“Hanno provato a raccontare a un bambino di cinque anni una storia, un raccontino, che parlava di alberi, di uccellini… E lui a chiedere: ma che cos’è un albero? Che cos’è un uccellino? Non li aveva mai visti. E non perché gli mancasse la vista: ma perché era nato e vissuto sempre in una prigione, e l’unico paesaggio che conosceva erano i muri di quella prigione. Non è una storia lontana: è di questi giorni, di queste settimane, il bambino era stato da poco liberato da una delle prigioni della Siria, qualche giorno dopo la fine del regime di Bashar al Assad.
Da quando era venuto al mondo, la prigione era stata la sua unica casa. Del resto, di bambini in carcere ce ne sono anche nella nostra civilissima Italia, non c’è bisogno di andare in chissà quale Paese sotto chissà quale regime dispotico. Sono lì senza aver commesso alcun reato, evidentemente: sono lì perché in carcere ci sono le loro mamme. Ma è giusto, è civile, è umano che un bambino cresca in carcere?
Ma di storie di bambine e bambini maltrattati, malnutriti, sfruttati, costretti a fuggire con i loro genitori e a volte anche senza, nati e cresciuti in una prigione o in un campo profughi, lasciati a morire di fame o di malattie, o lungo le rotte delle migrazioni (in Algeria mi hanno ricordato che probabilmente il deserto è un cimitero di migranti ancora più affollato del Mediterraneo), o sotto le bombe o saltando sulle mine, bambine e bambini a cui non è concesso di avere una vita ‘normale’, la vita di cui ha bisogno un cucciolo d’uomo per crescere… Ecco: potremmo riempire pagine e pagine, di storie così. Per non parlare, naturalmente, dei bambini ai quali non è neppure concesso di nascere, di entrare nella vita.
Dal momento che, a Natale, Dio continua a farci segno attraverso un Bambino; dal momento che ci propone di fermare lo sguardo, di aprire la mente e il cuore al Bambino che giace in una mangiatoia, al Bambino che è il suo stesso Figlio, entrato nella nostra storia, nella nostra umanità… ecco, forse è il caso, guardando quel Bambino nei nostri presepi o nelle nostre chiese, di domandarci: che cosa ci dicono, tutti quei bambini e bambine di cui parlavo prima? Che cosa ci dice Dio, che cosa ci dice la nostra coscienza? Insieme con l’augurio di un lieto, santo Natale di Gesù Cristo, desidero trasmettere a tutti anche l’invito a un esame di coscienza (che, s’intende, vale per prima di tutto per me), l’invito a non separare Gesù, il Figlio di Dio nato nel tempo da Maria di Nazaret, da tutti i suoi piccoli fratelli e sorelle a cui non è concesso di vivere, o di vivere dignitosamente. Qualcuno dice che i nostri sono tempi troppo incerti, troppo bui, per mettere al mondo dei bambini. E se provassimo a rovesciare le cose, a darci più da fare per la vita buona di tutti i bambini e le bambine che vengono al mondo, questo non porterebbe al mondo più fiducia, più speranza, più luce? Proprio come quella che ha illuminato la notte santa della nascita di Gesù? Io me lo auguro. E lo auguro di cuore a tutti voi. Buon Natale!”.