È morto Luigi Ablondi. E uno non ci crede. Non può morire Bruce Willis. I duri se la cavano sempre. Ma non è vero. La realtà non è cinema. Ad ucciderlo è stato il covid-19, il killer che in queste settimane ha colpito migliaia di persone e causato centinaia di vittime. La realtà è cinema. Dell’orrore. Medico, 66 anni, per 11 ai vertici della sanità cremasca, prima direttore generale dell'ospedale cittadino e poi dell’Asst di Crema, abitava a Parma e faceva il pendolare, ma il suo cuore batteva per Crema. E non è un modo di dire utile in queste tristi circostanze.
Al fianco dei sindaci
Si era schierato, senza esitazioni, al fianco dei sindaci cremaschi infuriati con politici e burocrati della Regione intenzionati a privare l’ospedale cittadino della propria autonomia. Non è stata una solidarietà di facciata, ma una presa di posizione dura, convinta, militante culminata con una immagine diventata simbolo e icona di quello scontro. Una fotografia scattata sulla scalinata all’ingresso dell’ospedale con gli operatori sanitari del nosocomio e i sindaci del territorio con fascia tricolore. Insieme e solidali. Lui al centro. Modi spicci, decisioni rapide, sorriso beffardo, al primo impatto non favoriva il dialogo. Tosto e parco di parole, ma non spocchioso, era essenziale. Manager pubblico preparato e abile, entusiasta del suo lavoro, ha portato alcuni reparti dell’ospedale cittadino a livelli di eccellenza. La Regione ha riconosciuto le sue capacità e l’ha piazzato ai primi posti nella classifica dei direttori generali della sanità che ogni anno viene stilata in base ai risultati ottenuti. Avrebbe avuto tutti i motivi per tirarsela un cifra, ma non l’ha mai fatto.
Risolvere i problemi
Si trovava a suo agio a Crema e si sentiva uno di noi. Riusciva a districarsi anche nelle situazioni più delicate. Aveva capito che è controproducente nascondere alla stampa le notizie sgradite e le gestiva con intelligenza senza negarsi ai giornalisti. Siamo diventati amici dopo un’intervista dove lo definivo il Bruce Willis della sanità cremasca. Poco tempo dopo mi ha mostrato un fotomontaggio realizzato con una locandina del film Die hard: la sua testa al posto del protagonista. Un lavoro di fino, fatto tanto bene che al primo impatto non l’avevo riconosciuto. “È opera dei miei amici, mi hanno fatto un mazzo così” ed era compiaciuto, orgoglioso di essere Bruce Willis, l’uomo che risolve i problemi impossibili. Un giorno gli ho chiesto se accettava di comparire con nome, cognome e ruolo che ricopriva in un romanzo che intendevo scrivere. Ha sorriso e senza esitazioni ha accettato. E così è avvenuto. Luigi è morto. Il suo personaggio continua ad esistere. Bruce Willis non si elimina. Grazie Luigi per tutto quello che hai fatto. Riposa in pace.