ma con lo scopo della conoscenza reciproca, base della convivenza pacifica e costruttiva. A memoria dell’incontro tra san Francesco e il sultano, Poste Italiane ha emesso un francobollo commemorativo in data 1 marzo 2019, mentre i frati della Custodia hanno voluto su legno d’ulivo di Betlemme una croce sulla quale si incontrano le mani di san Francesco e del Sultano.

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