La notizia del recente arresto di Rocco Cristodaro, ritenuto protagonista nel sistema hawala, una banca clandestina che movimentava denaro tra Africa e Medio oriente, ha suscitato diverse reazioni nella politica e nell'associazionismo cremasco. Condannato in via definitiva per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, Cristodaro è stato anche destinatario di un decreto di confisca, secondo il codice antimafia, di beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Da sempre attivo sul territorio cremasco nell'organizzazione di manifestazioni pubbliche, proponeva la sua cascina come meta per visite scolastiche e campi estivi. Sul punto il presidio di Libera del cremasco “ha sempre mantenuto alta l'attenzione”. “Ora è fondamentale una riflessione di tutti su come siano possibili questi fenomeni nel territorio cremasco. Soprattutto, è necessaria una spinta al riutilizzo dei beni confiscati (tra cui i molti dello stesso Cristodaro). Non sono tollerabili questo genere di radicamenti”.
Riutilizzo dei beni confiscati
Sulla stessa linea anche il capogruppo del Pd Jacopo Bassi: “questa notizia deve essere lo stimolo affinché la politica cremasca e l’associazionismo civico ed economico del territorio si muovano per mettere a disposizione della comunità i beni confiscati alla famiglia Cristodaro e pongano seri dubbi sull’opportunità di autorizzare eventi pubblici che vedano la famiglia Cristodaro tra gli organizzatori. Già in altre realtà (Dovera, Spino d'Adda, Trescore cremasco), beni confiscati sono divenuti occasioni di rilancio per il tema della legalità e sono stati messi a disposizione dei servizi e delle associazioni locali”.
Formazione e informazione
Per il coordinatore provinciale di Sinistra italiana, Paolo Losco: “è tempo di aprire una discussione seria sulla lotta alle mafie che deve coinvolgere la politica, le amministrazioni locali e le associazioni competenti in materia, che sul tema si spendono da anni”. È necessario “sensibilizzare e formare affinché le mafie vengano contrastate quotidianamente”. Resta importante anche “l'utilizzo dei beni confiscati, perché possano restituire culturalmente, socialmente ed economicamente, ciò che è stato sottratto alla collettività”. L'informazione resta “ il primo strumento di lotta alle mafie. Questa battaglia di civiltà deve essere collettiva, non c’è più spazio per l’indifferenza”.